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Il contratto di sublocazione, può essere definito come l’accordo attraverso il quale il conduttore (che assume la veste di sublocatore) concede in godimento ad un altro soggetto (definito subconduttore) un immobile a lui locato.

Un semplice esempio dovrebbe chiarire la questione: Tizio ha preso in affitto un immobile da Sempronio. Però, avendo pattuito un canone di affitto elevato, decide di subaffittare una stanza a Caio.

Abbiamo, quindi, tre soggetti:

  • Sempronio – ossia il proprietario dell’immobile, nonché locatore;
  • Tizio – ossia l’inquilino dell’immobile che assume, a sua volta, la veste di sublocatore nei confronti di Caio;
  • Caio – ossia il subconduttore che prende in locazione la singola stanza da Tizio.

Contratto di sublocazione: quale natura?

Premesso che la nozione di subcontratto non è mai stata precisata dal legislatore, si ritiene in dottrina (CHINE e MILANO) che la caratteristica essenziale di ogni subcontratto sia la costituzione di un nuovo vincolo giuridico ad opera di un soggetto già parte di un precedente negozio. In sostanza, vi è semplicemente l’aggiunta di una nuova posizione giuridica, che si caratterizza per essere l’esatto opposto della prima.

Sostanzialmente, per quello che qui ci interessa, il conduttore (che è parte del contratto di locazione con il proprietario) diventa, come già detto, a sua volta locatore nei confronti di un terzo, definito subconduttore.

Non si tratta, comunque, di una cessione di contratto, perché non si verifica il trasferimento della originaria posizione contrattuale da un soggetto all’altro.

Contratto di sublocazione: quale disciplina?

In materia di contratto di sublocazione, con riferimento alla locazione ad uso abitativo, rileva, in primis, l’art. 1594 c.c., secondo cui il Conduttore – salvo diversa previsione contrattuale – ha facoltà di sublocare l’immobile preso in locazione.

Tale facoltà viene meglio precisata nella Legge n. 392/1978, inoltre, dove si distingue tra sublocazione totale e parziale.

Si ha sublocazione totale quando viene concesso in godimento l’intero immobile. Si ha, invece, sublocazione parziale, nel caso in cui sia concessa in godimento una porzione dell’immobile locato (es. una stanza).

Cosa dice, al riguardo, la legge? L’art. 2 comma 1 della citata Legge 392/1978 dispone, in materia, che:

  • salvo diversa disposizione nel contratto, il Conduttore non può sublocare totalmente l’immobile;
  • di norma, il Conduttore può, invece, effettuare  la sublocazione parziale, dandone preventiva comunicazione al Locatore, con lettera raccomandata (ma è possibile derogare a tale previsione nel contratto individuale).

Le clausole contrattuali in materia di sublocazione

Come anticipato, è frequente l’inserimento nel contratto di locazione di alcune specifiche clausole volte a limitare (o ad escludere del tutto) la facoltà di sublocazione.

A questo punto, mi sembra opportuno richiamare una interessante pronuncia della Suprema Corte (la n. 14343/2009) che ha esaminato una ipotesi particolare: il rapporto tra divieto di sublocazione e ospitalità protratta per un lasso lungo di tempo.

Sostanzialmente, la sentenza impugnata aveva ritenuto che un’ospitalità protrattasi per un lungo lasso di tempo finisse per assumere i connotati della sublocazione. Per cui operando il divieto di sublocazione anche a livello contrattuale, aveva dichiarato risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione.

La Cassazione, tuttavia, con una pronuncia dal contenuto molto innovativo (e, comunque, criticata dalla dottrina, i.e., IZZO N., Il dovere di solidarietà sociale e l’ospitalità del conduttore) aveva affermato la nullità del divieto contrattuale di sublocazione, perché, in tal caso, impediva l’esercizio di fondamentali doveri di solidarietà sociale (vedi art. 2 Cost.) che potrebbero esplicarsi con l'”offerta di ospitalità per venire incontro alle altrui difficoltà“.

In altre ipotesi, invece, la Cassazione aveva, invece, confermato la piena efficacia e validità del divieto pattizio di sublocazione:

  • Cass. Civ., Sent. 15763/2000: “In difetto di una valutazione legale tipica della gravità dell’inadempimento, la violazione del divieto pattizio di sublocazione di cui all’art. 1954, comma 1, c.c. o di cessione in uso dell’immobile locato ad uso non abitativo in tanto consente la pronuncia di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1452 c.c. in quanto l’inadempimento integrato dalla violazione del patto non abbia, secondo quanto richiesto dalla norma di generale applicazione posta dall’art. 1455 c.c., scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra parte, da apprezzarsi dal giudice in base alle circostanze del caso“.
  • Cass. Civ. Sent. 16111/2010: “La violazione del divieto di sublocazione dell’immobile, pur costituendo inadempimento, non è di per sé sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto di locazione, ove non rivesta il carattere di gravità richiesto dall’art. 1455 cod. civ., da valutarsi con riferimento all’interesse dell’altra parte ed alle circostanze del caso concreto. (Cassa con rinvio, App. Bologna, 02/11/2005)“.

In sostanza, in queste due massime, è stata sì affermata l’efficacia del divieto pattizio di sublocazione, ma non è stato affermato che la relativa violazione legittimi ex se la risoluzione per inadempimento del contratto. Per raggiungere tale scopo, sarebbe, in realtà, necessaria una clausola risolutiva espressa.

I poteri a disposizione del locatore

Supponendo che nel contratto nulla sia previsto in relazione alla sublocazione, come detto, opera la disciplina legale.

Il locatore, quindi potrà opporsi alla  sublocazione parziale, purché evidenzi la sussistenza di gravi motivi (i.e., gravi motivi potrebbero essere relativi a ragioni concernenti la persona del subconduttore, V. Trib. Taranto, 27 gennaio 1997).

L’azione diretta contro il conduttore

Una peculiarità della sublocazione, molto interessante, invece, è l’azione diretta per il pagamento dei canoni.

L’art. 1595 c.c., infatti, prevede espressamente la possibilità per il locatore di esigere il prezzo della sublocazione e di richiedere l’adempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione direttamente nei confronti del subconduttore.

Al riguardo, mi sembra opportuno citare una risalente (ma molto chiara) pronuncia della Cassazione (sent. 306/1951), secondo cui “Il locatore originario ha, bensì, azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della sublocazione, di cui il medesimo sia ancora debitore al momento della domanda giudiziale, conservando, peraltro, lo stesso locatore i suoi diritti verso il conduttore, ma tale possibilità di rivolgersi verso l’avente causa mediato sussiste in quanto il conduttore principale sia inadempiente. Comunque, a legittimare il pagamento da parte del subconduttore direttamente al locatore principale, non è sufficiente la richiesta verbale diretta dal primo al secondo e nemmeno la diffida scritta, essendo invece all’uopo necessaria la proposizione della domanda giudiziale“.

Non si tratta, però, di un diritto di credito, bensì del potere di agire.

Lo chiarisce, perfettamente Cass. Civ., n. 3576/1955, secondo cui “L’art. 1595 c.c. non attribuisce un diritto sostanziale al locatore nei confronti del subconduttore, ma conferisce solo il potere di agire per far valere il diritto spettante ad altro soggetto, cioè al sublocatore. In tal caso il locatore non esercita un diritto proprio, ma esercita sull’interesse proprio diritti ed azioni che sono di spettanza del conduttore, onde il locatore può far valere il diritto spettante al sublocatore in quanto tale diritto obiettivamente esista nel momento stesso in cui viene fatto valere. Ne consegue che al locatore si possono opporre le cause di estinzione del diritto del sublocatore verso il subconduttore“.

Altro fondamentale principio sancito dall’art. 1595 c.c. è che:  la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui.

Al riguardo, citiamo la pronuncia n. 329/1978 della Suprema Corte, secondo cui “La norma contenuta nel terzo comma dell’art. 1595 cod. civ. – secondo cui, senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra il locatore e il conduttore ha effetto anche contro di lui – è ispirata ad una maggiore tutela del diritto del locatore nei confronti del subconduttore: essa, pertanto, attribuisce solo al locatore il diritto sostanziale alla restituzione del bene da parte del subconduttore, ma non conferisce analoga facoltà al sublocatore, che non può, quindi, pretendere dal subconduttore la restituzione del bene a seguito della risoluzione del contratto di locazione. In tal caso, avendo natura contrattuale l’obbligo della restituzione della cosa locata, il conduttore sublocatore può esimersi dalla conseguente responsabilità, che ha come presupposto il dolo o la colpa, provando che l’inadempimento o il ritardo nella riconsegna sono dovuti a impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, e di aver fatto il possibile per ottenere il rilascio della cosa con i mezzi consentitigli“. Inoltre, di recente (sent. 23302/2007) è stato chiarito che detta sentenza esplica nei confronti del subconduttore anche l’efficacia del titolo esecutivo per il rilascio.

 

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