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Molto spesso mi chiedono quali sono gli strumenti di tutela nel caso di registrazione nome a dominio in malafede. In questo post vi spieghiamo, in linea di massima, quali sono le strategie percorribili.

Registrazione nome a dominio in malafede: i presupposti

Si parla di registrazione in mala fede, sostanzialmente, quando un soggetto procede alla registrazione di un dominio “.it” in violazione dei principi di correttezza professionale e/o allo scopo di trarre un indebito vantaggio.

Il Regolamento sulla risoluzione delle dispute nel ccTLD della Registration Authority Italiana, individua alcune circostanze che, se provate, costituiscono prova della registrazione in malafede (ma si tratta di una elencazione esemplificativa):

  1. Nome a dominio registrato in vista di una successiva cessione, concessione o qualsiasi forma di trasferimento al titolare di un diritto sul nome in questione (es. marchio registrato) o ad un suo concorrente, per un corrispettivo superiore ai costi di registrazione;
  2. Nome a dominio registrato per impedire al titolare di un diritto sul nome in questione di utilizzare tale nome in rete ed, al tempo stesso, utilizzarlo per svolgere attività in concorrenza;
  3. Nome a dominio registrato con lo scopo primario di danneggiare gli affari di un concorrente;
  4. Nome a dominio registrato con lo scopo di attrarre utenti di internet, ingenerando confusione, e per trarne profitto;
  5. Nome a dominio registrato sia un nome proprio ovvero una denominazione di un ente privato o pubblico che non abbia alcun collegamento con il registrante.

Come si dimostrano queste circostanze?

Nell’ambito della procedura di riassegnazione, il ricorrente (ossia colui che vuole richiedere il trasferimento forzoso del nome a dominio) dovrà depositare una memoria, con eventuali allegati, allo scopo di evidenziare all’organo giudicante la sussistenza di una delle circostanze sintomatiche della registrazione in malafede.

Registrazione nome a dominio in malafede: alcuni casi interessanti

Di seguito, indichiamo brevemente alcuni casi interessanti dove è stata ravvisata la malafede nella registrazione:

  • Venezia 27 maggio 2013 – si trattava della registrazione di un nome a dominio effettuata dal presidente del C.d.A. di una società in nome proprio (invece che a nome della società) pur consapevole che il nome a dominio corrispondeva al sostantivo utilizzato dalla società come marchio di fatto e come denominazione sociale e, inoltre, tenendo conto che i rinnovi erano sempre stati effettuati a spese della società;
  • 8 luglio 2010 – si trattava della registrazione di un nome a dominio identico alla denominazione ed al marchio registrato di una nota azienda produttrice di scarpe, in cui lo scopo era quello di trarre un indebito profitto, in quanto era stata creata una pagina di domain parking piena di link pubblicitari ad aziende attive nello stesso ambito merceologico;
  • 7 maggio 2012 – si trattava della registrazione di un nome a dominio identico alla denominazione ad al marchio registrato di una nota società italiana attiva nel settore del gioco d’azzardo online, in cui lo scopo era quello di: i) offrire in vendita il nome a dominio a terzi; ii) inserire link pubblicitari ad altre aziende attive nel medesimo settore merceologico. In particolare, veniva ravvisata la circostanza di cui alla lettera d) dell’art. 3.7., sopra esaminato, consistente nell’attrazione di utenti di internet, ingenerando confusione e traendone profitto.
  • 18 aprile 2011 – si trattava della registrazione di un nome a dominio identico al nome proprio di un noto calciatore italiano, famoso a livello internazionale. La mala fede è stata ravvisata nel fatto che il registrante non avesse nessun tipo di collegamento con il nome proprio del calciatore in questione

Registrazione nome a dominio in malafede: quali azioni?

Nel caso in cui si voglia agire contro un intestatario di un nome a dominio, perché si ritiene che quest’ultimo abbia registrato in malafede, sostanzialmente, varie sono le strategie percorribili:

  • Un ricorso all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, eventualmente anche nelle forme della richiesta di un provvedimento d’urgenza (art. 700 c.p.c.);
  • Un arbitrato, laddove la controparte aderisca alla procedura;
  • Una negoziazione assistita da avvocati, sempre nel presupposto della cooperazione della controparte;
  • La Procedura di riassegnazione, gestita da apposite organizzazioni private accreditate (cd. enti risolutori) che si conclude con un provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza. La procedura può essere attivata anche ove la controparte sia irreperibile o non intenda partecipare.

L’immagine del post è realizzata da India7 Network

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