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L’assenza del lavoratore nel periodo oggetto della richiesta di ferie (negate dal datore di lavoro) deve ritenersi assenza ingiustificata legittimante, ove previsto dal CCNL, il licenziamento senza preavviso. Lo ha stabilito il Tribunale di Viterbo, con la sentenza del 24 aprile 2013.

La determinazione del periodo feriale e l’autorizzazione del godimento delle ferie maturate costituisce una esplicazione del potere direttivo del datore di lavoro, per ciò stesso irrinunciabile. Pertanto, qualsiasi assenza del lavoratore dal luogo di lavoro deve essere preventivamente autorizzata dal datore di lavoro, il quale ha altresì il potere di modificare il piano ferie eventualmente già stabilito in considerazione di proprie esigenze aziendali. L’obbligo del datore di lavoro si limita alla comunicazione ai lavoratori del periodo di ferie collettive e delle eventuali modifiche di siffatto periodo se pur col limite, tuttavia, di non sconfinare nell’arbitrio e di non impedire il godimento delle ferie previste annualmente per il lavoratore, procrastinando continuamente nel tempo il godimento delle stesse.

Il Fatto. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., il Sig. Tizio ha agito in giudizio deducendo di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze della Gamma s.r.l. dal 13 settembre 2004 all’8 febbraio 2011 data del suo licenziamento con le mansioni di “operaio collaudatore”;  di aver rivolto alla convenuta, per il tramite della propria organizzazione sindacale, domanda al fine di poter usufruire di nove giorni di ferie e r.o.l. dal 27 dicembre al 9 gennaio 2011, avendo ancora 7 giorni residui tra ferie e permessi da godere per il 2010; di aver richiesto il suddetto periodo di ferie per potersi recare nel suo paese d’origine, per gravi motivi famigliari, ovvero per poter partecipare alle esequie di una sua zia che era deceduta il giorno prima, 13 dicembre 2010; di essersi visto respingere la domanda dalla società con la giustificazione che lo stabilimento non avrebbe chiuso per le ferie natalizie ma avrebbe lavorato a pieno regime per poter far fronte agli ordini dei clienti; che a fronte del diniego della direzione, il ricorrente si vedeva comunque costretto a recarsi in Romania per l’estremo saluto alla parente deceduta, facendo ritorno al lavoro il 10 gennaio 2011; che la società Gamma detraeva dal salario di dicembre 2010 la somma di € 360,27 pari a cinque giorni lavorativi e dalla busta paga di gennaio 2011 e la somma di € 291,32 pari a quattro giorni lavorativi per assenze ingiustificate; che in data 20 gennaio 2011 il ricorrente riceveva dalla Gamma s.r.l. la seguente contestazione disciplinare: “nonostante non autorizzato ad assentarsi dal posto di lavoro per richiesta ferie […] è rimasto assente dal posto di lavoro per i giorni 27,28,29,30 e 31 dicembre 2010, autoassegnandosi un periodo di ferie non autorizzato sino al 9 gennaio 2011; che a tale contestazione disciplinare replicava la O.S. Beta, evidenziando che il ricorrente aveva ancora sette giorni residui di ferie e permessi r.o.l. non goduti per l’anno 2010 e che lo stesso era stato necessitato a prendere il suddetto periodo di pausa dal lavoro, per gravi esigenze di tipo familiare, evidenziando, altresì, che il contratto collettivo di categoria tutelava la posizione dei lavoratori; che malgrado le giustificazioni fornite, la società convenuta con comunicazione notificata l’8 febbraio 2011 gli irrogava la sanzione  disciplinare del licenziamento senza preavviso ai sensi degli artt. 7 della L. 300/70 e dell’art. 51 del vigente CCNL.

Tutto ciò esposto il ricorrente ha eccepito la nullità / annullabilità / illegittimità / inefficacia del licenziamento, facendo richiamo agli artt. 36 co. 3 Cost., 2109 co. 2 c.c.  36 CCNL e 18 Stat. Lav.

Costituitasi in giudizio la Gamma s.r.l. esponeva in fatto che a fronte della nota del 14 dicembre 2010 con la quale Sig. Tizio, per il tramite della propria O.S. Beta, richiedeva all’azienda di poter usufruire di 9 giorni di ferie e ROL dal 27 dicembre 2011 al 9 gennaio 2011,  la Gamma tempestivamente con nota del 15 dicembre 2010 comunicava alla O.S. Beta e al Sig. Tizio, il quale rifiutò di ricevere la comunicazione, che “l’organizzazione del lavoro non consentiva di poter esaudire la richiesta del lavoratore in quanto per esigenze di produzione lo stabilimento di Fabrica di Roma non avrebbe chiuso nel periodo delle ferie natalizie, con la possibilità di riesaminare la richiesta in un successivo momento” ; che gli operai, svolgenti le stesse mansioni di “collaudatore” del Sig. Tizio, nel periodo dedotto dal ricorrente prestarono regolarmente attività lavorativa così come altre 47 maestranze per sopperire agli ordinativi in corso;

La Gamma s.r.l. rilevava, inoltre, che a dicembre del 2010 al Sig. Tizio residuavano soltanto gg. 2 di ferie e 37,93 ore di permessi e come quest’ultimo non avesse mai comunicato alla Gamma s.r.l. i motivi per i quali aveva urgente necessità di dover ritornare in Romania né tanto meno quella del lutto famigliare; che, nonostante la mancata autorizzazione dell’azienda, senza alcun’altra comunicazione, il Sig. Tizio si assentava dal proprio posto di lavoro dal 27 dicembre 2010 al 9 gennaio 2011.

La questione: occorre dunque domandarsi se il lavoratore abbia diritto o meno ad autoassegnarsi delle ferie senza o contro il consenso e l’autorizzazione del datore di lavoro.

La decisione: Il Tribunale di Viterbo, Sez. Lavoro, con sentenza del 24 aprile 2013, respingendo il ricorso del lavoratore ha stabilito che:

[…] Le ferie costituiscono certamente un diritto irrinunciabile del lavoratore, il quale va tuttavia goduto nei tempi concordati con il datore in aderenza con le esigenze aziendali.  […] non può ritenersi consentito al lavoratore di assegnarsi autonomamente delle ferie senza o contro il consenso e l’autorizzazione del datore di lavoro e ciò, deve ritenersi, anche quando il diniego dell’autorizzazione sia ritenuto illegittimo, arbitrario, discriminatorio, etc.

Ciò che in questo caso deve ritenersi consentito al lavoratore è di contestare la legittimità del diniego in sede giudiziaria, chiedendo tutela risarcitoria, ripristinatoria e all’occorrenza anche cautelare; non anche assentarsi esercitando autonomamente un diritto alle ferie che, in mancanza di autorizzazione non può dirsi in alcun modo legittimo.

Diversamente opinando si finirebbe nei fatti per sopprimere il potere che la legge attribuisce al datore di lavoro quale espressione del potere di iniziativa imprenditoriale, di gestione dell’azienda e di organizzazione del lavoro.

Da tutto ciò consegue che l’assenza giustificata da ferie mai autorizzate, costituisce in realtà assenza ingiustificata anche quando il diniego sia ritenuto immotivato, ed integra dunque anche in questa ipotesi inadempimento sanzionabile disciplinarmente. [… ]”

Focus on: Noto e incontestato, anche nella vicenda de qua, il principio per cui le ferie costituiscono un diritto del lavoratore condizionato all’assenso del datore di lavoro. Infatti, l’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore, quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa. (Trib. Milano 21/1/2008, Rel. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, 739) e non è lasciato alla libera scelta del dipendente.

Tale assunto è nel pieno rispetto di quanto stabilito dall’art. 2109 del codice civile, il quale prevede che la fissazione del periodo durante il quale deve aver luogo l’assenza per ferie spetta al datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore.

Al di fuori di questi limiti compete al lavoratore soltanto la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca, al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali, i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda  (Cass. 12-06-2001, n. 7951, in Lavoro giur.  2002, 56.)

Pertanto, qualsiasi assenza, ivi compresa quella per il godimento delle ferie e con la sola esclusione delle assenze determinate da una sopravvenuta impossibilità della prestazione (ad esempio malattia ed infortunio) – dovrà essere sempre preventivamente autorizzata dal datore di lavoro, risultando ingiustificata quindi l’assenza dal lavoro qualora la stessa non sia ascrivibile a cause oggettive che rendano impossibile la prestazione (Trib. Ferrara 21.10.2006).

Commetterà, dunque, un illecito disciplinarmente rilevante – passibile di licenziamento – il lavoratore che, chiesto ma non ottenuto dal datore di lavoro un periodo feriale, si assenti ugualmente, allegando un atteggiamento di autotutela” (Tribunale di Forlì, 2 gennaio 2008).

L’autoassegnazione, infatti, da parte del prestatore di lavoro del periodo feriale lede irrimediabilmente il rapporto fiduciario, in quando incide su decisioni di carattere organizzativo riservate al datore di lavoro, configurandosi, secondo le modalità del fatto e la contestazione datoriale, l’abbandono del posto di lavoro, l’insubordinazione e per l’appunto l’ingiustificata assenza. La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, oramai sedimentata e costante, non tollera alcuna forma di autotutela del lavoratore che si esplichi in una decisione personale in contrasto con le decisione del datore di lavoro, considerando altresì, ai fini della legittimità della reazione del datore di lavoro, non necessario che i comportamenti addebitati al lavoratore abbiano nuociuto all’organizzazione aziendale, essendo sufficiente la violazione dei doveri ricadenti sul lavoratore subordinato (Cass. 14.9.2002, n. 6974). Il lavoratore subordinato non può, infatti, contro l’espresso diniego dell’imprenditore, assentarsi unilateralmente, a titolo di ferie o di permessi, in un periodo, da lui scelto arbitrariamente e quindi non autorizzato, che non coincida con quello stabilito dall’imprenditore medesimo o concordato con le rappresentanze aziendali oppure preventivamente stabilito all’inizio dell’anno, ciò contrastando con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività tecnico-produttiva dell’impresa   ( Cassazione civile  sez. lav., 07 maggio 1992, n. 5393 – Fonti:  Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 5,  Mass. giur. lav. 1992, 492.,  Notiziario giur. lav. 1992, 643; Cassazione civile  sez. lav., 14 aprile 2008, n. 9816 Fonti:  Giust. civ. Mass. 2008, 4, 577. )

Conclusioni. L’assenza del ricorrente nel periodo oggetto della richiesta di ferie deve ritenersi assenza ingiustificata protrattasi per oltre tre giorni, come tale sanzionabile ex art. 52 c. 1 lett. a) CCNL con il licenziamento senza preavviso”

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOiIE DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO

Il Tribunale in composizione monocratica In Funzione di Giudice del Lavoro

In persona del Dr. Mauro Ianigro,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. 1877 del R.G. Contenzioso di Lavoro e Previdenza per l’anno 2011 Vertente

TRA

_____, elettivamente domiciliato in Roma, Via Marcello Soleri n. 10, presso lo studio dei procuratori Avv.ti Umberto Liberati e Alessandra Luglio che lo rappresentano e difendono per procura a margine del ricorso introduttivo.

RICORRENTE

E

_______, in persona del legale rapp.te p.t. Sig.______con sede in elettivamente domiciliata in Civita Castellana, Via Roma n. 44/ A presso lo studio del procuratore Avv. Franco Laugeni che la rappresenta e difende per delega in calce alla memoria di costituzione.

RESISTENTE

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente ha agito in giudizio esponendo di essere stato dipendente della società convenuta dal 13.9.2004 all’8.2.2011;  di essere dirigente sindacale per ___ come da comunicazione 1.12.2009; di aver rivolto all’azienda in data 14.12.2010 domanda di ferie e r.o.l. dal 27 dicembre

2010 a19 gennaio 2011 avendo ancora 7 giorni residui tra ferie e permessi da godere per il 2010 e dovendo recarsi nel paese d’origine per partecipare alle esequie di una zia deceduta il 13.12.2010

cui era particolarmente legato; che la domanda era stata respinta, con la giustificazione che lo stabilimento non avrebbe chiuso per le festività natalizie ma avrebbe lavorato a pieno regime per far fronte agli ordinativi dei clienti e l’organizzazione del lavoro non avrebbe consentito la sostituzione

del lavoratore; che nonostante la mancata concessione delle ferie il ricorrente si era visto costretto a recarsi ugualmente in Romania; che nei prospetti paga di dicembre 2010 e gennaio 2011 l’azienda aveva detratto dalla retribuzione importi corrispondenti a complessivi 9 giorni lavorativi.,i , a titolo di assenza ingiustificata; che inoltre in data 20.1.201 l il ricorrente aveva ricevuto lettera di ‘(I; contestazione con la quale era stato invitato a fornire giustificazioni in merito alle assenze dal posto di lavoro dal 27 dicembre 2010 al 9 gennaio 20 Il; che con fax 25.1.2011 per il tramite della _ aveva illustrato le ragioni che lo avevano costretto a prendersi il predetti giorni di ferie, facendo altresì richiamo anche al contenuto dell’art. 36 del CCNL di settore; che nonostante le giustificazioni il giorno 8.2.2011 l’azienda gli aveva notificato lettera di licenziamento senza preavviso , cui era stata seguita tempestiva lettera di impugnazione. Il ricorrente ha altresì esposto che nel gennaio 2011 erano apparse nella bacheca ‘dei comunicati che avevano ripetutamente invitato i dipendenti a presentare le dimissioni; che la società non aveva mai concordato con i dipendenti alcun piano ferie; che contrariamente a quanto aveva fatto con il ricorrente, nello stesso periodo oggetto della richiesta del ricorrente, la società aveva invece concesso ferie in favore di altri dipendenti ; che nei giorni immediatamente successivi al licenziamento del ricorrente infine la società aveva iniziato un periodo di cassa integrazione che vedeva coinvolto anche il ricorrente; che in data 7.10.2010 il ricorrente aveva già notificato all’azienda un ricorso innanzi questo Tribunale per il riconoscimento del livello superiore.

Tutto ciò esposto ha quindi dedotto la nullità / annullabilità / illegittimità / inefficacia del licenziamento facendo richiamo agli artt. 36 co. 3 Cost., 2109 co. 2 c.c. e 36 CCNL.

A tale fine ha in primo luogo rammentato il diritto del lavoratore al godimento delle ferie e l’obbligo del datore di lavoro di accordarle tenendo conto delle esigenze dell’azienda e degli interessi del prestatore comunicando preventivamente al dipendente il periodo a ciò destinato. Ha quindi eccepito l’insussistenza nella specie delle esigenze addotte dall’azienda a sostegno del diniego dell’autorizzazione, avendo l’azienda invitato ripetutamente i dipendenti alle dimissioni, concesso ad altri dipendenti le ferie nel medesimo periodo e usufruito immediatamente dopo di un periodo di cassa integrazione; ha quindi sostenuto il carattere vessatorio e strumentale del rifiuto opposto dall’azienda. Ha poi sottolineato come la società non avesse tenuto in alcun conto degli interessi del ricorrente, il quale aveva la necessità di recarsi nel proprio paese in ragione del decesso della propria congiunta. Ha lamentato altresì l’inosservanza dell’obbligo datoriale di comunicare preventivamente il periodo destinato al godimento delle ferie. Ha infine sostenuto il carattere ritorsivo del licenziamento, connesso alla nomina a dirigente sindacale e alla instaurazione di altra vertenza innanzi questo Tribunale. Ha poi dedotto la mancanza di proporzionalità tra l’inadempimento contestato ed la sanzione irrogata (che ha sostenuto avrebbe dovuto essere quella prevista dall’artt. 50 CCNL ovvero quella della multa o della sospensione). Ha altresì dedotto l’illegittimità della detrazione operata dall’azienda senza l’osservanza della procedura di contestazione di cui all’art. 7 SL. Tutto ciò esposto ha quindi chiesto accertarsi e dichiararsi l’illegittimità del licenziamento e disporsi la reintegrazione ai sensi dell’art. 18 S.L. e  condannarsi la convenuta al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali; dichiararsi altresì l’illegittimità delle trattenute operate dall’azienda e condannarsi la medesima alla restituzione dei corrispondenti importi, oltre accessori di legge e vittoria di spese.

La società si è costituita in giudizio esponendo in fatto che nel periodo nel quale il ricorrente aveva chiesto di godere le ferie nello stabilimento avevano lavorato altri colleghi assegnati alle stesse mansioni ed altre 47 dipendenti; che nel dicembre 2010 al ricorrente residuavano solo due giorni di ferie e 37,93 ore di permessi; che mai il ricorrente aveva comunicato all’azienda i motivi per i quali intendeva usufruire delle ferie. In diritto ha in primo luogo dedotto l’inesistenza di un diritto del lavoratore di auto assegnarsi ferie non autorizzate, costituendo un diritto di parte datoriale individuare i periodi di godimento e integrando dunque inadempimento del lavoratore l’assenza giustificata sulla base di ferie mai autorizzate; ha anche sottolineato l’assenza di qualsiasi discriminazione sia per l’insussistenza delle ragioni dell’assenza addotte dal ricorrente, sia per il contestuale impegno lavorativo richiesto agli altri dipendenti, sia infine per la mancata maturazione dei giorni di ferie richiesti dal ricorrente. La società ha poi ribadito la proporzionalirà tra sanzione e infrazione in ragione della previsione di cui all’art. 51 CCNL. Con riguardo all’obbligo di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo di ferie di cui godere, ha poi fatto richiamo all’art. 36 CCNL che ne consente il godimento entro 36 mesi dal termine dell’anno di maturazione e perfino la monetizzazione dei giorni residui. La convenuta ha in ultimo eccepito l’infondatezza della tesi attorea concernente la presunta illegittimità delle trattenute operate dall’azienda per i giorni di assenza ingiustificata, sottolineando come tale determinazione non avesse avuto natura disciplinare, rappresentando esclusivamente una riduzione salariale corrispondente alla mancata prestazione di attività lavorativa. Quanto alla domanda risarcitoria ha poi rilevato come, in mancanza di una offerta della prestazione lavorativa, dovesse assicurarsi al ricorrente la sola reintegra. Ciò detto, ha quindi concluso chiedendo respingersi le domande attoree ed in subordine disporsi la sola reintegrazione con vittoria di spese.

La causa, istruita con prove esclusivamente documentali, è stata decisa in data odierna con lettura del dispositivo in udienza e con motivazione contestuale.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

In diritto, fermo ed assodato il diritto irrinunciabile e costituzionalmente garantito del lavoratore al godimento di ferie annuali retribuite, occorre osservare che ai sensi dell’art. 2109 c.c. il lavoratore ha diritto “ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che I’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie”.

L’art. 36 del CCNL di settore stabilisce inoltre che” … Il periodo delle ferie avrà normalmente carattere continuativo e sarà scelto di comune accordo, compatibilmente con le esigenze del servizio. Al fine di promuovere un effettivo godimento delle ferie residue dei lavoratori è ammessa la possibilità di fruizione delle stesse entro 36 mesi dal termine dell’anno di maturazione entro 36 mesi dal termine dell’anno di maturazione. La relativa programmazione dovrà essere realizzata entro 6 mesi dal termine dell’anno di successivo a quello di maturazione. In caso di giustificato impedimento il mancato godimento delle ferie deve essere compensato con un’indennità sostitutiva da calcolarsi sulla base della retribuzione di fatto e  per i giorni di ferie non goduti. ‘” Nei casi di ferie collettive o individuali, al lavoratore che non avrà maturato il diritto alle ferie intere, spetteranno tanti dodicesimi delle ferie stesse quanti sono i mesi compiuti di servizio prestato ..  Particolare attenzione sarà prestata dall’azienda per permettere un godimento il più possibile continuativo ai lavoratori immigrati che abbiano esigenze di rientrare nella nazione d’origine”.

Alla luce della ricordata disciplina legislativa e contrattuale, deve quindi concludersi che le ferie costituiscono certamente un diritto irrinunciabile del lavoratore, il quale va tuttavia goduto nei tempi concordati con il datore in aderenza con le esigenze aziendali. La previsione che il potere datoriale debba comunque essere esercitato tenendo conto degli interessi del lavoratore e, nel caso di lavoratori immigrati, in modo da agevolarne il rientro nel paese l’origine, nonché comunicando con congruo anticipo al lavoratore il periodo prescelto per il godimento delle ferie, costituiscono modalità di esercizio di un potere che è e resta in capo al datore di lavoro.

In tal senso è anche l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità la quale ha in diverse occasioni chiarito che “L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale (cfr. Sez, I, Sentenza n. 7951 del 12/06/2001 IV. 547431).

Dal che discende che non può comunque ritenersi consentito al lavoratore di assegnarsi autonomamente le ferie senza o contro il consenso e l’autorizzazione del datore di lavoro e ciò, deve ritenersi, anche quando il diniego dell’autorizzazione sia ritenuto illegittimo, arbitrario, discriminatorio, ecc.. Ciò che in questo caso deve ritenersi consentito al lavoratore è di contestare la legittimità del diniego in sede giudiziaria, chiedendo tutela risarcitoria, ripristinatoria e all’occorrenza anche cautelare; non anche di assentarsi esercitando autonomamente un diritto alle ferie che, in mancanza di autorizzazione, non può dirsi in alcun modo legittimo. Diversamente opinando si finirebbe nei fatti per sopprimere il potere che la legge attribuisce al datore di lavoro quale espressione del potere di iniziativa imprenditoriale, di gestione dell’azienda e di organizzazione del lavoro. Da tutto ciò consegue che l’assenza giustificata da ferie mai autorizzata, costituisce in realtà assenza ingiustificata anche quando il diniego sia ritenuto immotivato, cd integra dunque anche in questa ipotesi inadempimento sanzionabile disciplinarmente.

Così impostata la questione potrebbe ritenersi perfino superfluo sia l’accertamento del diritto rivendicato dal ricorrente sotto il profilo quantativo, sia quello della effettività delle ragioni su cui il ricorrente aveva fondato la propria richiesta, delle ragioni giustificative del diniego addotte dalla società e del trattamento riservato agli altri dipendenti.

Ma l’impugnativa deve ritenersi infondata anche esaminando nel merito tali questioni.

In primo luogo deve infatti ritenersi indimostrata la disponibilità residua di giorni di ferie nella misura utilizzata dal ricorrente: la circostanza che i giorni ancora disponibili fossero solo due (avendo il ricorrente usufruito delle restanti ferie maturate) non è stata neanche contestata da parte ricorrente e mina alla radice la fondatezza della pretesa.

Ugualmente indimostrata è la circostanza di fatto in ragione della quale il ricorrente ha sostenuto di essere stato costretto a recarsi nel proprio paese di origine e ad assentarsi dal lavoro nel periodo in questione: si è sostenuta una impossibilità di reperire certificazione attestante la data del decesso della congiunta che tuttavia era onere dello stesso reperire, eventualmente avvalendosi della collaborazione dei parenti al cui sostegno aveva inteso provvedere abbandonando il luogo di lavoro.

Emerge altresì dalla domanda in atti che il ricorrente non abbia fatto alcuna menzione di tali necessità al momento della richiesta di ferie: il che aveva evidentemente impedito all’azienda di valutare correttamente l’interesse del dipendente nell’esaminare la domanda di ferie e ciò esclude quindi la sussistenza di violazioni di norme di legge o della contrattazione collettiva.

Ingiustificata è anche la doglianza inerente la carenza di tempestiva programmazione e preventiva comunicazione dei periodi di ferie, le quali hanno senso nei periodi di ferie collettive in cui le richieste congiunte di più dipendenti impongono all’azienda un lavoro organizzativo che soddisfi contemporaneamente le esigenze aziendali c quelle dipendenti e che può dar luogo a qualche sfasamento tra periodi indicati da ciascun lavoratore c quelli autorizzati dal datore di lavoro. In tali casi appare ragionevole pretendere che la parte datoriale, effettuate le dovute valutazioni, determini e comunichi con giusto anticipo i periodi assegnati a ciascun lavoratore. Praticamente impossibile e di nessuna necessità si rivelerebbe una programmazione di tal genere nei restanti periodi e comunque in quelli nei quali l’azienda abbia escluso il godimento di ferie collettive; a maggior inesigibile deve ritenersi la predisposizione del piano ferie relativamente ai soli giorni residui rispetto a quelli da ciascun lavoratore già goduti nei periodi canonici già concordati.

Non vale peraltro ad escludere la legittimità del diniego dell’autorizzazione alle ferie, la circostanza che le stesse siano state concesse ad un solo ed unico altro dipendente. E’ sufficiente al riguardo osservare che al. datore di lavoro va indiscutibilmente riconosciuto  il diritto di organizzare liberamente il lavoro In azienda, ad esempio ritenendo indispensabile che in un determinato periodo in un determinato settore o reparto piuttosto che in altri, la produzione prosegua a pieno ritmo non consentendo defezioni; senza che ciò integri alcuna forma di discriminazione.

In ultimo va sottolineato come il fatto che l’azienda abbia invitato i dipendenti alle dimissioni ed abbia in seguito fatto ricorso alla cassa integrazione, per un verso non esclude l’effettività delle ragioni addotte a giustificazione del diniego, ma anzi conferma l’esistenza di una situazione di difficoltà aziendale con la quale appare del tutto compatibile l’intento della società di incrementare la produttività o di impedirne rallentamenti al fine di garantire l’osservanza dei termini di consegna concordate con i (residui e scarsi pochi) clienti.

Conclusivamente dunque l’assenza del ricorrente nel periodo oggetto della richiesta di ferie deve ritenersi assenza ingiustificata protrattasi per oltre 3 giorni, come tale sanzionabile ex art. 52 co. 1 lett. a) CCNL con il licenziamento senza preavviso.

Infondata è anche la questione concernente le trattenute operate dall’azienda sulle retribuzioni dei mesi di dicembre e gennaio, non avendo essere natura disciplinare ma una legittima decurtazione stipendiale connessa al mancato svolgimento della prestazione lavorativa e al conseguente venir meno del sinallagma contrattuale, La pretesa della restituzione dei corrispondenti importi è dunque totalmente infondata.

Il ricorso va dunque integralmente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M

Il Tribunale, definendo il giudizio,

disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione,così provvede:

Respinge il ricorso proposto da Condanna il ricorrente al pagamento in favore della società convenuta S.r.l. delle spese di lite che si liquidano in complessivi € 2.300,00 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge.

Viterbo lì, 24 aprile 2013.


Avvocato Matteo Moscioni, con studio legale in Viterbo, si occupa prevalentemente di Diritto del Lavoro, Sindacale e Relazioni Industriali.

www.avvocatomatteomoscioni.com

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