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La dichiarazione espressa di riconciliazione preclude il divorzio anche se la convivenza non viene ripristinata

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In materia di diritto di famiglia, come noto, l'art. 157 c.c. consente ai coniugi di far cessare gli effetti della sentenza di separazione senza l'intervento del giudice.

Per fare ciò, le parti possono procedere sia tramite un'espressa dichiarazione in tal senso, sia tenendo un “comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione”.

Nel caso sottoposto all'esame della Suprema Corte, i coniugi avevano proceduto a redigere una dichiarazione di riconciliazione, ma, successivamente, uno di essi si era pentito della scelta effettuata.

I Giudici di Piazza Cavour (Cass. n. 334/12) hanno però ritenuto che tale “pentimento” non potesse avere effetti, statuendo sul punto che “la dichiarazione espressa di riconciliazione dei coniugi separati, prevista dall'art. 157 cod. civ., ha efficacia riconciliativa autonoma rispetto al comportamento delle parti: ne consegue che, quando i coniugi abbiano liberamente manifestato in modo espresso ed inequivoco il loro attuale ed incondizionato animus conciliandi, a nulla rileva che l'effettiva ripresa della convivenza non sia seguita per motivi di forza maggiore o per il successivo pentimento di uno di essi o perfino per uno specifico loro accordo in proposito (cfr. Cass. n. 1883 del 1979)”.

La Cassazione ha quindi specificato che tale principio di diritto deve essere applicato anche nel caso in cui entrambi i coniugi decidano di ritornare sui loro passi, proprio perchè il nostro ordinamento conferisce autonoma rilevanza alla dichiarazione ex art. 157 c.c..

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI CIVILE

Ordinanza 12 gennaio 2012, n. 334

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Collegio, all'esito dell'adunanza in camera di consiglio del 24.11.2011, svoltasi con la presenza del Sost. Proc. Gen. dr F. S., osserva e ritiene:

il relatore designato, nella relazione depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., ha formulato la proposta di definizione che di seguito interamente si trascrive: “Il relatore, Cons. M.C. G., esaminati gli atti, osserva:

S.C. ha debitamente proposto ricorso per cassazione nei confronti del coniuge M.A., che non ha svolto attività difensiva l'impugnazione è rivolta contro la sentenza resa in data 23-31.03.2010 (notificata il 20.05.2010) dalla Corte di Appello di Caltanissetta, di rigetto del gravame proposto dalla S. avverso la sentenza n. 151 del 14.05.2008, con cui il Tribunale di Gela aveva dichiarato improponibile per difetto dei requisiti di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 3, n. 2 lett. b) la sua domanda (di cui al ricorso depositato il 28.09.2005) di cessazione degli effetti civili del matrimonio, contratto il (OMISSIS) con il M. dall'impugnata pronuncia emerge:

a) che il Tribunale aveva ritenuto che il M., tramite il deposito di copia del verbale relativo all'udienza presidenziale svoltasi in un precedente analogo giudizio di divorzio ( (OMISSIS)), aveva dimostrato che in quella sede le parti avevano dichiarato di avere ripristinato la loro convivenza spirituale e materiale, propria della vita coniugale, che tale dichiarazione era sufficiente, ai sensi dell'art. 157 c.c., a fare cessare gli effetti della precedente separazione personale e che comunque la S. non aveva provato l'esistenza dei presupposti per ottenere il divorzio dal coniuge; b) che dal suddetto verbale si evinceva la espressa e comune dichiarazione delle parti di avere ripristinato la convivenza spirituale e materiale propria della vita coniugale, dichiarazione che doveva ritenersi espressa nella piena consapevolezza dei dichiaranti ed a cui andavano collegati gli effetti dell'art. 157 c.c.. che tale esplicita dichiaraz

ione integrava un accordo familiare tra i coniugi, insuscettibile di essere inficiato da una mera revoca unilaterale ed implicita, quale quella espressa dalla S., e la relativa portata rendeva inammissibile ogni altro mezzo istruttorio chiesto dall'appellante, dovendosi ritenere esaustiva dei presupposti contemplati dall'art. 157 c.c. per la cessazione della separazione. A sostegno dell'impugnazione la S. deduce i seguenti motivi:

1) Violazione dell'art. 157 c.c. (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5) per omessa, manifesta insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla pretesa riconciliazione dei coniugi.

2) Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 3, comma 1, n. 2, lett. b e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione all'onere di provare le condizioni dedotte in procedura a carico del coniuge che eccepisce la mancata riconciliazione – i due motivi, esaminabili congiuntamente, sono manifestamente privi di pregio, giacchè: a) l'impugnata sentenza si rivela aderente al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale, in quanto:

– secondo l'ari. 157 cod. civ., i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della loro separazione legale, senza che sia necessario l'intervento del giudice, o con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione;

– dunque, per rimuovere la situazione concreta e giuridica determinata dal provvedimento giudiziale deve verificarsi la riconciliazione dei coniugi con i requisiti previsti dalla legge e cioè la ricostituzione del consorzio familiare nei suoi rapporti materiali e spirituali oppure un'espressa dichiarazione in tal senso (cfr cass. n. 559 del 1982).

– la dichiarazione espressa di riconciliazione dei coniugi separati, prevista dall'art. 157 cod. civ., ha efficacia riconciliativa autonoma rispetto al comportamento delle parti: ne consegue che, quando i coniugi abbiano liberamente manifestato in modo espresso ed inequivoco il loro attuale ed incondizionato animus conciliandi, a nulla rileva che l'effettiva ripresa della convivenza non sia seguita per motivi di forza maggiore o per il successivo pentimento di uno di essi o perfino per uno specifico loro accordo in proposito (cfr. Cass. n. 1883 del 1979).

– l'accordo fra i coniugi, idoneo a far cessare gli effetti della separazione personale secondo la previsione dell'art. 157 cod. civ., integra una convenzione di diritto familiare, alla quale sono applicabili i principi generali in tema di formazione del consenso (cfr Cass. n. 2948 del 1983) e relativa efficacia. b) nella specie il M. ha compiutamente assolto il suo onere probatorio, dimostrando documentalmente l'eccepita cessazione degli effetti della separazione a seguito dell'espressa dichiarazione di riconciliazione, resa da lui e dalla moglie. c) la S., in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, ha inoltre omesso di trascrivere le sue richieste istruttorie, in tesi disattese.

– il ricorso può, quindi, essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per esservi respinto.

– la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero, che non ha presentato conclusioni scritte, e notificata al difensore della S., che non ha depositato memoria avverso le proposte contenute nella relazione non è stata, quindi, mossa alcuna osservazione criticale emergono elementi che possano portare a conclusioni diverse da quelle rassegnate nella condivisa relazione di cui sopra il ricorso va, quindi, respinto.

– non deve statuirsi sulle spese del giudizio di cassazione, dato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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