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La tutela della privacy dei soggetti intervistati da una trasmissione televisiva potrebbe apparire un tema di minor rilievo, ma, come spesso accade, le cose che si ritengono facili in realtà nascondono numerose insidie.

Il caso

Nel 2001 un uomo veniva fermato fuori da una discoteca da una ragazza, la quale lo aveva invitato a salire sulla propria autovettura, dove lo aveva interpellato su comportamenti ed opinioni attinenti alla sfera sessuale e sull’uso dei contraccettivi, nonché sulla sua intenzione di avere rapporti sessuali senza precauzioni.

L’uomo decideva di rivolgersi al Tribunale per richiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’intervista, sostenendo di non aver ricevuto alcuna informativa e di non aver prestato il consenso (scritto) al trattamento dei propri dati personali (comuni e sensibili).

La difesa

La trasmissione televisiva si difendeva sostenendo che:

  1. non era necessario il consenso dell’intervistato espresso in forma scritta, secondo quanto previsto dall’art. 11 della L. 675/96 (legge applicabile ratione temporis)
  2. l’intervistato era consapevole di essere intervistato da una trasmissione televisiva (infatti, oltre alla ragazza intervenivano anche noti personaggi della suddetta trasmissione), per cui il suo comportamento equivaleva ad espressione del consenso (veniva, quindi, equiparato il consenso espresso per iscritto a quello documentato tramite registrazione)
  3. si sarebbe dovuto applicare l’art. 96 della L. 633/1941 (diritti relativi al ritratto) – in quanto lex specialis – che prevede la possibilità di utilizzare le immagini anche con il consenso tacito o implicito dell’interessato
  4. in ogni caso non sarebbero stati provati i danni non patrimoniali subiti

Il punto della Cassazione

Con ordinanza n. 16358/18 la Suprema Corte conferma la pronuncia di secondo grado, condividendone, di fatto, l’impianto argomentativo.

Inapplicabilità della L. 633/1941

I Giudici di legittimità hanno in primo luogo evidenziato che la disciplina della Legge sul diritto d’autore (l. 633/1941 sopra citata) relativa all’uso delle immagini non può applicarsi alla fattispecie in questione, in quanto la vicenda è più complessa e riguarda una registrazione audio/video di

un incontro artatamente preordinato in specifiche cirostanze di tempo e di luogo … [omissis] … e delle risposte rese dall’inconsapevole [omissis]  alle domande poste da un soggetto provocatore su temi privati e sensibili afferenti anche alla sfera sessuale

E’ stato così precisato che la privacy dei soggetti intervistati merita di essere tutelata secondo quanto previsto dalla propria disciplina specifica.

In particolare, nel caso concreto non era stata fornita all’interessato l’informativa sul trattamento dei dati personali e non era stato acquisito il consenso dello stesso in forma scritta.

Modalità di acquisizione del consenso

Su questo ultimo punto i Giudici di Piazza Cavour sottolineano come l’art. 11 della L. 675/96 debba essere letto in combinato disposto con il successivo art. 22, il quale prescriveva la necessità del consenso scritto dell’interessato per il trattamento dei dati sensibili (tra cui, ricordiamo, rientrano quelli attinenti “allo stato di salute e alla vita sessuale“).

Ma l’argomentazione della Cassazione (che sul punto riprende quella della Corte d’Appello) merita di essere approfondita: viene, infatti, evidenziato come

il consenso, che non si limita ad una formalità, deve consentire di identificare i limiti di tempo, luogo, scopo e forma della pubblicazione

Si tratta del noto principio del “consenso informato”.

La Suprema Corte, in altre parole, ha inteso sottolineare come l’acquisizione per iscritto del consenso al trattamento dei dati personali sensibili non si risolva in una questione di mera formalità (forma scritta appunto), bensì richieda un procedimento che garantisca consapevolezza nell’interessato sull’ambito temporale e spaziale, nonché sulle finalità e modalità, del trattamento dei propri dati.

Cosa cambia con il GDPR?

Come noto, il Regolamento UE 2016/679 non richiede più espressamente il consenso in forma scritta per il trattamento dei dati sensibili  (rectiuscategorie particolari di dati personali“).

L’art. 9, infatti, tra le diverse basi giuridiche di liceità del trattamento di questa categoria di dati, prevede che il consenso debba essere “esplicito“, per cui è possibile sostenere che in futuro possa essere sufficiente un consenso documentato per iscritto o mediante una registrazione audio/video.

Tuttavia, ciò che appare importante sottolineare è che, al di là degli obblighi formali (forma scritta o meno), quello che traspare dalla lettura della sentenza in commento è la necessità di dimostrare che il consenso sia stato acquisito e non carpito o indotto o dedotto da comportamenti taciti dell’interessato.

Tutela della privacy dei soggetti intervistati: il risarcimento danni

Da ultimo segnaliamo come la pronuncia di secondo grado sia stata confermata non solo in punto an, ma anche con riferimento al quantum.

E’ stato, infatti, ritenuto corretto il ragionamento effettuato dalla Corte d’Appello relativamente al pregiudizio morale subito dall’intervistato (vedi anche Cass. 13/02/2018, n. 3426) e che ha riguardato la sua sfera sentimentale e lavorativa, dove è stato oggetto di scherno da parte di colleghi e superiori per le dichiarazioni rilasciate.

 

CONTATTI

Avv. Daniele Costa

KBL Law

daniele.costa@kbl-law.com

 

L’immagine del post è stata realizzata da rafabendo, rilasciata con licenza CC.

 

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