Dark Light

Nelle ultime settimane si assiste ad una massiccia espansione del fenomeno dei cd. “bitcoin”, le cryptomonete create attraverso un peculiare protocollo, senza l’intervento di un ente accentratore. In questo primo post cercheremo di rispondere all’interrogativo che la maggior parte degli addetti ai lavori si pone: “il Bitcoin è legale”?

1. Che cos’è il “bitcoin”?

Il bitcoin è comunemente considerato come una criptomoneta, ossia come una “valuta” che viene utilizzata attraverso le tecniche crittografiche. In realtà, si tratterebbe di mere scritture “contabili” inserite in un registro denominato “Blockchain” in cui si conserva la traccia di ogni transazione.

Nel video sottostante, tratto dal sito http://www.bitcoin.org si offre una spiegazione più chiara del meccanismo che regola la produzione e l’utilizzo dei bitcoin

2. Come si inquadra il bitcoin da un punto di vista legale?

L’inquadramento legale del bitcoin si presenta come una delle maggiori sfide per il giurista contemporaneo.

La natura e la funzione del bitcoin sembrerebbe indurre per ricondurre il bitcoin al genus delle cd. monete elettroniche. Tuttavia, queste ultime sono ormai regolate a livello comunitario con la Direttiva 2009/110/CE, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs n. 45 del 16 aprile 2012.

L’art. 2 comma 1, n. 2) definisce la “moneta elettronica” come il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento ai sensi dell’articolo 4, punto 5), della direttiva 2007/64/CE e che sia accettato da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente di moneta elettronica.

Premesso che risulta praticamente impossibile configurare il bitcoin alla stregua di un credito nei confronti dell’emittente (ovverosia del miner), va, in secondo luogo, rilevato che la Direttiva europea presuppone che l’emissione di moneta elettronica sia effettuata da appositi soggetti (“gli emittenti”) soggetti ad un rigoroso regime autorizzatorio e sottoposti al controllo delle competenti autorità statuali. Tutto l’opposto di ciò che avviene nel bitcoin, dove vi è la decentralizzazione tipica delle reti P2P.

Pertanto, il bitcoin non può, ad oggi, qualificarsi come “moneta elettronica”.

Avendo riguardo alla natura del bitcoin (la rappresentazione informatica di una scritturazione contabile) si potrà propendere per ricondurlo all’ampio genus dei beni mobili di cui all’art. 810 c.c. (“sono beni mobili le cose che possono formare oggetto di diritti”) ed eventualmente alla più ristretta categoria del “documento informatico”.

3. Il bitcoin può essere utilizzato legalmente per acquistare beni e servizi?

La domanda si presenta, a prima vista, estremamente complessa, anche se in realtà la questione è molto più semplice di quanto non appaia.

Modifichiamo la domanda. È possibile acquistare un bene (es. “un libro) trasferendo la proprietà di un altro bene (es. “un orologio”)?

La risposta è ovviamente positiva, in quanto l’art. 1552 c.c. (“permuta”) testualmente prevede il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all’altro.

Per cui si potrebbe applicare lo schema della “permuta” anche al trasferimento di beni/servizi dietro trasferimento di bitcoin. In luogo dell’orologio, la controprestazione sarebbe costituita da un determinato quantitativo di “bitcoin”.

L’obiezione che verrebbe (e che viene ad oggi) mossa concerne la volatilità e la fluttuazione del valore del bitcoin (ad oggi 1 bitcoin vale circa $450). Ma le stesse perplessità varrebbero anche se la controprestazione fosse costituita dall’orologio.

Ipotizziamo un caso di scuola: Tizio trasferisce a Caio la proprietà di un libro (che lui valuta circa 50€) a fronte dell’acquisto della proprietà di un orologio di Caio (ritenuto dello stesso valore). Supponiamo che Tizio, successivamente, offra in vendita su ebay l’orologio (per monetizzare) ma che non riesca a conseguire più di 15€.

Si può chiedere l’annullamento del contratto per una errata valutazione economica del bene? Secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità, la risposta è negativa (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 03/09/2013, n. 20148 (rv. 627680) L’errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto non incide sull’identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare)

A nostro avviso, identica sarebbe la soluzione del caso, laddove in luogo dell’orologio vi fosse una frazione di bitcoin. Tizio avrebbe potuto ritenere che la frazione di bitcoin dedotta nel contratto valesse 50€ invece dei 15€ effettivi ottenuti tramite i servizi di Exchange.

Pertanto, alla luce di questo primo post sui bitcoin si potrebbe sostenere la legalità delle transazioni condotte attraverso i bitcoin, utilizzando lo schema legale della permuta ex art. 1552 c.c.

Alcuni diritti riservati a PerfectHue

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Related Posts
AVVOCATO,

CERCHI SENTENZE SU CASI ANALOGHI AL TUO?

CASSAZIONE.NET 4.0 L'EVOLUZIONE DELLO STUDIO LEGALE
PROVA GRATIS
close-link
Avvocato, vuole gestire tutta la sua professione con un'App?....
PROVA  ORA GRATIS
close-image