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Con ordinanza n. 5056/14, la III Sez. Civile della Corte di Cassazione torna ad occuparsi nuovamente della questione relativa alla risarcibilità o meno del cd. Danno tanatologico.

Nel caso specifico, un soggetto, rimasto vittima di un incidente stradale, decedeva dopo poche ore dall’evento, così che i parenti chiedevano il risarcimento anche del danno biologico iure hereditatis (anche detto danno biologico da morte).

In particolare, è stato posto ai Giudici di Piazza Cavour il seguente quesito: “dica la Corte se sia legittimo o non negare il risarcimento del danno biologico richiesto iure hereditatis dagli stretti congiunti della vittima allorquando la vittima stessa sia immediatamente deceduta a seguito delle gravi lesioni riportate in un incidente stradale”.

Come noto, sul punto vi sono due contrastanti orientamenti giurisprudenziali.

Il primo, più risalente, è quello facente capo alla pronuncia n. 6754/2011 (cfr., in senso conforme, Cass. ss.uu. n. 3475 del 1925, Cass. n. 2654 del 2012 e n. 13672 del 2010), che aveva affermato il principio di diritto della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata.

Il secondo, invece, fa riferimento alla recente sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, con cui i Giudici di legittimità hanno avuto modo di statuire che deve ritenersi risarcibile iure hereditatis il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni riportate a seguito di un incidente stradale.

In altre parole, secondo il primo orientamento è necessario un apprezzabile lasso di tempo tra il sinistro e il decesso della vittima per far acquisire al patrimonio dello stesso il diritto al risarcimento del danno biologico, che possa poi essere trasmesso agli eredi (in particolare, la sentenza n. 19133/2011 ha affermato il principio che “quando all’estrema gravità delle lesioni segua, dopo un intervallo di tempo brevissimo …., la morte, non può essere risarcito il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguito al sinistro”); mentre, secondo il più recente orientamento (cfr. sentenza n. 1361/14), “la perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica”, poichè “il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute”, così che la sua risarcibilità “costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza”.

Investita nuovamente della questione, la III Sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente perchè valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Ordinanza 4 marzo 2014, n. 5056
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 12282/2008 proposto da:
M.F. (OMISSIS), A.A. (OMISSIS), M.M. (OMISSIS), M. G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE PROVINCIE 114 B23, presso lo studio dell’avvocato D’AMICO PAOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato DE MAGISTRIS ENRICO giusta mandato speciale a margine;
– ricorrenti contro
D.L., COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI UNIPOL S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 423/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 16/03/2007, R.G.N. 2636/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato ENRICO DE MAGISTRIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.
LA CORTE:
Svolgimento del processo
– che M.F., M. e G., con A. A., nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Cuneo D.L. e la compagnia assicurativa Unipol, avevano chiesto il risarcimento del danno conseguente alla morte del proprio congiunto, M.A., deceduto a seguito di un incidente stradale;
– che il decesso (avvenuto a distanza di tre ore) doveva ritenersi pressochè contemporaneo alla collisione dei veicoli condotti, rispettivamente, dal M. e dal D.;
– che l’adito tribunale, ascritta la responsabilità del sinistro ad entrambi i conducenti (nella misura del 30% al M. e del 70% al D.), aveva, tra l’altro, negato il risarcimento per la voce di danno biologico c.d. iure hereditatis;
– che la Corte di appello di Torino, investita dell’impugnazione degli attori in prime cure, aveva confermato in parte qua la sentenza, uniformandosi al principio di diritto, più volte affermato da questo giudice di legittimità, secondo il quale non è risarcibile a titolo ereditario il danno biologico in caso di morte sopraggiunta nell’immediatezza come conseguenza del fatto illecito;
– che, con il quinto motivo dell’odierno ricorso, gli eredi M. chiedono a questa Corte la cassazione del capo di sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento di tale voce di danno.
Motivi della decisione
1. Il quinto motivo del ricorso – che lamenta violazione e/o falsa e in ogni caso erronea applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2043 c.c. e art. 32 Cost. – si conclude con il seguente quesito di diritto: dica la Corte se sia legittimo o non negare il risarcimento del danno biologico richiesto iure haereditatis dagli stretti congiunti della vittima allorquando la vittima stessa sia immediatamente deceduta a seguito delle gravi lesioni riportate in un incidente stradale.
2. Osserva il collegio che, con la sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, questa stessa sezione ha affermato il principio secondo il quale deve ritenersi risarcibile iure hereditatis il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni riportate a seguito di un incidente stradale.
3. Tale sentenza si pone in consapevole contrasto con la propria, precedente giurisprudenza, che più volte ha avuto modo di pronunciarsi in senso opposto in subiecta materia.
3.1. In particolare, la pronuncia n. 6754/2011 di questa stessa sezione, nella scia di una risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. ss.uu. n. 3475 del 1925, cui, nel tempo, si sarebbero conformate, tra le tante, Cass. n. 2654 del 2012 e n. 13672 del 2010), aveva affermato il principio di diritto della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata;
3.2. Il principio, come è noto, era stato espressamente posto a fondamento della decisione n. 372 del 1994 della Corte Costituzionale, che aveva escluso profili di illegittimità costituzionale dell’art. 2043 c.c., in relazione al c.d. “danno biologico da morte”, in dipendenza del “limite strutturale della responsabilità civile, nella quale sia l’oggetto del risarcimento che la liquidazione del danno devono riferirsi non alla lesione per se stessa, ma alle conseguenti perdite a carico della persona offesa”.
4. La giurisprudenza di questa sezione si è poi spinta, in tempi più recenti, ad affermare la trasmissibilità agli eredi del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale consistito nella sofferenza morale provata tra l’infortunio e la morte solo se, in tale periodo di tempo, la persona sia rimasta lucida e cosciente.
5. La questione venne esaminata funditus nella decisione n. 26972 del 2008, con la quale le Sezioni unite, chiamate a dare risposta a un coacervo di quesiti – posti dall’ordinanza di rimessione n. 4712 del 2008 – inerenti alla complessa materia della liquidazione del danno non patrimoniale, ebbero modo di affermare che la costante giurisprudenza di legittimità, da una parte, nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall’evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per le perdita della vita (sent. n. 1704/1997, n. 491/1999, n. 13336/1999, n. 887/2002, n. 517/2006), e d’altra parte lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. n. 6404/1998, n. 9620/2003, n. 4754/2004, n. 15404/2004), ed a questo lo commisura, osservando poi come venga in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo: sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione, e concludendo che, d’altra parte, non può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essendosi manifestato in questa Corte un argomentato dissenso;
6. Sul tema del danno da morte immediata (il tema, cioè, in relazione al quale le sezioni unite avevano escluso la possibilità di rimeditare il costante indirizzo giurisprudenziale della Corte in assenza di un argomentato dissenso), una recente sentenza di questa sezione (la n. 19133/2011) ha affermato il principio che quando all’estrema gravità delle lesioni segua, dopo un intervallo di tempo brevissimo …., la morte, non può essere risarcito il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguito al sinistro;
7. Con ampia e articolata motivazione, la pronuncia n. 1361/2014, dopo un lungo excursus sul panorama dottrinario e sui dicta di parte della giurisprudenza di merito, è pervenuta, dunque, ad una diversa conclusione, sulla premessa secondo la quale “la perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica”, poichè “il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute”, così che la sua risarcibilità “costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza”;
8. Tale decisione, facendo proprie talune indicazioni provenienti da quella parte della dottrina che, a vario titolo e con disparate argomentazioni, ritiene risarcibile il danno c.d. tanatologico, ha così inteso superare il criterio della individuazione di un adeguato periodo di lucidità e di coscienza nella vittima del sinistro ai fini dell’acquisizione al suo patrimonio di un diritto trasmissibile iure successionis;
4. Il contrasto di giurisprudenza così generatosi, e la concorrente particolare importanza della questione induce, pertanto, il collegio a rimettere gli atti del procedimento al Primo Presidente perchè valuti l’esigenza di investire le Sezioni unite di questa Corte, al fine di definire e precisare per imprescindibili ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale già delineato nel 2008, alla stregua degli ulteriori contributi di riflessione, tra loro discordanti, offerti dalla sezione semplice sul tema del diritto della risarcibilità iure hereditatis del danno da morte immediata.
P.Q.M.
Rimette gli atti al Primo Presidente perchè valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2014

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