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Caparra confirmatoria e acconto: si tratta di due fondamentali istituti civilistici che, però, assolvono a due funzioni diametralmente opposte. In questo post vi spieghiamo come distinguere le due ipotesi.

Caparra confirmatoria e acconto: cosa accade in caso di adempimento?

In primo luogo, dobbiamo evidenziare che sia la caparra confirmatoria che l’acconto implicano la materiale consegna (noi giuristi utilizziamo la parola “dazione”) di una somma di danaro ad un altro soggetto.

Iniziamo la nostra analisi dall’acconto. Esso assolve ad una finalità di mera “prenotazione” di un determinato bene o servizio. Solitamente, per essere più chiari, consiste nel versamento di una “parte” del prezzo. Facciamo un esempio: Tizio intende acquistare una autovettura di Sempronio al prezzo complessivo di € 10.000. Le parti sottoscrivono un comune contratto di compravendita e prevedono espressamente il versamento di un acconto pari a € 2.000. Al momento del saldo, Tizio dovrà versare solo la differenza di € 8.000.

Dall’altro lato, la caparra confirmatoria sembra operare in una modalità simile. Tornando al caso dell’acquisto dell’autovettura, laddove il versamento dei 2.000 euro iniziali fosse stato previsto non come acconto, bensì a titolo di caparra confirmatoria, al momento del saldo, Tizio sarà sempre tenuto a versare solo la differenza di € 8.000.

Possiamo quindi dire, in prima lettura, che in caso di adempimento, sia l’acconto, sia la caparra confirmatoria verranno imputati alla prestazione dovuta.

Caparra confirmatoria e acconto: cosa accade in caso di inadempimento?

In presenza di un inadempimento (ossia nel caso in cui una delle parti non abbia onorato le obbligazioni nascenti dal contratto), le cose cambiano e di molto.

Vediamo di andare per ordine. Nella prima ipotesi esaminata, ossia in caso di versamento di un acconto sul prezzo, in presenza di un inadempimento, la parte che ha ricevuto l’acconto sarebbe tenuta a restituirlo all’altra.

Perché accade questo? Perché il versamento di quei 2.000 euro trovavano la loro giustificazione nel contratto di compravendita, ossia nello scambio della proprietà dell’autovettura con il pagamento del prezzo. In caso di inadempimento (es., Tizio non vuole più acquistare o Sempronio non vuole più vendere) si perderebbe la “ragione” che giustificherebbe quell’attribuzione patrimoniale. Di qui la necessità di restituzione.

Il lettore attento potrebbe obiettare: “ma quindi in caso di versamento di un acconto non ci sarebbe nessuna responsabilità in caso di inadempimento se sono comunque costretto a restituire l’acconto”.

Non è così, tecnicamente, la parte adempiente, alla luce dei principi generali (art. 1453 c.c.) avrà, comunque, titolo per richiedere, in ogni caso, il risarcimento del danno subito.

Nel caso in cui la dazione di denaro sia qualificata come caparra confirmatoria, la disciplina applicabile è ben diversa. La parte adempiente ha a disposizione lo strumento del recesso, ossia potrà sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale e si potranno verificare due ipotesi:

  • se la parte adempiente è quella che ha dato la caparra, potrà richiedere la restituzione del doppio;
  • se la parte adempiente è quella che ha ricevuto la caparra, potrà, invece, trattenerla.

Individuare una precisa funzione alla caparra confirmatoria non è semplice.

Alcuni autori (BIANCA, Dir. Civile, Milano, 1994)  parlano di una triplice funzione della caparra:   i) garanzia, ii) autotutela e iii) preventiva liquidazione del danno. La giurisprudenza, in linea di massima, oscilla tra la funzione di liquidazione anticipata del danno (Cass. civ. Sez. Unite, 14/01/2009, n. 553) e di garanzia (Cass. civ. Sez. II, 16/03/2006, n. 5846 (rv. 588962)

Caparra confirmatoria e acconto: come si capisce se siamo di fronte ad una caparra o ad un acconto?

Molto spesso, nella pratica, capita che determinate operazioni non siano adeguatamente contrattualizzate e che vengano corrisposti dei non meglio precisati “anticipi” senza chiarire se si tratti di acconto o caparra.

La questione si risolve, tuttavia, in un modo molto semplice.

Secondo la giurisprudenza dominante, perché si abbia una “caparra” è necessaria una inequivoca manifestazione di volontà. Il principio è stato ben espresso da Trib. Monza 12/09/2007, secondo cui, qualora sussista il dubbio sulla qualificazione di una pattuizione quale caparra confirmatoria piuttosto che acconto, il dubbio medesimo va risolto in favore della seconda qualificazione, atteso che la caparra confirmatoria richiede una prova rigorosa (cfr. Cass., 22 agosto 1977, n. 3833).

Come deve essere espressa tale “inequivoca manifestazione di volontà”?

In primo luogo, sarà necessario inserire una specifica clausola con la quale precisare che: la Parte Acquirente versa alla Parte venditrice, a titolo di caparra confirmatoria, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1385 c.c., l’importo di euro ………”.

Tuttavia, per completezza di esposizione, segnaliamo che la qualificazione di una dazione di denaro come caparra esige una prova particolarmente rigorosa.

A titolo di esempio, la giurisprudenza ha anche affermato (Cass. Civ. 3014/1985) che: “L’anticipato versamento di una somma di danaro di una quantità di altre cose fungibili può costituire una caparra confirmatoria ove, nell’intenzione delle parti, dette cose siano date per conseguire gli scopi pratici di cui all’art. 1385 c. c., con riferimento anche alle ipotesi di inadempimento del contratto; ne consegue che per il positivo riscontro della predetta qualificazione il giudice del merito è tenuto ad indagare in ordine all’effettiva intenzione delle parti, attraverso l’esame del complessivo regolamento contrattuale dalle stesse voluto, non essendo sufficiente il merito elemento formale della denominazione come caparra da quelle adoperata in riferimento al versamento stesso.”

Ciò vuol dire che non sarà sufficiente utilizzare una buona formuletta, come quella sopra indicata, ma occorrerà verificare che, dal complessivo andamento del testo contrattuale, effettivamente quella somma sia corrisposta proprio per conseguire gli scopi pratici di cui all’art. 1385 c.c.

In aggiunta, si è precisato che un indice sintomatico della presenza di una caparra si può ravvisare in una proporzione (25-30%) del prezzo complessivo. Viceversa, in presenza di un “anticipo” del tutto sproporzionato rispetto al prezzo complessivo, si dovrebbe escludere la qualificazione di “caparra”. A titolo di esempio, si V. Cass. 13495/2015, secondo cui, In tema di caparra confirmatoria, la Corte Costituzionale, nel respingere l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 1385, comma 2°, c.c., ha espressamente attribuito rilevanza, ai fini del necessario e coerente giudizio di corrispondenza del nomen iuris rispetto all’effettiva funzione della caparra confirmatoria, alla sproporzione tra caparra ed intero valore delle prestazioni oggetto del contratto.

In conclusione, alcuni brevi suggerimenti:

  • specificare sempre nel contratto, con un linguaggio chiaro e comprensibile, a che titolo si sta consegnando una somma di denaro alla controparte;
  • assicurarsi che, comunque, dal tenore complessivo del contratto, si capisca se si tratti di acconto o caparra;
  • dimensionare la somma di denaro consegnata, alla luce degli scopi da perseguire.

L’immagine del post è realizzata da Mario Antonio Pena Zapateria.

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