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Il Caso

Le deleghe concesse all’amministratore di una società sono revocabili? Vi sono dei limiti e/o delle condizioni per l’esercizio del potere di revoca?

Nel caso oggetto del presente provvedimento vi è un amministratore cui vengono revocate le deleghe gestire il quale, anche a causa di questa circostanza, decide di dimettersi dalla carica.

E’ necessario, quindi, precisare come la figura dell’amministratore e quella dell’amministratore con deleghe non sempre coincidano: i membri dell’organo amministrativo, infatti, vengono eletti dall’assemblea e il consiglio di amministrazione (“CDA“) può poi decidere se esercitare i poteri in sede consiliare (prendendo, quindi, le decisioni a maggioranza) oppure, come spesso accade, delegare alcuni poteri gestori cd. ordinari ad uno o più dei suoi componenti.

Tornando all’interrogativo da cui siamo partiti, si segnala che l’unica norma che disciplina i limiti al potere di revoca è l’art. 2383 c.c., comma 3, secondo cui, in caso di revoca dell’amministratore senza giusta causa, quest’ultimo ha diritto al risarcimento dei danni subiti.

Tale disposizione, tuttavia, si applica al caso della revoca dall’incarico di membro del CDA e non alla diversa ipotesi di revoca delle deleghe gestorie conferite.

L’art. 2383 c.c., comma 3, è applicabile anche a questa diversa fattispecie?

La Sentenza

Con la sentenza n. 4954/2020 la Suprema Corte ha aderito alla tesi dell’applicabilità del limite previsto dall’art. 2383 c.c., comma 3 anche alle ipotesi di revoca delle deleghe gestorie.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour, infatti, l’applicazione estensiva della norma è giustificata dal fatto che “ricorre la stessa ratio in base alla quale, pur nella libertà del conseguimento degli interessi e degli obiettivi societari, occorre, in assenza di “giusta causa”, tenere conto del sacrificio economico e sociale dell’amministratore conseguente alla revoca, soprattutto quando la delega comporti un’attività remunerata suscettibile di valutazioni professionali nel mercato dei “manager” (Cass., n. 7587/16)”.

Con il provvedimento in questione, inoltre, la Cassazione si pronuncia anche sulla questione – connessa con il potere di revoca – relativa a cosa si debba intendere con l’espressione “giusta causa”.

Secondo la Suprema Corte, vi è “giusta causa” non solo quando l’amministratore si è reso inadempiente ai propri doveri, bensì anche nel caso in cui vi sia la necessità di una profonda ristrutturazione dell’organico e delle funzioni specialistiche – specie nel campo della tecnologia e della normativa di sicurezza – che implicitamente incide negativamente sulla persistenza dell’affidamento inizialmente riposto sulle attitudini del ricorrente, senza peraltro che ciò debba necessariamente ridondare in condotte d’inadempimento da ascrivere al delegato (v. al riguardo Cass., n. 23381/13)”.

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