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La maggiore età dell’alunno/i coinvolti in un infortunio avvenuto all’interno di un Istituto scolastico costituisce causa di esclusione o limitazione di responsabilità a carico del Ministero della Pubblica Istruzione?

Il caso. Z.C. conveniva dinanzi al Tribunale di Venezia il Ministero della Pubblica Istruzione e B.E. deducendo che il (omissis) “in orario di lezione” presso l’Istituto Statale d’Arte (omissis), indossava come partecipante all’annuale recita natalizia un costume da angelo; il compagno di scuola B.E., per scherzo, con un accendino appiccava il fuoco alle ali della vicina compagna F.G., vestita anch’essa da angelo; nell’intento di spegnere le fiamme staccando le ali dal costume di costei, il suo costume si incendiava, con conseguenti gravi ustioni, con esiti deturpanti. Pertanto, chiedeva la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni.

La difesa del Ministero si basava sul fatto che dagli atti si desumeva come l’attore avesse chiesto di accertare la responsabilità dei convenuti ai sensi dell’art. 2048 c.c., il che comportava, secondo il Dicastero dell’Istruzione, l’inammissibilità della domanda in considerazione della maggiore età del danneggiante.

In secondo luogo, poi, sempre secondo la P.A., il fatto doloso del B. avrebbe interrotto il nesso di causalutà.

Mentre in primo grado la domanda veniva respinta, già in sede di appello la Corte ribaltava il dictum, ritenendo – i Giudici – che la domanda della Z. fosse sufficientemente specifica per fondare la responsabilità contrattuale dell’Istituto scolastico, avendo l’attore in citazione precisato che il sinistro era avvenuto a scuola, durante l’orario delle lezioni, in occasione della recita scolastica, ed era stato causato dalle fiamme appiccate con un accendino da un compagno di scuola.

Tali fatti, quindi, potevano costituire fondamento sia della responsabilità contrattuale che extracontrattuale, “essendo in entrambi i casi chiara l’imputazione all’Istituto dell’inadempimento agli obblighi di vigilanza sulla sicurezza ed incolumità degli allievi per il tempo in cui fruiscono della prestazione scolastica derivanti dal vincolo negoziale che si costituisce all’atto dell’iscrizione, con conseguente onere dell’Istituto di provarne l’adempimento, e viceversa nel corso dell’istruttoria era emerso che gli estintori erano presenti soltanto nel piano interrato e l’infermeria era chiusa”.

La Cassazione ha sposato la tesi della Corte di Appello, ritenendo nella specie applicabile il regime della responsabilità contrattuale, con conseguente inversione dell’onere della prova.

La Suprema Corte ha quindi statuito che “la domanda e l’accoglimento di iscrizione alla frequentazione di una scuola – nella specie statale – fondano un vincolo giuridico tra l’allievo e l’istituto, da cui scaturisce, a carico dei dipendenti di questo, appartenenti all’apparato organizzativo dello Stato, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni, e da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell’allievo”.

In conclusione, è bene sottolineare nuovamente come la responsabilità del Ministero sia stata accertata ai sensi dell’art. 1218 c.c., avendo i Giudici ritenuto che dall’esposizione dei fatti di causa la domanda potesse essere ricondotta, seppur implicitamente, all’interno della categoria della responsabilità contrattuale.

All’interno di tale regime è stata ritenuta irrilevante la maggiore età del danneggiante.

Dalla predetta pronuncia, tuttavia, non si desume l’orientameto dei Giudici di legittimità sulla rilevanza o meno della maggiore età del danneggiante, nel caso in cui la fattispecie fosse riconducibile esclusivamente all’interno dell’art. 2048 c.c..

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 20 novembre 2012 – 15 maggio 2013, n. 11751

(Presidente Carleo – Relatore Chiarini)

Svolgimento del processo

Con citazione del 21 e 22 aprile 2000 Z.C. conveniva dinanzi al Tribunale di Venezia il Ministero della Pubblica Istruzione e B.E. deducendo che il (omissis) “in orario di lezione” presso l’Istituto Statale d’Arte (omissis), indossava come partecipante all’annuale recita natalizia un costume da angelo; il compagno di scuola B.E., per scherzo, con un accendino appiccava il fuoco alle ali della vicina compagna F.G., vestita anch’essa da angelo; nell’intento di spegnere le fiamme staccando le ali dal costume di costei, il suo costume si incendiava, con conseguenti gravi ustioni, con esiti deturpanti. Pertanto chiedeva la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni, che quantificava in lire 489.606.860.

Il Ministero della Pubblica istruzione deduceva: 1) la festa di Istituto era stata autorizzata dal collegio docenti il (omissis) ed era prevista l’esibizione in costume di un gruppo della classe V^ A; 2) durante lo svolgimento dei vari spettacoli, mentre “tutti gli altri alunni” erano in aula magna, un gruppo di essi era uscito sostando nell’atrio e nel pianerottolo esterno, e lì il B., già maggiorenne, dava fuoco al costume della compagna, anch’essa maggiorenne, prontamente soccorsa dagli ausiliari mentre era allertata l’emergenza sanitaria; 3) tempestiva denuncia era stata effettuata al Sindaco del Comune e alla compagnia assicuratrice, a cui era stata altresì trasmessa la richiesta di danni del legale della Z. all’Istituto; 4) la causa petendi nei confronti di quest’ultimo non era chiarita e se la domanda era stata proposta a norma dell’art. 2048, secondo comma, c.c. era infondata poiché all’epoca il danneggiante era maggiorenne e dunque erano attenuati i doveri di vigilanza degli insegnanti sugli alunni – in particolare per coloro che si erano allontanati dall’aula magna – e peraltro nell’atrio vi erano gli ausiliari che vigilavano; inoltre il fatto doloso del B. aveva interrotto ogni nesso di causalità. Chiedeva poi di chiamare in causa la predetta assicurazione sia per gli infortuni agli alunni, sia per la responsabilità civile. Concludeva per la carenza di legittimazione passiva, per l’inammissibilità e per l’infondatezza della domanda.

Il B. ammetteva la propria responsabilità, incolpevole, nei confronti della F., ma attribuiva alla Z. le conseguenze del suo intervento soccorritore, di cui era rimasta vittima, e perciò escludeva il nesso di causalità tra il suo comportamento e i danni dalla stessa riportati.

L’assicurazione Assitalia escludeva l’applicabilità dell’art. 2048, secondo comma, c.c. stante la maggiore età del B. e l’istantaneità dell’evento, comunque causato da un fatto illecito doloso. In subordine evidenziava che il limite del massimale era di 300 milioni di lire.

Il Tribunale ha respinto la domanda nei confronti del Ministero per carenza di responsabilità ai sensi dell’art. 2048, secondo comma, c.c., essendo l’autore dell’illecito maggiore di età e pertanto dovendosi incentivare il comportamento responsabile, mentre non erano stati tempestivamente indicati dall’attrice specifici profili di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. per carenze organizzative, prospettate soltanto in sede di memoria istruttoria e poi in comparsa conclusionale, né per responsabilità contrattuale.

Con sentenza del 5 dicembre 2009 la Corte di appello di Venezia ha in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile l’appello del B. ed accolto l’appello incidentale della Z. sulle seguenti considerazioni: 1) l’intervento soccorritore della Z. a favore della compagna era assolutamente prevedibile e perciò nessuna interruzione poteva esservi con il fatto dannoso causato dal B., oltre alla considerazione che essendo i costumi delle alunne di materiale altamente infiammabile le fiamme potrebbero essersi propagate anche dall’uno all’altro costume delle predette compagne, che erano vicine; 2) la domanda del B. di corresponsabilità contrattuale ed extracontrattuale del Ministero era inammissibile avendo egli concluso in primo grado per il rigetto della domanda della Z.; 3) la domanda della Z. era sufficientemente specifica per fondare la responsabilità contrattuale dell’Istituto scolastico avendo in citazione precisato che il sinistro era avvenuto a scuola, durante l’orario delle lezioni, in occasione della recita scolastica, causato dalle fiamme appiccate con un accendino da un compagno di scuola e quindi i fatti potevano costituire fondamento sia della responsabilità contrattuale che extracontrattuale essendo in entrambi i casi chiara l’imputazione all’Istituto dell’inadempimento agli obblighi di vigilanza sulla sicurezza ed incolumità degli allievi per il tempo in cui fruiscono della prestazione scolastica derivanti dal vincolo negoziale che si costituisce all’atto dell’iscrizione, con conseguente onere dell’Istituto di provarne l’adempimento, e viceversa nel corso dell’istruttoria era emerso che gli estintori erano presenti soltanto nel piano interrato e l’infermeria era chiusa. In accoglimento della domanda di garanzia del Ministero nei confronti dell’assicurazione Assitalia Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. ha condannato questa società nei limiti del massimale. Ricorre per cassazione il M.I.U.R. cui resistono Z.C. ed B.E. Quest’ultimo ha depositato memoria. L’Assitalia Le Assicurazioni d’ Italia s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce: “Art. 360 primo comma n. 4: violazione degli artt. 163, 164, 159 c.p.c. – nullità della sentenza per invalidità derivata dalla nullità dell’atto di citazione per vizio dell’editio actionis, rilevata in primo grado e non sanata nei gradi successivi”, non avendo l’attrice ricostruito giuridicamente la sua domanda, come tempestivamente rilevato anche nella comparsa di costituzione in appello.

1.1- Con il secondo motivo deduce: “Art. 360 primo comma n. 4: nullità del procedimento per violazione dell’art. 183 sesto comma c.p.c. nel combinato disposto con l’art. 345 c.p.c.” per aver il primo giudice correttamente inquadrato la domanda nei confronti del Ministero ai sensi dell’art. 2048 c.c. sulla base della genericità della stessa, solo successivamente articolata sulle carenze organizzative, tra cui la violazione di norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica e, l’omesso adempimento degli insegnanti all’obbligo di vietare di fumare a scuola, che il Tribunale legittimamente non ha esaminato e che soltanto con la memoria di replica l’attrice ha qualificato come costitutivi di inadempimento contrattuale, domanda nuova inammissibile, che ha precluso al Ministero di provare che gli estintori c’erano e che l’infermeria era aperta.

I motivi, congiunti, sono infondati.

1.3- Ribadito che il vizio denunciato implica il potere dovere di questa Corte di procedere all’esame diretto degli atti su cui si fonda la domanda (S.U. 8077 del 2012), la decisione della Corte di merito si è conformata al principio secondo il quale la nullità della citazione comminata dal quarto comma dell’art. 164 cod. proc. civ. si produce solo quando “l’esposizione dei fatti” prescritta dal n. 3 dell’art. 163 cod. proc. civ. “costituenti le ragioni della domanda” sia stata del tutto omessa o sia assolutamente incerta, con valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l’identificazione della causa petendi della domanda va operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati; dall’altro, che la nullità della citazione deriva dall’assoluta incertezza delle ragioni della domanda. In particolare perciò l’incertezza dei fatti costitutivi deve essere vagliata in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all’attore di specificare sin dall’atto introduttivo, a pena di nullità, le ragioni della sua domanda, e che, principalmente, risiede nell’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l’immediata contezza del “thema decidendum“), con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (Cass. 17023 del 2003, 27670 e 29241 del 2008).

Nella specie, le circostanze di fatto contenute nella citazione della Z. riassunta in narrativa – allieva di istituto pubblico di istruzione secondaria; recita natalizia annuale in costume da angelo, approvata dai docenti, da rappresentare durante l’orario di lezione; costume in tessuto altamente infiammabile; incendio alle ali appiccato da un compagno ad una compagna vicina, immediatamente soccorsa dall’attrice tentando di staccare le ali dal costume con le mani e conseguente incendio del suo costume, attinto dalle fiamme – poste a fondamento della decisione di appello, hanno agevolmente consentito al Ministero convenuto di apprestare la sua linea di difesa – incentrata sulla declinatoria di qualsiasi responsabilità per esser danneggiante e danneggiato maggiorenni e per esser avvenuto il fatto doloso non già nell’aula magna) ove vi erano “tutti”, bensì nell’atrio e nel corridoio – e al giudice di primo grado di impostare e svolgere l’istruttoria ritenuta necessaria per la decisione della controversia, da cui era emerso, come evidenziato nella sentenza impugnata, sia la mancanza di estintori nell’aula magna ove si svolgeva la recita o nei luoghi immediatamente adiacenti, sia la chiusura dell’infermeria, sia la mancanza di pronto intervento degli ausiliari, tant’è che il primo soccorso alla compagna le cui ali del costume erano state incendiate è stato prestato dalla Z. con le mani.

2.- Con il terzo motivo il Ministero lamenta: “Art. 360, primo comma n. 4 c.p.c: nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto dell’art. 99 c.p.c.” per non essersi la Corte di merito attenuta al principio secondo il quale se è proposta una domanda di risarcimento genericamente articolata deve esser qualificata come domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c. e quindi la pronuncia di domanda di responsabilità contrattuale è extrapetita in violazione del principio di terzietà del giudice.

2.1- Con il quarto motivo deduce: “Violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1218 c.c.” per non aver la Corte di merito considerato che, inapplicabile l’art. 2048 c.c. per esser il danneggiante e la danneggiata maggiorenni, la fattispecie rientrava nell’art. 2043 c.c. e non 2018 c.c. non potendo la P.A. rispondere di ogni incidente che si verifichi nel luogo preordinato all’insegnamento scolastico.

I motivi, congiunti, sono infondati.

La domanda e l’accoglimento di iscrizione alla frequentazione di una scuola – nella specie statale – fondano un vincolo giuridico tra l’allievo e l’istituto, da cui scaturisce, a carico dei dipendenti di questo, appartenenti all’apparato organizzativo dello Stato, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni, e da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito, sulla cui competenza e conseguente prudenza costoro hanno fatto affidamento, anche quali educatori e precettori del comportamento civile e della solidarietà sociale, valori costituzionalmente protetti, e da inculcare senza il limite del raggiungimento della maggiore età dell’allievo.

Quanto in particolare ai suddetti obblighi accessori scaturenti dal cd. contatto sociale degli insegnanti con gli allievi, trovano positiva disciplina negli artt. 39, R.D. 30 aprile 1924, n. 965, secondo comma, secondo e terzo cpv. (Ordinamento interno dei regi istituti di istruzione media, di primo e secondo grado), che all’uopo dispongono: “I Professori devono Trovarsi nell’Istituto almeno cinque minuti prima che cominci la propria lezione” e “assistere all’ingresso e all’uscita dei propri alunni”, e 61, legge del 1980 n. 312, per effetto del quale l’Amministrazione si surroga al personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola non solo materna ed elementare, ma anche secondaria e artistica, nella responsabilità civile per i danni arrecati in connessione a comportamenti degli alunni durante la loro permanenza a scuola. Quindi correttamente, sulla base dei fatti rappresentati dall’attrice nell’atto di citazione, i giudici di secondo grado ha qualificato la domanda della Z. da responsabilità per inadempimento, del Ministero e dei suoi dipendenti, a detti obblighi e perciò, assoggettata al regime probatorio di cui all’art. 1218 cod. civ. – applicabile anche all’obbligazione risarcitoria che scaturisce da un illecito se vi è connessa la violazione di un diritto alla protezione (che può esser garantito anche avvalendosi del personale ausiliario, da aumentare a seconda delle circostanze concrete) – hanno affermato che l’amministrazione non aveva provato di aver adottato tutti i provvedimenti informativi, organizzativi, anche di emergenza, e prescrittivi, anche disciplinari, ed impartito le relative informazioni sia ai partecipanti alla recita, sia agli spettatori di essa, atti a garantire la sicurezza della scuola, anche nello svolgimento delle attività ricreative (art. 3 D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417, di cui è destinatario il personale direttivo) al fine di impedire l’evento verificatosi, non imprevedibile stante la pericolosità del costume elevatamente infiammabile indossato da alcuni allievi partecipanti alla recita (approvata dal collegio dei docenti), ovvero ad impedirne tempestivamente le disastrose conseguenze, vieppiù se taluni che lo indossavano si erano allontanati dall’aula magna in cui vi erano tutti, ed hanno statuito la conseguente superfluità dell’indagine sulla responsabilità extracontrattuale, astrattamente concorrente. Pertanto il ricorso va respinto. Le spese giudiziali seguono la soccombenza nei confronti della Z. e si liquidano come da dispositivo.

3.- Non si deve provvedere sulle spese del controricorso del B., a cui il M.I.U.R. ha notificato il ricorso ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ., stante la scindibilità delle cause, al fine di provocare l’eventuale impugnazione da parte sua dei capi della decisione che lo riguardano – nella specie la domanda di corresponsabilità dell’amministrazione, dichiarata inammissibile dalla Corte di merito – perché, non avendo il controricorrente proposto ricorso incidentale sul punto, il ricorrente non è soccombente nei suoi confronti. Neppure si deve provvedere sulle spese nei confronti dell’Assitalia Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. non avendo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca scientifica a pagare a Z.C. le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per onorari, oltre accessori di legge.

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