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Interessante pronuncia della Cassazione Penale in materia di responsabilità penale dei medici specializzandi: il medico specializzando non può essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutor anche se non gode di piena autonomia. Ne deriva che risponde, ai fini penali e civili, delle attività da lui direttamente compiute.

Così la Cassazione Penale con la Sentenza n. 6981 del 2012, con la quale ha confermato la condanna a due mesi di reclusione e a una provvisionale di 50 mila euro per una ex specializzanda del Policlinico di Roma.

Dall’analisi dei fatti si evince che lo specializzando aveva espressamente accettato di assistere un bambino con problemi di vista, cefalee e vomito, commettendo un “errore macroscopico”, in quanto aveva trascritto in modo errato la diagnosi oculistica nella cartella clinica e non aveva valutato correttamente la sintomatologia (cefalee, risvegli notturni e vomito) lamentata dal piccolo.

Da ciò è derivato l’aggravamento delle condizioni cliniche del giovane paziente, il quale soffriva di un tumore del quale nessuno si era sostanzialmente accorto.

Nella motivazione, la Corte ha, poi, disatteso le difese dell’imputata, la quale sosteneva la propria assenza di responsabilità sulla base del disposto dell’art. 38 del Decreto Legislativo n. 368/1999, secondo cui, l’attività formativa e assistenziale dei medici in formazione specialistica si svolge sotto la guida di tutori.

Ed invero, secondo gli Ermellini, il medico specializzando non è presente nella struttura per la sola formazione professionale, né la sua può definirsi una mera “presenza passiva”.

Per quanto lo specializzando non goda della stessa autonomia decisionale del tutor, una sua, seppur limitata, autonomia non può essere disconosciuta. Di conseguenza le attività direttamente compiute dallo specializzando devono essergli necessariamente imputate.

Laddove lo specializzando non fosse (o non si ritenesse) in grado di compiere una specifica attività, secondo la S.C., dovrebbe rifiutarne lo svolgimento, assumendone in caso contrario la relativa responsabilità.

In tale ipotesi, infatti, si parla di colpa c.d. per “assunzione” concretamente ravvisabile in chi cagioni un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiestogli (cfr. Cass. pen. Sez. IV, 10/12/2009, n. 6215).

In ogni caso, pertanto, sarebbe auspicabile la stipulazione, da parte degli specializzandi,   di apposite assicurazioni per il rischio professionale onde godere di una copertura assicurativa – per le conseguenze civilistiche – in merito ad eventuali attività dannose da essi compiute.

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