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I Giudici di Piazza Cavour si sono occupati di un tema di stretta attualità che, con ogni probabilità, occuperà in futuro uno spazio sempre più ampio nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale: stiamo parlando del diritto all’aggiornamento delle notizie pubblicate sui siti internet.

Il caso in questione riguarda un articolo, pubblicato sul sito internet di un noto quotidiano nazionale, intitolato “Arrestato per corruzione T.M., psi ex presidente della municipalizzata di Seregno”.

Il soggetto coinvolto si lamentava del fatto che la notizia non era stata aggiornata, così che chi leggeva quel pezzo continuava a farsi l’idea che quella persona fosse un corrotto, senza dar conto degli esiti processuali favorevoli allo stesso.

Il Tribunale di Milano aveva respinto la domanda, sul presupposto che “l’articolo di stampa in oggetto è pacificamente privo di carattere diffamatorio; le notizie potenzialmente lesive pubblicate risultano infatti scriminate, poiché costituiscono concreto esercizio del diritto di cronaca giudiziaria e di critica politica» sicché «ne discende quale ineludibile corollario che l’inserimento del detto articolo storico del Corriere della Sera è del tutto lecito», non potendo «essere correttamente vantato il diritto all’oblio da parte del ricorrente» in quanto «nel caso di specie non si tratta di una nuova ed ulteriore veicolazione della vecchia notizia, ma del medesimo articolo, esaminabile, non già perché nuovamente ripubblicato ovvero citato in un diverso articolo di stampa pubblicato su un numero corrente del corriere delle Sera, ma solo attraverso l’accesso all’archivio del giornale, quale “componente” dell’archivio stesso».

Era inoltre precisato che “non potrebbe apportarsi l’aggiornamento richiesto mediante l’inserimento di una sorta di “sequel” nell’articolo contenuto in archivio» in quanto «l’alterazione del testo farebbe venir meno il valore di documento del testo stesso, vanificandone così la funzione storico-documentaristica”.

Proseguiva poi sostenendo non esservi “alcuna fonte normativa fondante in capo all’autore – ovvero all’editore – un onere di aggiornamento delle notizie negative pubblicate a carico di un determinato soggetto, nemmeno per quanto specificamente riguarda le notizie di cronaca giudiziaria». Sostiene che la «richiesta di condannare parte resistente all’inserimento di un banner, sorta di bandierina che richiami a lato dell’articolo d’archivio un diverso documento da cui emerga positivo dei processi celebrati a carico del M. … è una richiesta che dovrebbe eventualmente essere rivolta non a parte resistente, ma alla società responsabile del motore di ricerca, cui competono la scelta e l’eventuale modifica dei criteri di risposta alle stringhe di ricerca digitale dall’utente».

Infine i giudici negavano la configurabilità del diritto all’oblio in capo a un soggetto che tuttora ricopriva un ruolo attivo nella vita politico-istituzionale del Paese, per cui appariva esservi tuttora un interesse pubblico alla conoscenza delle notizie inerenti la sua persona.

La Corte di Cassazione (n. 5525/12) ribalta completamente il dictum dei giudici di primo grado, ritenendo invece sussistente il diritto dei cittadini a vedere aggiornate le notizie che li riguardino.

Gli Ermellini partono dal presupposto che il d.lgs. n. 196 del 2003 ha sancito il definitivo passaggio da una concezione statica a una concezione dinamica della tutela della riservatezza, tesa al controllo dell’utilizzo e del destino dei dati, così che l’ interessato è divenuto compartecipe nell’utilizzazione degli stessi.

Proseguono poi nello statuire che “I dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati”.

L’interessato ha quindi diritto a che l’informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale (c.d. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza) (art. 11 d.lgs. n. 196 del 2003)”.

Gli è pertanto attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione (art. 7 d.lgs. n. 196 del 2003)”.

Non è pertanto sostenibile, come fatto dal quotidiano, che nel caso di specie non vi sarebbe alcuna lezione dell’immagine e dell’integrità personale in quanto, utilizzando un qualsiasi motore di ricerca, il cittadino avrebbe potuto prendere cognizione dell’intervenuto proscioglimento.

Inoltre, precisano i giudici di legittimità “se l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione (art. 21 Cost.) costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza (artt. 21 e 2 Cost.), al soggetto cui i dati pertengono è correlativamente attribuito il diritto all’oblio (v. Cass., 9/4/1998, n. 3679), e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultano ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati” e che quindi, in mancanza del requisito dell’attualità, appare doveroso cancellare.

Al di là dei notevoli contrasti su tale ultimo punto, determinati anche da considerazioni filosofiche, nonché etico-morali, è necessario precisare come il tema del diritto all’oblio si intrecci con il profilo pubblico del soggetto coinvolto, così che maggiore sarà la sua conoscibilità minori saranno gli spazi di tutela della propria privacy.

Pertanto appare non del tutto condivisibile l’idea di un diritto all’oblio esclusivamente legato al passare del tempo, perchè se la notizia riguarda un soggetto tuttora coinvolto nella vita politico-istituzionale del Paese, è auspicabile, a parere del sottoscritto, che i cittadini conoscano determinati eventi della sua vita.

La sentenza in questione si segnala non solo per aver ribadito il diritto all’aggiornamento delle notizie, sia che siano pubblicate sulle pagine di un sito, sia che siano conservate negli archivi storici, ma anche per aver statuito che l’obbligo dell’aggiornamento non spetta al motore di ricerca (ad es. Google), bensì ai cd. siti sorgente, cioè ai titolari delle informazioni pubblicate.

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