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Costituisce reato di diffamazione, la condotta dell’amministratore di condominio che si rende autore dell’affissione, nell’atrio dello stesso, dell’elenco dei condomini morosi.

Il fatto da cui trae origine la decisione della Corte di Cassazione riguarda una sentenza del Tribunale di Messina con la quale era stato condannato l’amministratore del condominio per il delitto di cui all’art. 595 c.p. poichè questi si era reso autore dell’affissione, all’interno del condominio, di un documento contenente le situazioni di “persistenza di debito” di alcuni condomini dello stabile .

Tale decisione era stata argomentata dal Tribunale sull’assunto che la affissione dell’elenco dei condomini morosi essendo stata posta dall’amministratore sulla porta dell’ ascensore all’ingresso dello stabile, era ben visibile da chiunque avesse frequentato l’immobile e, pertanto, l’ affissione di tale elenco andava, secondo il Tribunale, “al di là dell’ambito di potenziale interesse della notizia” dei soli condomini.

Tale condotta, è stata ritenuta illecita anche dal punto di vista soggettivo.

Infatti, secondo il Tribunale il dolo, costituente l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 595 c.p. risulterebbe, nel caso di specie, essere perfettamente presente poichè la affissione delle rispettive posizioni debitorie dei condomini presenti all’interno di tale elenco costituiva un chiaro intento dell’amministratore di sottoporre ad una “pubblica gogna” coloro che non avevano pagato le rispettive quote.

A seguito di tale decisione veniva successivamente proposto ricorso presso la Corte di Cassazione.

La Suprema Corte nella decisione in esame ha affermato che, per costante giurisprudenza della medesima, il delitto di cui all’art. 595 c.p. può sussistere nell’ipotesi in cui la condotta del soggetto diffamante non si limiti solamente alla redazione dell’elenco, redatto all’esito di una assemblea condominiale, dei condomini morosi al pagamento degli oneri condominiali, ma tale atteggiamento sia accompagnato dalla affissione di tale elenco in un luogo accessibile, all’interno del condominio, ad un numero indeterminato di soggetti e non solamente ai condomini dell’edificio.

Tale contegno, secondo la Cassazione, risulterebbe pertanto confermato, nel caso in esame, anche dal punto di vista soggettivo poichè l’amministratore del condominio era in questo caso a conoscenza della potenzialità comunicativa lesiva dell’onore e della reputazione dei condomini morosi, poichè la conoscenza  del loro status era, in questo caso, visibile e percepibile anche da terzi soggetti “estranei” al condominio.

Pertanto, sulla base di tali considerazioni rigettando il ricorso presentato dall’amministratore del condominio ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina con la quale era stato condannato l’amministratore per il delitto di cui all’art. 595 c.p.

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