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Non può essere riconosciuta nel nostro ordinamento una sentenza pronunciata dall’Alta Corte di Asmara (Etiopia) avente ad oggetto il riconoscimento del rapporto di filiazione di un cittadino etiope nato da una relazione tra un uomo successivamente trasferitosi in Italia e una donna Etiope, per violazione dei diritti del contradditorio e della difesa. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17463 del 7 luglio 2013.

Con la decisione qui commentata la S.C. ha, infatti, chiarito, in primo luogo, che il riconoscimento della sentenza straniera in materia di filiazione soggiace al regime generale di cui all’art. 64 della L. 218/1995 e non a quello “speciale” previsto dal successivo art. 65 (limitato al riconoscimento dei “provvedimenti” in materia di stato e capacità delle persone).

Giova ricordare, sul punto, che, ai sensi dell’art. 64 della L. 218/1995, una sentenza straniera per essere riconosciuta (a seguito di contestazione) o eseguita in Italia deve rispettare una serie di requisiti, fra i quali, per quanto qui interessa, quello di cui alla lett. b). Si richiede, infatti, che  l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;

Nel caso di specie, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio era avvenuta in conformità della legge processuale etiope, mediante pubblicazione in un quotidiano eritreo della notizia della fissazione della udienza.

Ciò nonostante, la S.C., confermando la decisione della Corte d’Appello, ha, comunque, ravvisato la violazione dei diritti essenziali della difesa, ritenendo che la procedura di notificazione de qua, pur rispettosa formalmente delle regole processuali etiopi, non risultasse, nella specie, adeguata a consentire che l’atto introduttivo del giudizio entrasse nella sfera di conoscibilità dei destinatari dell’atto, uno dei quali trasferito in Italia da molti anni (e poi deceduto), gli altri residenti in Italia. Di qui il diniego del riconoscimento della sentenza straniera.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato in data 22/24 maggio 2008, C.L. espose di essere nato il (OMISSIS) in (OMISSIS) da una relazione extraconiugale fra C.P., cittadino italiano, vissuto a (OMISSIS) e poi emigrato ad (OMISSIS), quindi rientrato in Italia, dove era deceduto l’ (OMISSIS), e A.G.M., di nazionalità eritrea; che era stato registrato dalla madre avanti all’ufficiale di stato civile di (OMISSIS) e che con sentenza del locale tribunale tale registrazione era stata dichiarata valida; che si era trasferito in (OMISSIS) e nello (OMISSIS) ed era poi rientrato in patria nel (OMISSIS);

che, dopo aver appreso della possibilità di ottenere il riconoscimento del rapporto di filiazione rispetto a C. P., aveva proposto la relativa domanda, cui era seguita la sentenza n. 33 del 2000, della quale chiedeva la delibazione; che in data 12 aprile 2001 aveva effettuato la dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana, ai sensi della L. n. 1 del 1992, art. 2, comma 2, presso l’Ambasciata d’Italia ad (OMISSIS), che aveva trasmesso la relativa documentazione al Sindaco di Pedrengo per la trascrizione della dichiarazione nei registri dello stato civile del Comune di Pastrengo; che il Procuratore della Repubblica di Bergamo aveva espresso parere negativo a detta trascrizione.

Ciò premesso, C.L. chiese alla Corte d’appello di Brescia l’accertamento della sussistenza dei requisiti del riconoscimento della sentenza n. 33 del 2000 dell’Alta Corte di Asmara, osservando che la L. n. 218 del 1995, art. 64, disciplina i casi in cui la sentenza straniera è riconosciuta in Italia automaticamente, e che l’art. 65 della stessa legge stabilisce che la medesima efficacia possono avere i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone ed all’esistenza di rapporti di famiglia o diritti della personalità quando producono effetti in quello Stato, purchè non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa, mentre il parere negativo espresso dal P.M. era basato sull’assunto del mancato rispetto della condizione di cui all’art. 64, lett. c) – che non avrebbe dovuto trovare applicazione nella specie – sul rilievo che la Corte di Asmara aveva proceduto nella dichiarata contumacia di persona invece deceduta.

In ogni caso – concludeva il C. – pur volendosi reputare corretto il richiamo all’art. 64, lett. c), il provvedimento di cui si tratta avrebbe dovuto avere efficacia nel territorio della Repubblica, in quanto la contumacia era stata dichiarata in conformità alla normativa processuale vigente in Eritrea.

2. – Con sentenza depositata in data 7 aprile 2009, la Corte d’appello adita rigettò la domanda, individuando la norma da applicare nella L. n. 218 del 1995, art. 64, sicchè si sarebbe potuto riconoscere effetto in Italia alla sentenza straniera in questione a condizione che essa rispondesse ai requisiti richiesti dallo stesso articolo, e, in particolare, a quello di cui alla lettera b), con la conseguenza che l’indagine da compiere nella specie riguardava anzitutto le modalità con cui l’atto introduttivo del giudizio svoltosi in Asmara era stato portato a conoscenza del convenuto, quindi il requisito della non violazione dei diritti essenziali della difesa.

Nel processo instaurato presso l’Alta Corte di Asmara, la conoscenza da parte dei soggetti legittimati passivamente all’azione di dichiarazione giudiziale della paternità – C.P. ed, essendo lo stesso deceduto, i suoi eredi – era stata perseguita da C.L. unicamente attraverso la pubblicazione della notizia della fissazione dell’udienza nella copia del 28 marzo 2000 di un quotidiano eritreo. Tra l’altro, la causa era stata chiamata a brevissima distanza temporale rispetto alla predetta pubblicazione.

Tale modalità di notificazione, ancorchè conforme alla procedura prescritta nella Repubblica di Eritrea, secondo la Corte, non soddisfa, e non solo in relazione all’ordine pubblico interno, le esigenze espressamente tutelate dall’art. 64, lett. b) e dalla stessa L. n. 218 del 1995, art. 65, perchè inidonea ad integrare circostanze tali da far presumere addirittura la possibilità che i destinatari dell’atto potessero venirne a conoscenza.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre C.L., e, per esso, il suo procuratore generale C.M., sulla base di due motivi.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, artt. 64 e 65. Avrebbe errato la Corte di merito nel richiamare l’art. 64 quale norma di riferimento per la soluzione del caso sottoposto al suo esame, laddove sarebbe l’art. 65 della stessa legge la norma speciale da applicare nella materia dei rapporti di famiglia. Ciò posto, si rileva che la Corte bresciana ha individuato nella insussistenza del requisito di cui alla citata L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. b), il motivo fondante la pronuncia di rigetto della domanda di riconoscimento della sentenza dell’Alta Corte di Asmara, per essere avvenuta la notificazione del procedimento ai soggetti interessati mediante pubblicazione in un quotidiano eritreo della notizia della fissazione della udienza, in conformità alla legge eritrea, senza considerare che il predetto art. 64, come l’art. 65, si riferisce ai diritti di difesa, quale il diritto della parte di un giudizio di essere informata e giudicata secondo norme di legge e con riferimento alla legge applicabile nel luogo ove il processo si svolge. Nella specie, trattandosi di riconoscimento di paternità, la norma di riferimento è la citata L. n. 218 del 1995, art. 35, che prevede che le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale siano regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, e, quindi, nel caso di specie, la legge eritrea. Sicchè compito della Corte d’appello sarebbe stato solo quello di valutare se la legge del luogo fosse stata correttamente applicata e non fossero stati omessi adempimenti idonei a consentire una adeguata esplicazione del diritto di difesa secondo i principi di quella legge. Quanto al requisito del rispetto dell’ordine pubblico, richiamato quale presupposto fondamentale per il riconoscimento delle sentenze straniere, esso andrebbe valutato con riferimento agli effetti del provvedimento nel territorio dello Stato. Nella specie, non sussisterebbe alcuna violazione dell’ordine pubblico interno. Al contrario, in considerazione della particolare tutela concessa dall’ordinamento ai rapporti familiari, il giudice italiano avrebbe dovuto privilegiare in ogni caso il diritto del ricorrente al riconoscimento della sentenza con la quale era stato accertato il rapporto di filiazione, anche alla luce del comportamento processuale degli eredi di C.P., la cui contumacia nel giudizio innanzi alla Corte d’appello di Brescia dimostrava il loro disinteresse a proporre opposizione al riconoscimento dell’attuale ricorrente quale figlio naturale di C.P..

2. – Con il secondo motivo si deduce la omessa o comunque insufficiente motivazione su fatti decisivi per il giudizio. La Corte di merito non avrebbe motivato la propria decisione in ordine all’applicabilità nella specie dell’art. 64 piuttosto che della L. n. 218 del 1995, art. 65, nonostante l’eccezione in tal senso sollevata dal ricorrente, che aveva anche richiamato la giurisprudenza di legittimità sul punto. Ciò integrerebbe una palese violazione dell’art. 112 c.p.c., così come l’ingiustificato scostamento dalle motivazioni del parere del P.M., che, per addivenire alla conclusione della inaccoglibilità della richiesta del ricorrente, si era fondato sulla lett. e), e non sulla lett. b), della L. n. 218 del 1995, art. 64.

3. – Le censure, che, avuto riguardo alla stretta connessione logico- giuridica tra le stesse, possono essere esaminate congiuntamente, sono immeritevoli di accoglimento.

3.1. – Alla stregua dell’orientamento già espresso da questa Corte, il plesso della disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, così come configurato dalla L. n. 218 del 1995, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato non ha delineato un trattamento esclusivo e “differenziato” delle controversie in tema di rapporti di famiglia riconducendole obbligatoriamente nell’ambito operativo della disciplina di cui all’art. 65 (e perciò anche dei suoi presupposti), ma ha descritto, con l’art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale (riservato in sè alle sole sentenze), valido per tutti i tipi di controversie, comprese perciò anche quelle in tema di rapporti di famiglia, e presupponente il concorso di tutta una serie di requisiti descritti nelle lettere da a) a g) di questa ultima disposizione normativa.

Rispetto ad un tale modello operativo di ordine generale, la legge ha affidato poi all’art. 65 la predisposizione di un meccanismo complementare più agile di riconoscimento – allargato, di per sè e questa volta, alla più generale categoria dei “provvedimenti” – riservato all’esclusivo ambito delle materie della capacità delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità – il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della “non contrarietà all’ordine pubblico” e dell’avvenuto “rispetto dei diritti essenziali della difesa”, esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i “provvedimenti” in questione siano stati assunti dalle autorità dello Stato la cui legge sia quella richiamata dalle norme di conflitto (Cass., sent. n. 10378 del 2004).

Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha ritenuto applicabile, nella specie, l’art. 64, anzichè, come richiesto dall’attuale ricorrente, l’art. 65, motivando la propria opzione con riferimento alla natura del provvedimento che si trattava di riconoscere.

3.2. – La L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. b), prevede come requisito per il riconoscimento della sentenza straniera in Italia, tra l’altro, che l’atto introduttivo del giudizio sia stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo in cui si è svolto il processo e che, nell’ambito del giudizio svoltosi dinanzi al giudice straniero, non siano stati violati i diritti essenziali della difesa.

A tal fine, come già chiarito da questa Corte, ove sia in contestazione il riconoscimento, la corte d’appello non deve applicare pedissequamente i principi in tema di notificazione dettati dalla legge italiana, ma deve verificare se la comunicazione o la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio abbia rispettato le regole previste dal diritto straniero ed abbia soddisfatto i principi fondamentali dell’ordinamento, in modo tale da non ledere i diritti essenziali della difesa, primo tra tutti quello al contraddittorio (Cass., sent. n. 16978 del 2006; v. anche Cass. sent. n. 19932 del 2011).

Ne consegue che, nella specie, la Corte d’appello ha risolto correttamente la questione sottoposta al suo esame. Essa, infatti, dopo aver verificato che le modalità con le quali l’atto introduttivo del giudizio innanzi alla Corte di Asmara era stato portato a conoscenza del convenuto fossero state conformi alla legge del luogo dove si era svolto il processo, si è posta il problema se fossero stati, in quel processo, rispettati i diritti della difesa:

ciò che, come evidenziato nella sentenza impugnata, avrebbe dovuto comunque essere oggetto di verifica anche nella eventualità in cui la norma da applicare fosse stato la L. n. 218 del 1995, art. 65.

3.3. – Tale seconda indagine ha esattamente riguardato il controllo del rispetto dei principi di ordine pubblico processuale, che legittimamente sono stati ritenuti violati da una procedura che, pur rispettosa formalmente delle regole vigenti nel Paese in cui il processo fu celebrato, non risultava, nella specie, adeguata a consentire che l’atto introduttivo del giudizio entrasse nella sfera di conoscibilità dei destinatari dell’atto, uno dei quali trasferito in Italia da molti anni (e poi deceduto), gli altri residenti in Italia.

3.4. – Nè alcun pregio può riconoscersi al rilievo della omissione di ogni riferimento, da parte della Corte di merito, nel proprio percorso argomentativo, al mancato rispetto, nella procedura innanzi alla Corte di Asmara, della condizione di cui all’art. 64, lett. c), attinente alla regolare costituzione delle parti: argomento dedotto nel parere negativo del P.M. in ordine alla trascrizione della dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana di L. C. nei registri dello stato civile del Comune di Pastrengo, che si era basato sul rilievo che la Corte di Asmara aveva proceduto nella dichiarata contumacia di persona invece deceduta, e che si inseriva nella diversa procedura amministrativa intesa al riconoscimento della cittadinanza italiana in favore del C., rispetto alla quale la decisione della Corte era ovviamente del tutto autonoma.

4. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo gli intimati svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2013

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