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A fronte delle prossime elezioni politiche ed amministrative per le quali tutti noi saremo chiamati ad esprimerci molto significativa è la questione di cui si è occupato il Consiglio di Stato relativa alla validità della scheda elettorale contentente i c.d. puntini di preferenza.

Nel commento che segue, scritto dal valente collega ed amico Francesco Vaglio, si analizza un fatto che trae origine dalla tornata elettorale svoltasi, nel 2011 in un comune calabrese per l’elezione del sindaco, conclusasi con la vittoria del candidato Z ottenuta uno scarto di soli 4 voti.

Il candidato Y impugnava dinanzi al TAR il verbale relativo alle operazioni di voto sostenendo l’illegittimità dello stesso e chiedendo l’annullamento integrale del risultato delle elezioni, la rinnovazione delle stesse per la sussistenza di rilevanti errori di scrutinio nonchè, subordinatamente, l’attribuzione dei voti dichiarati nulli dalle Commissioni elettorali riguardanti il proprio partito.

In particolar modo il ricorrente sosteneva che le operazioni di spoglio sarebbero state viziate dall’annullamento, disposto dalla Commissione elettorale, di una scheda all’interno della quale era stato assegnato un voto accompagnato da puntini di preferenza sul simbolo dello stesso partito, ritenuto dal ricorrente irrilevante ai fini dell’espressione della volontà dell’elettore.

A seguito del giudizio di primo grado il TAR con sentenza n. 1262/2011 dichiarava inammissibile il ricorso principale per la sussistenza vizi procedimentali.

In sede di giudizio d’appello, la VII Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 12 del 7 gennaio 2013  ha rigettato il ricorso avanzato dell’appellante affermando, a fondamento della propria decisione, che la disposizione contenuta nell’art. 64 del DPR n. 570 del 1960, recante l’attribuzione della nullità di una scheda elettorale deve essere interpretata in senso oggettivo poichè tale norma fa riferimento a tutte quelle scritte o segni estranei all’espressioni di voto “non riconducibili direttamente alle esigenze di volontà di voto da parte dell’elettore”.

In particolare il Consiglio di Stato ha affermato che l’apposizione dei puntini di preferenza costituisce nel caso di specie un chiaro segno di riconoscimento non riconducibile alla volontà dell’elettore e, pertanto, priva di qualsiasi giustificazione poichè, nel caso di specie la preferenza dell’elettore i era stata chiaramente espressa mediante l’apposizione del contrassegno X sovrapposto al simbolo del partito scelto.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8914 del 2011, proposto da G.M., rappresentato e difeso dagli avv. Eugenio Picozza, Annalisa Di Giovanni ed Evelina Porcelli, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via di San Basilio 61;

contro

Comune di Chiaravalle Centrale, rappresentato e difeso dagli avv. Oreste Morcavallo e Giuseppe Pitaro, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Arno, 6;

nei confronti di

G.T., rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Arnò e Francesco Pitaro, con domicilio eletto presso Maurizio De Filippo in Roma, via Filippo Corridoni 25;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE II n. 01262/2011, resa tra le parti, concernente operazioni elettorali per il rinnovo della carica di sindaco e consiglio comunale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Chiaravalle Centrale e di G.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Annalisa Di Giovanni, Oreste Morcavallo e Giuseppe Pitaro;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il 15 e 16 maggio 2011 si svolgevano le elezioni amministrative nel Comune di Chiaravalle Centrale, centro con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti.

All’esito risultava eletto Sindaco il sig. G.T., collegato alla lista n. 2 “Chiaravalle Futura”, che riportava 1.335 voti. Il sig. G.M., candidato Sindaco con la lista n. 3, “Unione Democratica”, ne conseguiva invece 1.331. Il distacco tra i due risultava, pertanto, pari a quattro voti.

Il candidato M. impugnava, quindi, dinanzi al T.A.R. per la Calabria, il verbale del 17 maggio 2011 delle operazioni dell’Adunanza dei Presidenti delle Sezioni e di proclamazione degli eletti alla carica, deducendone l’illegittimità e chiedendo l’annullamento integrale delle operazioni elettorali, ovvero, in via gradata, l’annullamento del risultato delle elezioni e la rinnovazione delle stesse, limitatamente alle sezioni per le quali l’esito elettorale fosse risultato illegittimo.

In via ulteriormente gradata, egli chiedeva l’attribuzione dei voti dichiarati nulli dalle Commissioni elettorali, oltre quelli già ottenuti dalla propria lista elettorale.

Il ricorrente esponeva pertanto, a fondamento del gravame, i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 48 Cost., degli artt. 42 e 44 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, dell’art. 53 del D.P.R. n. 361 del 1957.

La struttura sanitaria denominata “Domus Aurea” avrebbe avanzato esplicita richiesta di un seggio elettorale c.d. volante. Eppure la commissione elettorale della sezione n. 2, cui sarebbe stata trasmessa la richiesta ad opera del Comune, non avrebbe ricevuto alcuna richiesta di seggio mobile, né elenco dei degenti ricoverati.

Tutto ciò aveva impedito ai sette degenti ospiti della struttura di esprimere il proprio voto, il quale, stante lo scarto di voti tra i due candidati a sindaco, avrebbe potuto essere determinante.

2) Violazione dell’art. 53 deL D.P.R. n. 361 del 1957.

Le operazioni di spoglio sarebbero state costellate di errori, che avevano portato all’annullamento complessivo di ben 98 schede elettorali.

In particolare, sarebbero state illegittimamente annullate :

1) nella Sez. n. 4 :

a) due schede, con segno croce sul contrassegno della lista n. 3, recanti sottolineatura delle preferenze;

b) due schede recanti, oltre al segno croce sul contrassegno della lista n. 3, la dicitura, nello spazio inerente al voto di preferenza per il candidato a consigliere, “Avv. Cortese”;

2) nella Sez. n. 5 :

– una scheda con la dicitura, nello spazio inerente al voto di preferenza per il candidato a consigliere, “Cortese Mimmo”;

3) nella Sez. n. 7 :

a) una scheda recante voto sul simbolo della lista n. 3 (“Unione Democratica”), con simbolo sbarrato più volte;

b) una scheda recante voto sullo stesso simbolo della lista n. 3, con puntini sulla preferenza;

4) nella Sez. n. 8, infine :

– quattro schede recanti, analogamente, il voto sul simbolo della lista n. 3 “Unione Democratica”, con puntini sulla preferenza.

Si costituiva in giudizio in resistenza all’impugnativa il Comune di Chiaravalle Centrale, che deduceva l’inammissibilità del gravame sotto più profili. In particolare, veniva eccepita l’assoluta genericità dell’oggetto del ricorso, che avrebbe avuto carattere esplorativo; la sua mancata notificazione a tutti i controinteressati, costituiti dai consiglieri eletti; infine, la mancata prova dell’illegittimo annullamento di undici voti, pur dedotto in ricorso. Il gravame, in ogni caso, sarebbe stato anche privo di fondamento nel merito.

Resisteva altresì al ricorso il controinteressato sig. G.T..

Questi, eccepita l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica agli altri eletti quali controinteressati, nonché l’inammissibilità della richiesta di rivalutazione delle schede dichiarate nulle, e non assegnate, per carenza sia di un principio di prova che della c.d. prova di resistenza, deduceva comunque anche l’infondatezza dell’impugnativa.

Il controinteressato spiegava, inoltre, ricorso incidentale, con il quale, sulla scorta di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà rilasciate da rappresentanti di lista, assumeva quanto segue :

a) nella Sez. n. 2 non sarebbe stato attribuito alla lista del candidato ricorrente incidentale il voto corrispondente ad una scheda recante segno sul simbolo della lista n. 2 “Chiaravalle Futura”, con voto di preferenza in favore del candidato consigliere “Rag. Garito”;

b) nella Sez. n. 3 sarebbe stato illegittimamente attribuito un voto alla lista n. 3 (candidato sindaco sig. M.) risultante da una scheda recante, nello spazio destinato alla preferenza, le parole “G.T.”;

c) nella Sez. n. 4 sarebbero stati, in realtà, illegittimamente attribuiti alla stessa lista avversaria quattro voti, relativi ad altrettante schede riportanti il voto sul simbolo della lista n. 3, di cui due schede recanti la sottolineatura delle preferenze, e le altre due l’indicazione della preferenza per il candidato consigliere “Avv. Cortese”;

d) nella Sez. n. 4 sarebbe stata illegittimamente annullata una scheda recante voto sul simbolo della lista n. 2 “Chiaravalle Futura”, con preferenza in favore del candidato consigliere “sig.ra Sanzo”;

e) nella Sez. n. 7 sarebbero stati illegittimamente attribuiti alla lista rivale due voti, relativi ad una scheda riportante il voto sul simbolo sbarrato più volte e ad altra con puntini sulla preferenza;

f) nella Sez. n. 8 sarebbero stati illegittimamente attribuiti alla stessa lista avversaria quattro voti desunti da schede che presentavano dei puntini sulla preferenza.

Il ricorrente con atto notificato il 16 luglio 2011 proponeva motivi aggiunti.

All’esito il T.A.R. adìto, con la sentenza n. 1262/2011 in epigrafe, respingeva il ricorso principale e dichiarava, di riflesso, improcedibile quello incidentale.

Da qui l’appello a questo Consiglio del ricorrente soccombente, che con il suo nuovo gravame riproponeva, in sostanza, le proprie doglianze, criticando la pronuncia impugnata per averle respinte e disatteso la propria richiesta istruttoria.

Si costituivano anche in questa sede in resistenza all’impugnativa sia il Comune interessato che il sig. G.T., che con le loro rispettive memorie reiteravano le loro eccezioni di inammissibilità, anche sotto il profilo della tardività dei motivi aggiunti avversari, ed argomentavano per l’infondatezza dell’appello.

Il controinteressato riproponeva il proprio ricorso incidentale.

L’appellante, dal canto suo, con una conclusiva memoria controdeduceva alle eccezioni avversarie ed insisteva sulle proprie doglianze e richieste.

All’udienza del 24 febbraio 2012 l’appellante dichiarava di rinunziare, come già anticipato in memoria, al primo motivo di appello.

La Sezione indi, con ordinanza n. 1544 del 19 marzo 2012, oltre a stabilire l’integrazione del contraddittorio processuale, disponeva incombenti istruttori, onerandone il Prefetto di Cosenza.

Segnatamente, veniva disposta la verificazione delle specifiche schede formanti oggetto di controversia, alla luce delle doglianze introdotte con gli originari ricorsi principale ed incidentale e riproposte in questa sede.

Donde la richiesta della Sezione di accertare, tra le schede che erano state ufficialmente dichiarate nulle, l’esistenza di esemplari aventi le specifiche caratteristiche delle 11 schede complessivamente indicate dalla ricorrente, quali sopra descritte; e di rimettere a questo Consiglio, in proposito, una relazione con indicazione delle schede riscontrate effettivamente in possesso delle suddette caratteristiche, e con le valutazioni della Prefettura in ordine agli elementi emersi e alla loro incidenza sulla proclamazione degli eletti.

Nello stesso modo veniva stabilito di procedere, inoltre, alla verifica delle schede formanti oggetto delle deduzioni del ricorso incidentale, con riferimento alle tre ipotesi descritte nella relativa elencazione, sopra, alle lettere a), b) e d).

Con successiva ordinanza n. 3567 del 19 giugno 2012 gli incombenti istruttori così disposti venivano confermati, affidandone però l’espletamento alla Prefettura di Catanzaro, competente per territorio.

La verificazione veniva quindi regolarmente espletata.

La difesa dell’appellante chiedeva poi l’acquisizione agli atti di causa di una scheda della Sez. n. 5 che, nonostante la sua richiesta di verifica, non era stata, però, né verificata, né acquisita agli atti.

L’istanza veniva ribadita nella conclusiva memoria della stessa parte, che, nell’insistere nuovamente sulle proprie censure, replicando altresì alle eccezioni avversarie, instava per l’accoglimento dell’appello.

Il Comune, dal canto suo, dall’esito degli incombenti istruttori traeva spunto per argomentare ulteriormente sull’inammissibilità e l’infondatezza dell’impugnativa avversaria, e per la conferma della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza del 6 novembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

1 Osserva la Sezione che le risultanze dell’istruttoria hanno fatto emergere con immediatezza l’inconsistenza delle doglianze dell’appellante, di guisa che conviene prescindere dall’esame delle molteplici eccezioni di inammissibilità opposte dalle parti appellate per concentrare senz’altro l’attenzione sul merito di causa.

2 La verificazione prefettizia ha riguardato preliminarmente, in conformità delle prescrizioni impartite dalla Sezione, l’eventuale presenza, tra le schede dichiarate nulle, di esemplari aventi le specifiche caratteristiche delle 11 schede complessivamente indicate e descritte dal ricorrente.

Ebbene, l’esito di questa ricognizione è stato negativo, salvo che per una sola scheda: quella unita al verbale di verificazione come all. 2, appartenente alla Sez. n. 8 e riconducibile al profilo di censura di cui al punto n. 4 (“schede recanti … il voto sul simbolo della lista n. 3 “Unione Democratica”, con puntini sulla preferenza”).

3 Con riferimento a tale scheda è però facile avvedersi dell’inconsistenza delle doglianze mosse dal ricorrente avverso l’annullamento del relativo voto, che per la propria evidente ed ingiustificabile anomalia era inficiato da un sicuro segno di riconoscimento.

Secondo l’uniforme interpretazione giurisprudenziale, invero, l’art. 64, D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nello stabilire la nullità del voto contenuto in schede che presentino scritture o segni tali da far ritenere in modo inoppugnabile la volontà dell’elettore di farsi riconoscere, deve essere inteso in senso oggettivo, ossia considerando nulle quelle schede che rechino scritte o segni estranei alle esigenze di espressione del voto, e che non trovino ragionevoli spiegazioni nelle modalità con cui l’elettore ha inteso esprimere il voto stesso (C.d.S., V, 18 novembre 2011, n. 6070; 18 gennaio 2006, n. 109).

E questa è proprio la situazione che si prospetta nel caso di specie, dove l’elettore, dopo avere marcato nella forma consueta il contrassegno prescelto ed aver regolarmente espresso una preferenza, per imperscrutabili ragioni ha ritenuto di aggiungere sulla scheda anche una serie di puntini, presenza del tutto anomala e priva di qualsivoglia giustificazione che è stata dunque giustamente sanzionata dall’Ufficio elettorale con la nullità (la fattispecie è perciò ben diversa da quella sulla quale la Sezione si è pronunciata con la decisione 16 settembre 2011 n. 5169, quando ha ritenuto legittimo il voto espresso con una scheda nella quale non risultava barrato il contrassegno di lista, bensì solo segnati alcuni puntini tutt’intorno ad esso, ravvisando in questi ultimi, appunto, la presuntiva funzione di esprimere l’intenzione di voto dell’elettore a favore dello stesso contrassegno).

4 Nel corso della verificazione l’appellante ha richiesto inoltre l’acquisizione agli atti di due ulteriori schede, appartenenti alla Sez. n. 4, che sono state unite al verbale istruttorio come all. 3 e 4.

Ad avviso dell’appellante le schede sarebbero riconducibili al profilo di censura di cui al punto n. 1 lett. a), il che è stato contestato ex adverso con l’obiezione a verbale che le stesse schede sarebbero, invece, “fuoridall’ordinanza del Consiglio di Stato e dal ricorso”, e l’ulteriore rilievo che le medesime sarebbero comunque state rettamente annullate dall’ufficio elettorale.

Osserva in proposito la Sezione che le anzidette due schede risultano effettivamente estranee al fuoco della controversia, così come fissato nel rispetto dei rigorosi termini perentori posti dalla legge.

La doglianza introdotta dall’appellante, e di riflesso l’ordinanza istruttoria emessa dalla Sezione, riguardavano, quanto al profilo di censura di cui al punto n. 1 lett. a), che viene ora richiamato, delle “schede, con segno croce sul contrassegno della lista n. 3, recanti sottolineatura delle preferenze”. Laddove le due schede in discorso non presentano simili caratteristiche, e segnatamente una “sottolineatura”, giacché l’una (all. 3) reca per due volte il cognome “Sestito”, di cui una prima in modo incompleto e con segno di cancellatura sovrapposto; l’altra (all. 4), invece, una evidentissima cancellatura. Sicché nessuna reca la presenza di quella “sottolineatura” che connotava l’ipotesi di illegittimità che formava oggetto della censura di parte e del conseguente approfondimento istruttorio.

Le due schede risultano, pertanto, estranee all’oggetto del giudizio, in quanto afferenti ad un’ipotesi sostanzialmente diversa da quelle dedotte attraverso il relativo atto introduttivo. E la richiesta di vedere esteso ad esse il sindacato di legittimità della Sezione integra un inammissibile motivo nuovo irritualmente dedotto.

5 Alla stregua di quanto precede, infine, attese la differenza di suffragi registrata tra i contendenti, pari a 4 voti, e l’emersa inconsistenza delle contestazioni sopra passate in rassegna, non si rivela sorretta da alcun effettivo interesse l’istanza di integrazione documentale presentata dall’appellante per ottenere l’acquisizione agli atti di causa di un’ulteriore scheda elettorale.

6 L’appello deve pertanto essere respinto, con la conseguente improcedibilità del ricorso incidentale del controinteressato per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Dichiara improcedibile il ricorso incidentale del controinteressato.

Condanna l’appellante al rimborso delle spese processuali del presente grado, che vengono liquidate nella misura di Euro duemila in favore di ciascuna delle due parti avversarie costituite, con gli accessori di legge, oltre ad Euro trecento per le spese di verificazione, da rimborsare alla Prefettura di Catanzaro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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