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Sanzioni amministrative a carico dell’autista di un mezzo pubblico fuori dall’orario lavorativo: il licenziamento è legittimo?

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Il caso. Il Sig. C., conducente di mezzi di linea, subiva due procedimenti disciplinari per comportamenti tenuti fuori dall'orario di lavoro. In particolare, si trattava di diversi episodi in cui egli era stato sanzionato dalle autorità per guida in stato di ebbrezza e per eccesso di velocità, con ritiro della patente.

Tali condotte, tenute fuori dall'orario lavorativo, possono giustificare il licenziamento del dipendente?

La decisione. La Cassazione, con la sentenza n. 11537/12, ha confermato il dictum dei giudici di merito, pronunciandosi a favore della legittimità del licenziamento.

I Giudici di legittimità hanno infatti ritenuto che le condotte tenute dal lavoratore, seppur in orario extralavorativo, siano idonee, per gravità e numerosità, a ledere il rapporto fiduciario tra le parti, soprattutto in considerazione delle mansioni svolte dal dipendente, conducente di mezzi pubblici.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 12 aprile – 10 luglio 2012, n. 11537

(Presidente Lamorgese – Relatore Mammone)

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Pisa C.L., già dipendente della Compagnia P. Trasporti s.p.a. con mansioni di conducente di mezzi di linea, esponeva di avere subito due procedimenti disciplinari, il primo per comportamenti tenuti al di fuori del rapporto di lavoro, ritenuti incompatibili con le mansioni di autista a lui assegnate, il secondo ancora per comportamenti extra lavorativi e per assenza ingiustificata dal posto di lavoro, con contestazione della recidiva, conclusi il primo con proposta di retrocessione ed il secondo con proposta di destituzione. Il C. sosteneva l’illegittimità delle sanzioni irrogate per l'abrogazione del sistema disciplinare del personale delle aziende auto ferro tramviarie previsto dal r.d. 8.01.31 n. 148, ora incompatibile con la normativa regolatrice del rapporto di impiego pubblico, e nel merito sosteneva l'insussistenza dei fatti contestati. Chiedeva, inoltre, il risarcimento dei danni a lui derivati dal comportamento, che assumeva diffamatorio, tenuto dall'Azienda per l'acquisizione degli elementi probatori a suo carico.

2.- Rigettata la domanda, il C. proponeva appello ribadendo le difese già spiegate in primo grado. La Corte d'appello di Firenze con sentenza del 4.09.09 rigettava l'impugnazione.

3.- La Corte d'appello riteneva preliminarmente ancora vigente la normativa del r.d. n. 148 del 1931 (artt. 37 e seguenti) afferente la materia disciplinare. Nel merito, accertava in fatto i comportamenti addebitati (episodi di guida in stato di ebbrezza e di eccesso di velocità con ritiro della patente, pur in ambito extralavorativo) e la loro idoneità – per gravità e reiterazione – a ledere il rapporto fiduciario, nonché la proporzione tra le sanzioni irrogate (retrocessione per i primi tre episodi di guida in stato di ebbrezza e destituzione per gli ulteriori episodi recidivanti) e gli addebiti. Considerava, inoltre, infondata la domanda risarcitoria, ritenendo legittime le modalità di acquisizione da parte dell'Azienda delle ulteriori informazioni circa i comportamenti del C. e, comunque, non dimostrata la verificazione di un qualche danno conseguente.

4.- C. propone ricorso per cassazione contrastato da controricorso della Compagnia P. Trasporti s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

5.- Con il primo motivo C. deduce violazione degli art. 2119 e 2730 c.c. e degli artt. 44 e 50 del r.d. 8.01.31 n. 148, nonché carenza di motivazione, sostenendo che nel valutare i comportamenti tenuti il 13.08.05 ed il 4.09.05 (primo procedimento disciplinare) il giudice avrebbe errato nel ritenere che, per il primo episodio, le dichiarazioni rese in sede di difesa disciplinare avessero carattere confessorio e fossero idonee a provare l'eccesso di velocità e che, per il secondo, fosse provato il superamento del tasso etilico consentito dalla legge. A tali errori di fatto conseguirebbe anche l'erronea valutazione del giudizio di proporzione tra comportamento e sanzione irrogata. Nel primo caso, una volta escluso, per la loro genericità, il carattere confessorio delle dichiarazioni, il giudice avrebbe dovuto tener conto della sentenza 9.02.06 del Giudice di pace di Pisa, che aveva annullato la sanzione accessoria del ritiro della patente ritenendo inidoneo l'apparecchio rilevatore della velocità, per carenza di taratura. Nel secondo caso, la Corte non ha tenuto conto della sentenza 25.03.06 dello stesso Giudice di pace, che aveva annullato la sospensione della patente ritenendo non superato il tasso alcolico consentito.

La Corte d'appello avrebbe dovuto, dunque, ritenere materialmente inesistenti i due eventi contestati. Ne sarebbero derivate la tardività della contestazione disciplinare del 22.9.05 (la prima), essendo intervenuta quasi quattro mesi dopo l'unico episodio disciplinarmente rilevante (positività al tasso alcolimetrico in data 29.5.05), nonché la sproporzione fra l'unico comportamento acclarato e la sanzione disciplinare adottata.

6.- Con il secondo motivo è dedotta violazione dell'art. 50 del r.d. 8.01.31 n. 148 e carenza di motivazione, in quanto il giudice avrebbe errato a ritenere sussistente il presupposto per l'applicazione della recidiva infra-annuale, in quanto, una volta venuti meno i comportamenti del 12-13.08.05 e del 3.09.05, tra il

comportamento risalente al 29.05.05 (unico da prendere in considerazione tra quelli oggetto del primo procedimento disciplinare) e quello del 6.07.06 (primo contestato nell'ambito del secondo procedimento) sarebbe intercorso un arco di tempo superiore all'anno.

7.- Deve premettersi che il C. fu sottoposto a due procedimenti disciplinari. Il primo procedimento, conclusosi con l'irrogazione della sanzione della retrocessione (provvedimento 23.02.06), fu promosso perché egli, alla guida della sua automobile privata, fu colpito da tre sanzioni contravvenzionali cui era conseguito il ritiro o la sospensione della patente, in due occasioni (29.05 e 3.09.05) perché positivo al test dell'etilometro ed in altra (13.08.05) per eccesso di velocità. Il secondo procedimento, conclusosi con la sanzione della destituzione (provvedimento comunicato il 6.11.06), fu promosso perché egli, alla guida di automezzo non di servizio, risultò ancora positivo al test dell'etilometro e fu colpito da nuova sanzione contravvenzionale e da ritiro della patente (12,06.06) e perché era stato assente dal lavoro senza giustificazione per il periodo 19.06-1.07.06, con contestazione di recidiva nella tenuta di condotta incompatibile con le mansioni assegnate.

Le condotte oggetto dei due procedimenti disciplinari per la loro ravvicinata reiterazione e per l'elevato disvalore sociale, soprattutto in ragione delle mansioni assegnate al dipendente (conducente di automezzi pubblici di linea), sono state ritenute dal giudice di merito di gravità tale da determinare la lesione definitiva del rapporto fiduciario esistente tra le parti.

8.- Abbandonate tutte le questioni sollevate nel giudizio di merito a proposito della correttezza procedurale dell'irrogazione della sanzione conservativa e di quella espulsiva, il ricorrente con il primo motivo contesta la correttezza del giudizio formulato dalla Corte d'appello circa la gravità degli addebiti. Ad un'attenta considerazione del merito il secondo ed il terzo evento sanzionati con la prima sanzione disciplinare sarebbero inesistenti, di modo che oggetto del procedimento avrebbe dovuto essere solo il primo comportamento, per il quale tuttavia la contestazione disciplinare sarebbe tardivamente intervenuta e, comunque, sarebbe ingiustificato il formulato giudizio di gravità e sproporzionata la sanzione irrogata.

In relazione ad entrambi gli episodi, avvenuti rispettivamente nella notte tra il 12 ed il 13.08.95 (eccesso di velocità) e il 3.09.05 (guida in stato di ebbrezza), il giudice di merito ha ritenuto pienamente provati i fatti contestati, considerando non rilevanti nel caso concreto le sentenze del Giudice di pace che hanno annullato nel primo caso la sanzione irrogata (per l'eccesso di velocità, in quanto non era in atto la prova dell'avvenuta taratura dell'apparecchio rilevatore), e nel secondo il provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida (per la guida in stato di ebbrezza, in quanto il giudice ha avuto il dubbio che il tasso alcolemico fosse stato alterato da condizioni soggettive del guidatore, non indotte dall'assunzione di eccessiva quantità di alcool).

Quanto al primo episodio il giudice di appello ha ritenuto determinante ai fini dell'accertamento della effettività della condotta, a prescindere dalla sentenza del Giudice di pace, non solo la circostanza che il C. in sede disciplinare avesse reso dichiarazioni di contenuto confessorio (in sostanza ammettendo l'eccesso di velocità), ma anche quella che il divario tra il limite di velocità (70 Km/h) e la velocità rilevata (139 Km/h) era tale da rendere del tutto irrilevante un eventuale difetto di taratura dell'apparecchio rilevatore.

Quanto al secondo episodio, il giudice di appello ha rilevato che per la guida in stato di ebbrezza il C. era stato condannato con decreto penale (contro il quale non risulta fosse stata fatta opposizione) e che ad essere annullata era stata solo la sanzione amministrativa conseguente (la sospensione della patente). Il provvedimento giudiziale di condanna nasceva da riconoscimento della responsabilità sulla base degli atti processuali, in cui non si rinveniva contestazione circa l'eventuale cattivo funzionamento dell'etilometro. Le valutazioni poste a base della sentenza del Giudice di pace (che sul punto non danno luogo ad alcun tipo di giudicato), già puntualmente disattese dal giudice di appello, sono riproposte in questa sede con l'esclusivo obiettivo di ottenere una diversa considerazione del merito ed una rivalutazione del fatto.

Essendo in entrambi i casi la motivazione adottata dalla Corte di merito congruamente e logicamente articolata, le censure dedotte con il motivo in esame debbono essere ritenute inammissibilmente proposte in sede di legittimità, con conseguente rigetto del mezzo di impugnazione.

9.- Il rigetto del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo, atteso che, con tutta evidenza, il rigetto delle censure mosse agli accertamenti effettuati dal giudice di merito circa la sussistenza dei comportamenti che hanno dato luogo alla prima sanzione disciplinare comporta l'affermazione del presupposto giuridico necessario per la contestazione della recidiva infra-annuale.

10.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 50,00 per esborsi ed in Euro 3.000 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

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