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Oggi approfondiamo un tema molto delicato nel panorama delle Startup Innovative, quello della predisposizione delle clausole di opzione put & call tra Soci o tra Soci ed Investitori.

Cos’è un opzione?

La definizione classica di opzione è la seguente: si tratta di un patto o contratto tramite il quale una parte acquista il diritto, ma non l’obbligo (si parla infatti di “opzione”…), di acquistare o vendere un determinato bene (ad es. un titolo azionario o una quota societaria) entro un determinato termine ad un prezzo prefissato.

In ambito societario, quindi, l’opzione costituisce una modalità (alternativa all’aumento di capitale) per consentire all’Investitore di diventare Socio di una Startup.

Facciamo un esempio.

La Start up Alfa è costituita da due Soci, Roberto, che detiene il 60% delle quote e Flavia, che è invece titolare del restante 40%.

Daniele è interessato ad entrare nella compagine sociale di Alfa, per cui contatta Roberto e, a seguito di un breve periodo di trattative, le parti decidono di stipulare un contratto di opzione che preveda le seguenti condizioni:

  • Daniele acquista il diritto di acquistare da Roberto il 10% delle quote della Startup Alfa
  • per acquistare il suddetto diritto Daniele pagherà a Roberto 1.000 Euro (il cd. “premio o prezzo dell’opzione“)
  • Daniele potrà, quindi, acquistare da Roberto il 10% delle quote della Startup Alfa entro un determinato termine (es. entro 12 mesi dalla conclusione del contratto) ad un prezzo prestabilito, ad es. 10.000 Euro (il cd. “prezzo di esercizio dell’opzione o strike price“)
  • nel caso in cui Daniele decida di esercitare l’opzione, Roberto a cedere la quota concordata al prezzo prestabilito

Quand’è che Daniele avrà interesse ad esercitare l’opzione?

Per rispondere a questa domanda occorre aggiungere un ulteriore variabile: il valore di mercato delle quote della Start up.

Ipotizziamo che, al momento in cui le parti hanno sottoscritto l’opzione, il valore di mercato della Società Alfa fosse pari a 100.000 Euro, per cui il 10% delle quote aveva un valore pari a 10.000 Euro.

Nei successivi 12 mesi la Startup, a seguito della chiusura di importanti accordi commerciali, incrementa sensibilmente il proprio fatturato, acquistando un valore di mercato pari a 150.000 Euro.

In questo caso Daniele troverà conveniente acquistare il 10% delle quote, pagandole complessivamente 11.000 Euro (1.000 Euro già versate a titolo di premio e 10.000 da versare a titolo di prezzo di esercizio dell’opzione), invece che 15.000, secondo il valore di mercato.

Daniele, in sostanza, ha scommesso, pagando 1.000 Euro, che il valore delle quote da acquistare sarebbe salito durante il periodo di esercizio dell’opzione.

Il caso analizzato riguarda un’opzione rilasciata da un Socio verso un terzo, ma è ben possibile – e spesso infatti accade – che l’opzione venga rilasciata direttamente tra Soci.

Differenza tra opzione di acquisto (call option) e opzione di vendita (put option)

Quella che abbiamo visto sopra è un esempio di opzione di acquisto, conosciuta anche con il nome di call option.

Esiste anche l’opzione di vendita (cd. put option), a mezzo della quale un soggetto acquista il diritto, ma non l’obbligo di vendere un bene (in ambito societario la propria quota o parte di essa) entro un determinato termine ad un prezzo prefissato.

In questo caso, ovviamente, il ragionamento sarà opposto a quello fatto in precedenza, in quanto l’Opzionario avrà interesse ad esercitare l’opzione nel caso in cui il valore di mercato della Società subisca una riduzione.

Come utilizzare le opzioni put e call nelle Startup?

A questo punto, però, è necessario allargare un po’ l’orizzonte e approfondire le ragioni che spingono i Soci a rilasciare opzioni di acquisto o vendita sulle proprie quote.

La funzione di “scommessa” sopra vista, infatti, è solo una delle funzioni collegate alle opzioni put & call.

In ambito Startup, ma il discorso può essere valido per qualsiasi tipo di Società, l’opzione di vendita può ad esempio essere utilizzata dall’Investitore come strategia di exit (nella mia esperienza mi è capitato, ad es., di trovare un Investitore che era interessato ad “entrare” in una Start up con una quota del 20%, ma aveva dei dubbi sugli sviluppi futuri del mercato, per cui voleva tutelarsi prevedendo che, nel caso in cui la Startup non avesse raggiunto determinati risultati economici, avrebbe avuto il diritto di vendere parte della propria quota ai Soci ad un prezzo prefissato).

Volendo l’Investitore avrebbe potuto tutelarsi ancora di più, aggiungendo ulteriori clausole di tutela nel caso in cui i Soci non avessero rispettato l’opzione e, quindi, non avessero “riacquistato” la quota (es. una clausola penale o la vendita della quota a terzi a danno dei Soci).

Cosa sono e a cosa servono le cd. Vesting Options?

L’esempio fatto nel precedente paragrafo ci porta a conoscere una delle possibili applicazioni di questo istituto, molto utile nel mondo delle Startup.

All’inizio dell’articolo abbiamo detto che chi acquista un’opzione deve pagare una somma di denaro, definita premio o prezzo dell’opzione, per poter esercitare il diritto di acquistare o vendere la propria quota.

Nella prassi, tuttavia, è invalso sempre più l’uso di dare una definizione ampia di premio, ricomprendendo tutte le ipotesi nelle quali per acquistare un’opzione è necessario conferire a chi la concede un vantaggio suscettibile di valutazione economica.

Ciò accade soprattutto nelle call option (ad es. l’Investitore Omega sottoscrive prima un Term Sheet e poi il conseguente contratto di investimento con la Startup Alfa, acquistando una partecipazione pari al 10% del capitale sociale ed acquisterà altresì dai Soci Fondatori l’opzione per l’acquisto di un ulteriore 5% qualora, entro i successivi 12 mesi, riesca a “portare” un altro Investitore all’interno della Start up).

Questo tipo di opzione viene definita, nel mondo delle Startup, come Vesting Option, anche se forse sarebbe meglio qualificarla come opzione condizionata o subordinata.

Cosa contraddistingue le cd. Vesting Options?

L’aspetto peculiare, infatti, risiede proprio nel fatto che l’opzione non viene concessa in cambio di una somma di denaro, ma subordinatamente al raggiungimento di un risultato utile (chiamato in genere “goal” o “target“) entro un determinato lasso di tempo (il cd. “Vesting period“).

Questo strumento può senza dubbio costituire una soluzione WIN-WIN per tutti, anche se occorre fare attenzione a come scrivere la clausola, al fine di evitare la possibile insorgenza di controversie (ad es. è necessario fissare obiettivi o risultati ben definiti e non aleatori, dare una definizione comune e condivisa dei termini che vengono utilizzati, disciplinare le conseguenze in caso di contrasto sul raggiungimento o meno dell’obiettivo ecc.).

 

CONTATTI

Avv. Daniele Costa

KBL Law

daniele.costa@kbl-law.com

 

L’immagine del post è stata realizzata da Unsplash, rilasciata con licenza CC.

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