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Il Tribunale di Varese, con ordinanza n. 6796 del 20 dicembre 2011, stabilisce la non obbligatorietà della mediazione nei casi di diffamazione avvenuta tramite telefono o voce.

L’art. 5, comma 1, D.Lgs 28/2010, infatti, prevede l’obbligo della mediazione per “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di responsabilità da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità”.

Secondo il Giudice di prime cure “la diffamazione a mezzo della voce o del telefono non integra gli estremi di quella a mezzo stampa, essendo evidente la disomogeneità strutturale e genetica dei due strumenti diffamatori”.

Questi ha inoltre ritenuto che, trattandosi di un’ipotesi di giurisdizione cd. condizionata, non sia possibile interpretare in via analogica o estensiva le norme che prevedono tali condizioni di procedibilità, in conformità con l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 403 del 2007.

Tribunale di Varese

Ordinanza 20 dicembre 2011, n. 6796

(Giudice Buffone)

Fatto e diritto

L’atto di citazione è stato notificato dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 28/2010 e, dunque, nella vigenza della mediazione cd. obbligatoria per le controversie identificate dal Legislatore nell’art. 5 comma 1 del decreto cit.

Tra le cause soggette all’obbligo della preventiva mediazione, rientrano le controversie da responsabilità civile per “diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità”. Nel caso di specie, guardando al petitum sostanziale, la responsabilità azionata dall’attore trae linfa da dichiarazioni e sms che la parte convenuta avrebbe reso e inviato sul luogo di lavoro della parte attrice. Si tratta, a ben vedere, di un evento identico (la presunta diffamazione) con uno strumento diverso (stampa/pubblicità da un lato; telefono/voce dall’altro).

Reputa questo giudice che, in casi quale di specie, la mediazione non sia obbligatoria. L’istitu

to tipizzato dal legislatore nel decreto 28/2012 va inquadrato sistematicamente nell’ambito delle ipotesi di giurisdizione cd. condizionata, in cui si frappone tra l’utente e l’accesso alla giustizia una condizione di procedibilità. La giurisprudenza Costituzionale, al riguardo, ha, in genere enunciato il principio generale per cui deve essere garantito l’accesso immediato alla giurisdizione ordinaria, ed ha ammesso che questo può essere ragionevolmente derogato; ha, però, precisato che, in questo caso (e, cioè, dove si introduca una giurisdizione cd. condizionata), ciò può avvenire con norne ordinarie che debbono essere considerate “di stretta interpretazione” (Corte cost., sentenza n. 403 del 2007).

Orbene, l’art. 5, comma 1, d.lgs 28/2010 prevede testualmente l’obbligo della mediazione (per quanto qui interessa) per “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di responsabilità da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità”. Ebbene, la diffamazione a mezzo della voce o del telefono non integra gli estremi di quella a mezzo stampa, essendo evidente la disomogeneità strutturale e genetica dei due strumenti diffamatori.

Non essendo possibile l’interpretazione analogica o estensiva dell’art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, la norma non è quindi applicabile nel caso di specie (così già Trib. Varese, sez. I civ., ordinanza 10 giugno 2011 in materia di azione revocatoria ex art. 2901 c.c.).

E’ abbastanza evidente lo iato che si crea tra destinatari di un medesimo servizio pubblico (quello di Giustizia) e la difficoltà a reperire un valido appiglio di ragionevolezza per giustificare la diversità: ma sono rilievi che in questo giudizio non rilevano, posto che la parte attrice non è sottoposta alla mediazione obbligatoria e quindi non avrebbe motivi per dolersi della scelta legislativa.

P.Q.M.

RINVIA, l’udienza in data (omissis) ore 10.00 per l’udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c.

Si comunichi alle parti.

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