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La Cassazione è stata nuovamente investita della questione concernente il contenuto e i limiti delle informazioni che le strutture sanitarie sono obbligate a fornire ai pazienti.

 

Il caso riguardava una gestante, sottoposta ad esami da parte della clinica universitaria, i cui esiti erano stati negativi.

Nonostante i controlli effettuati, la donna partoriva un bambino affetto dalla sindrome di Down, per cui, insieme al marito, decideva di adire il Tribunale competente.

La tesi degli attori era che la struttura sanitaria non aveva loro rivelato che gli esami effettuati non erano sufficienti ad escludere l’esistenza di patologie riguardanti il feto, così da violare il diritto della gestante di scegliere l’aborto terapeutico.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 25559/11, condivide le argomentazioni della coppia, ritenendo l’ospedale contrattualmente responsabile per aver omesso di informare la donna della non attendibilità degli esami effettuati e della necessità di ulteriori esami, al fine di escludere con certezza l’esistenza di patologie riguardanti il nascituro.

E’ infatti diritto della gestante scegliere tra un aborto terapeutico e una nascita “indesiderata”: nel caso de quo, invece, non è stato possibile esercitare tale diritto a causa delle omesse informazioni da parte del debitore.

Pertanto, dovranno essere risarciti alla coppia sia i danni patrimoniali, soprattutto con riferimento alle spese di mantenimento del nascituro e alla potenziale compromissione delle carriere dei genitori, sia i danni non patrimoniali, per la sofferenza patita e per le presumibili gravi ripercussioni sulla quotidianità della famiglia.

Per maggiori informazioni su questi temi leggi anche Mancanza del consenso informato e risarcimento del danno

L’immagine del post è stata realizzata da widephish, rilasciata con licenza cc.

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