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Con la sentenza del 27 novembre 2012, resa nella causa C-566/10 P, la Corte di Giustizia UE ha affermato il principio secondo cui i bandi di concorso dell’Unione Europea devono essere pubblicati in tutte le 23 lingue ufficiali dei paesi aderenti all’Unione e non solo in inglese, francese o tedesco.

La vicenda de qua traeva origine dalla pubblicazione dei bandi relativi ai concorsi EPSO/AD/94/07, EPSO/AST/37/07 e EPSO/AD/95/07 soltanto nelle edizioni in lingua tedesca, inglese e francese.

Conseguentemente, nel 2007, la Repubblica italiana ha proposto due ricorsi (poi riuniti dal Tribunale) intesi all’annullamento dei bandi di concorso sopracitati, contestando, essenzialmente, sia la mancata pubblicazione integrale dei bandi di concorso nelle restanti lingue dell’Unione, sia l’arbitraria limitazione a tre lingue nella scelta della seconda lingua per la partecipazione ai concorsi in questione, per tutte le comunicazioni con l’EPSO e per lo svolgimento delle prove.

Il Tribunale di primo grado aveva, tuttavia, rigettato tutte le domande proposte dall’Italia; di qui, l’impugnazione proposta il 2 dicembre 2010 e conclusasi in senso favorevole per la ricorrente con la pronuncia della CGCE qui commentata.

Sostanzialmente, la Corte UE ha accolto le doglianze della Repubblica Italiana, censurando la prassi della pubblicazione dei bandi nelle sole lingue inglese, francese e tedesca, in quanto effettuata in contrasto con l’art. 5 del regolamento (CEE) n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006, secondo cui la Gazzetta Ufficiale è redatta in tutte le lingue ufficiali dell’Unione (par. 71).

In particolare, la Corte ha affermato che tale prassi sarebbe suscettibile di generare un’illegittima discriminazione fondata sulla lingua, atteso che il potenziale candidato la cui lingua materna non fosse una delle lingue in cui erano stati pubblicati integralmente i bandi di concorso controversi avrebbe dovuto procurarsi la citata Gazzetta in una di tali lingue e leggere il bando in questa lingua prima di decidere se presentare la propria candidatura a uno dei concorsi, con un evidente svantaggio rispetto ai candidati di madrelingua inglese, francese e tedesca  sia sotto il profilo della corretta comprensione di tali bandi sia relativamente al termine per preparare ed inviare una candidatura a tali concorsi (par. 74).

Per quanto invece attiene alle limitazioni linguistiche in sede di svolgimento delle prove e/o delle comunicazioni di rito, la Corte ritiene che tale prassi non sia di per sé illegittima, purché siano individuati preventivamente criteri chiari, oggettivi e prevedibili affinché i candidati possano sapere, con sufficiente anticipo, quali requisiti linguistici debbono essere soddisfatti, e ciò al fine di potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni (par. 90).

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

27 novembre 2012 (*)

«Impugnazione – Regime linguistico – Bandi di concorsi generali per l’assunzione di amministratori e di assistenti – Pubblicazione integrale in tre lingue ufficiali – Lingua delle prove – Scelta della seconda lingua tra tre lingue ufficiali»

Nella causa C‑566/10 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 2 dicembre 2010,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da J. Currall e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Repubblica di Lituania,

Repubblica ellenica, rappresentata da A. Samoni‑Rantou, S. Vodina e G. Papagianni, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dal sig. K. Lenaerts, vice‑presidente, dai sigg. A. Tizzano, M. Ilešič, A. Rosas (relatore), G. Arestis e J. Malenovský, presidenti di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet e U. Lõhmus, dalla sig.ra C. Toader, dai sigg. J.‑J. Kasel, M. Safjan e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 giugno 2012,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 giugno 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Repubblica italiana chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 settembre 2010, Italia/Commissione (T‑166/07 e T‑285/07; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale tale giudice ha respinto i ricorsi di detto Stato membro intesi all’annullamento dei bandi relativi ai concorsi generali EPSO/AD/94/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media (GU 2007, C 45 A, pag. 3), EPSO/AST/37/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di assistenti (AST 3) nel settore della comunicazione e dell’informazione (GU 2007, C 45 A, pag. 15), ed EPSO/AD/95/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione (biblioteca/documentazione) (GU 2007, C 103 A, pag. 7) (in prosieguo, congiuntamente: i «bandi di concorso controversi»).

 Contesto normativo

2        Gli articoli 1‑6 del regolamento (CEE) n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU L 363, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1»), dispongono quanto segue:

«Articolo 1

Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua olandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese.

Articolo 2

I testi, diretti alle istituzioni da uno Stato membro o da una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali. La risposta è redatta nella medesima lingua.

Articolo 3

I testi, diretti dalle istituzioni a uno Stato membro o ad una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti nella lingua di tale Stato.

Articolo 4

I regolamenti e gli altri testi di portata generale sono redatti nelle lingue ufficiali.

Articolo 5

La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è pubblicata nelle lingue ufficiali.

Articolo 6

Le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del presente regime linguistico nei propri regolamenti interni».

3        Gli articoli 1 quinquies, 7, paragrafo 1, primo comma, 24 bis, 27, 28, 29, paragrafo 1, e 45 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari»), enunciano quanto segue:

«Articolo 1 quinquies

«1.      Nell’applicazione del presente statuto è proibita ogni discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, le origini etniche o sociali, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale.

(…)

6.      Nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale. Tali obiettivi possono in particolare giustificare la fissazione di un’età pensionabile obbligatoria e di un’età minima per beneficiare di una pensione di anzianità.

(…)

Articolo 7

1.      L’autorità che ha potere di nomina assegna ciascun funzionario mediante nomina o trasferimento, nel solo interesse del servizio e prescindendo da considerazioni di cittadinanza, ad un impiego corrispondente al suo grado, nel suo gruppo di funzioni.

(…)

Articolo 24 bis

Le Comunità facilitano il perfezionamento professionale del funzionario, compatibilmente con le esigenze del buon funzionamento dei servizi e conformemente ai loro interessi.

Di tale perfezionamento si tiene conto anche ai fini dello svolgimento della carriera.

(…)

Articolo 27

Le assunzioni debbono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità.

Nessun impiego deve essere riservato ai cittadini di un determinato Stato membro.

(…)

Articolo 28

Per la nomina a funzionario, occorre possedere i seguenti requisiti:

(…)

f)      avere una conoscenza approfondita di una delle lingue delle Comunità e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua delle Comunità nella misura necessaria alle funzioni da svolgere.

(…)

Articolo 29

1.      Per assegnare i posti vacanti in un’istituzione, l’autorità che ha il potere di nomina (…)

(…)

bandisce un concorso per titoli o per esami, ovvero per titoli ed esami. La procedura di concorso è stabilita nell’allegato III.

Può essere bandito un concorso anche per costituire una riserva ai fini di future assunzioni.

(…)

Articolo 45

1.      La promozione è conferita con decisione dell’autorità che ha il potere di nomina in considerazione dell’articolo 6, paragrafo 2. Essa comporta per il funzionario la nomina al grado superiore del gruppo di funzioni al quale appartiene. La promozione è fatta esclusivamente a scelta, tra i funzionari che abbiano maturato un minimo di due anni di anzianità nel loro grado, previo scrutinio per merito comparativo dei funzionari che hanno i requisiti per essere promossi. Ai fini dell’esame comparativo dei meriti, l’autorità che ha il potere di nomina tiene conto, in particolare, dei rapporti dei funzionari, dell’uso, nell’esercizio delle loro funzioni, di lingue diverse da quella di cui hanno dimostrato di possedere una conoscenza approfondita ai sensi dell’articolo 28, lettera f) e, se del caso, del livello di responsabilità esercitate.

2.      Precedentemente alla prima promozione successiva all’assunzione, i funzionari devono dimostrare la loro capacità di lavorare in una terza lingua tra quelle menzionate all’articolo 314 del Trattato CE. Le istituzioni adottano una regolamentazione di comune accordo per l’esecuzione del presente paragrafo. Tale regolamentazione prevede l’accesso dei funzionari alla formazione in una terza lingua e fissa le procedure destinate a verificare la loro capacità di lavorare in una terza lingua, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, lettera d) dell’allegato III».

4        Gli articoli 1, paragrafi 1 e 2, e 7 dell’allegato III dello Statuto dei funzionari così dispongono:

«Articolo 1

«1.      Il bando di concorso è stabilito dall’autorità che ha il potere di nomina, previa consultazione della commissione paritetica.

Il bando deve specificare:

a)      il tipo di concorso (concorso interno nell’ambito dell’istituzione, concorso interno nell’ambito delle istituzioni, concorso generale, eventualmente comune a due o più istituzioni);

b)      le modalità (concorso per titoli o per esami, ovvero per titoli ed esami);

c)      la natura delle funzioni e delle attribuzioni relative ai posti da coprire e il gruppo di funzioni ed il grado proposti;

d)      conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, dello statuto, i diplomi e gli altri titoli o il grado di esperienza richiesti per i posti da coprire;

e)      nel caso di concorso per esami, il tipo degli esami e la loro rispettiva valutazione;

f)      eventualmente, le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire;

g)      eventualmente, i limiti di età, nonché l’elevazione di tali limiti per gli agenti in servizio da almeno un anno;

h)      il termine entro il quale devono pervenire le candidature;

i)      eventualmente, le deroghe accordate a norma dell’articolo 28, lettera a) dello statuto.

Nei concorsi generali comuni a due o più istituzioni, il bando di concorso è stabilito dall’autorità che ha il potere di nomina di cui all’articolo 2, paragrafo 2, dello statuto, previa consultazione della commissione paritetica comune.

2.      Per i concorsi generali, si deve pubblicare un bando di concorso nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee almeno un mese prima del termine entro il quale devono pervenire le candidature e, eventualmente, almeno due mesi prima della data fissata per gli esami.

3.      Tutti i concorsi devono essere resi noti nell’ambito delle istituzioni delle tre Comunità europee negli stessi limiti di tempo.

(…)

Articolo 7

1.      Previa consultazione del comitato dello statuto, le istituzioni affidano all’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee [in prosieguo: l’«EPSO»] l’incarico di adottare le misure necessarie ai fini dell’applicazione di norme uniformi nell’ambito delle procedure di selezione dei funzionari e delle procedure di valutazione e di esame di cui agli articoli 45 e 45 bis dello statuto.

2.      L’[EPSO] ha il compito di:

a)      organizzare concorsi generali su richiesta delle singole istituzioni;

(…)

d)      assumere la responsabilità generale per la definizione e l’organizzazione della valutazione delle capacità linguistiche affinché le esigenze dell’articolo 45, paragrafo 2 dello statuto si attuino in modo armonizzato e coerente.

(…)»

5        L’EPSO è stato creato dalla decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002 (GU L 197, pag. 53). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, prima frase, di detta decisione, l’EPSO esercita i poteri di selezione conferiti, in particolare, in virtù dell’allegato III dello Statuto dei funzionari alle autorità che hanno il potere di nomina delle istituzioni firmatarie della decisione stessa. Ai sensi dell’articolo 4, ultima frase, della decisione 2002/620, tutti i ricorsi nei settori contemplati da tale decisione sono diretti contro la Commissione europea.

6        Il ruolo dell’EPSO è stato precisato dall’articolo 7 dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, che è stato aggiunto dal citato regolamento n. 723/2004.

 Fatti all’origine della controversia

7       Il 28 febbraio 2007, l’EPSO ha pubblicato i bandi relativi ai concorsi generali EPSO/AD/94/07 e EPSO/AST/37/07 soltanto nelle edizioni in lingua tedesca, inglese e francese della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, al fine di costituire, da un lato, un elenco di riserva destinato alla copertura di posti vacanti presso le istituzioni per amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media e, dall’altro, un elenco di riserva destinato alla copertura di posti vacanti presso le istituzioni per assistenti (AST 3) nel settore della comunicazione e dell’informazione.

8        L’8 maggio 2007, l’EPSO ha pubblicato il bando relativo al concorso generale EPSO/AD/95/07 soltanto nelle edizioni in lingua tedesca, inglese e francese della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, al fine di costituire un elenco di riserva destinato alla copertura di posti vacanti, in particolare presso il Parlamento europeo, per amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione (biblioteca/documentazione).

9        Il punto I A dei bandi di concorso controversi, disciplinante le condizioni di ammissione ai test di preselezione, prevedeva, sotto la rubrica «Conoscenze linguistiche», che tutti i candidati dovessero avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Unione (in prosieguo: le «lingue ufficiali») quale lingua principale e una conoscenza soddisfacente del tedesco, dell’inglese o del francese come seconda lingua, obbligatoriamente diversa dalla lingua principale. Era inoltre previsto, sotto la medesima rubrica, che, per garantire la chiarezza e la comprensione dei testi di carattere generale e di tutte le comunicazioni tra l’EPSO e i candidati, le convocazioni ai diversi test ed alle prove nonché ogni scambio di corrispondenza tra l’EPSO o il segretariato della commissione giudicatrice ed i candidati avrebbero avuto luogo esclusivamente in tedesco, in inglese o in francese. Il punto I B dei bandi di concorso controversi indicava poi che i test di preselezione si sarebbero svolti «in tedesco, in inglese o in francese ([seconda] lingua)».

10      Il punto II A dei bandi di concorso controversi, relativo alla natura delle funzioni e alle condizioni di ammissione ai concorsi, stabiliva, sotto la rubrica «Conoscenze linguistiche», che, per essere ammessi alle prove scritte, i candidati dovevano avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali come lingua principale e una conoscenza soddisfacente del tedesco, dell’inglese o del francese come seconda lingua, obbligatoriamente diversa dalla lingua principale. Il punto II B dei bandi di concorso controversi stabiliva inoltre che le prove scritte si sarebbero svolte «in tedesco, in inglese o in francese ([seconda] lingua)».

11      Il 20 giugno e il 13 luglio 2007, l’EPSO ha pubblicato due modifiche ai bandi di concorso controversi in tutte le versioni linguistiche della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (C 136 A, pag. 1, e C 160, pag. 14). Nella modifica pubblicata il 20 giugno 2007 era indicato che i candidati dovevano possedere, per il concorso EPSO/AD/94/07, un diploma attestante una formazione universitaria completa di tre anni nel settore in questione, cioè quello dell’informazione, della comunicazione e dei media, oppure un diploma attestante una formazione universitaria completa di tre anni in un altro settore, seguita da un’esperienza professionale di almeno tre anni in un settore pertinente alla natura delle funzioni da svolgere. Riguardo al concorso EPSO/AST/37/07, era poi indicato che i candidati dovevano avere, secondo il tipo di qualificazione da loro posseduto, un’esperienza professionale di tre o sei anni. Nella modifica pubblicata il 13 luglio 2007 era indicato, per il concorso EPSO/AD/95/07, che i candidati dovevano aver compiuto studi di livello universitario di durata triennale nel settore dell’informazione (biblioteca/documentazione) o studi di livello universitario di durata triennale seguiti da una qualificazione specialistica nel detto settore, e che non era richiesta alcuna esperienza professionale. Inoltre, le due modifiche rinviavano espressamente alla versione integrale dei bandi di concorso controversi pubblicati nelle edizioni tedesca, inglese e francese della Gazzetta ufficiale e fissavano nuovi termini per la presentazione delle candidature ai concorsi in parola.

 Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

12      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 maggio 2007, la Repubblica italiana ha proposto un ricorso inteso all’annullamento dei bandi di concorso EPSO/AD/94/07 ed EPSO/AST/37/07. La Repubblica di Lituania è intervenuta a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana in tale causa, registrata con il numero di ruolo T‑166/07.

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 luglio 2007, la Repubblica italiana ha proposto un ricorso inteso all’annullamento del bando di concorso EPSO/AD/95/07. La Repubblica ellenica è intervenuta a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana in tale causa, registrata con il numero di ruolo T‑285/07.

14      Le cause T‑166/07 e T‑285/07 sono state riunite con ordinanza del 9 novembre 2009 ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

15      La Repubblica italiana contestava essenzialmente, in primo luogo, la mancata pubblicazione integrale nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dei bandi di concorso controversi nelle lingue ufficiali diverse da quelle tedesca, inglese e francese e, in secondo luogo, l’arbitraria limitazione a tre lingue soltanto nella scelta della seconda lingua per la partecipazione ai concorsi in questione, per tutte le comunicazioni con l’EPSO e per lo svolgimento delle prove.

16      Dopo aver rigettato una domanda di non luogo a provvedere presentata dalla Commissione, il Tribunale ha esaminato, in primo luogo, il motivo di ricorso relativo alla violazione dell’articolo 290 CE e, in secondo luogo, quello attinente alla violazione degli articoli 1, 4, 5 e 6 del regolamento n. 1. In terzo luogo, esso si è pronunciato sul motivo di ricorso vertente sulla violazione dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e del multilinguismo. Tale motivo, suddiviso in due parti, verteva, nella sua prima parte, sulla conformità ai suddetti tre principi della pubblicazione integrale, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, dei bandi di concorso controversi nelle sole lingue tedesca, inglese e francese. La seconda parte del motivo riguardava la conformità a questi stessi principi della scelta della seconda lingua tra le tre lingue fissate per la partecipazione ai concorsi in questione, per tutte le comunicazioni con l’EPSO e per lo svolgimento delle prove. In quarto luogo, il Tribunale ha esaminato il motivo relativo alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, al fine di verificare se la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dei bandi di concorso controversi violasse tale principio, dal momento che essa contraddiceva una prassi costante seguita sino al mese di luglio 2005, consistente nel redigere e pubblicare integralmente nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea i bandi di concorso in tutte le lingue ufficiali. Infine, il Tribunale ha esaminato i motivi relativi al difetto di motivazione dei bandi di concorso controversi e allo sviamento di potere.

17      Il Tribunale ha respinto ciascuno dei suddetti motivi di ricorso e, di conseguenza, i ricorsi di annullamento proposti.

 Conclusioni delle parti nel giudizio di impugnazione

18      La Repubblica italiana chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        statuire direttamente sulla controversia, annullando i bandi di concorso controversi;

–        condannare la Commissione alle spese.

19      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

20      La Repubblica ellenica conclude che la Corte voglia accogliere la sua comparsa di risposta, con conseguente annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale il 13 settembre 2010 nelle cause T‑166/07 e T‑285/07.

21      La Repubblica di Lituania non ha depositato comparsa di risposta.

 Sull’impugnazione

22      L’impugnazione è fondata su sette motivi.

 Argomenti delle parti

 Il primo motivo

23      Il primo motivo di impugnazione riguarda la violazione dell’articolo 290 CE e dell’articolo 6 del regolamento n. 1.

24      Esso è diretto contro i punti 41 e 42 della sentenza impugnata, con i quali il Tribunale ha statuito che i bandi di concorso controversi non violavano l’articolo 290 CE, in quanto essi erano stati adottati dalla Commissione in virtù della competenza riconosciuta alle istituzioni e agli organi comunitari dall’articolo 6 del regolamento n. 1, il quale consente espressamente alle istituzioni di determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni. Facendo segnatamente riferimento al paragrafo 48 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Poiares Maduro nella causa definita dalla sentenza del 15 marzo 2005, Spagna/Eurojust (C‑160/03, Racc. pag. I‑2077), ed alla giurisprudenza citata in detto paragrafo, il Tribunale ha statuito nei medesimi punti 41 e 42 che occorreva riconoscere alle istituzioni una certa autonomia funzionale nell’esercizio della competenza ad esse conferita dall’articolo 6 del regolamento n. 1, al fine di garantire il loro buon funzionamento.

25      La Repubblica italiana fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 290 CE e l’articolo 6 del regolamento n. 1, riconoscendo la competenza della Commissione ad adottare i bandi di concorso controversi malgrado che, in primo luogo, nessun regolamento interno sia mai stato adottato dalla Commissione al fine di determinare le modalità di applicazione del citato regolamento n. 1, che, in secondo luogo, un bando di concorso non sia un regolamento interno e che, in terzo luogo, la Commissione, per il tramite dell’EPSO, si sia sostituita al Consiglio pretendendo di dettare in via di mera prassi amministrativa un regime linguistico in una materia importante come i concorsi di ammissione alle carriere dell’amministrazione dell’Unione.

26      La Repubblica ellenica, facendo riferimento alla sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea del 15 giugno 2010, Pachtitis/Commissione (F‑35/08, non ancora pubblicata nella Raccolta), – sentenza che, al momento del deposito della comparsa di risposta della Repubblica ellenica, era stata oggetto di un’impugnazione della Commissione, poi respinta dal Tribunale con la sentenza del 14 dicembre 2011, Commissione/Pachtitis (T‑361/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta), – sottolinea che l’EPSO è incompetente a stabilire la lingua di un concorso, non soltanto perché ciò finisce per determinare il regime linguistico di un’istituzione, pur rientrando tale aspetto nella competenza del Consiglio, ma anche perché le lingue costituiscono il «contenuto delle prove» e fanno parte delle conoscenze la cui valutazione spetta alla commissione giudicatrice. La Repubblica ellenica si interroga in merito all’esistenza di un’«autonomia funzionale» – quale rilevata al punto 41 della sentenza impugnata – fondata sull’articolo 6 del regolamento n. 1 e riconosciuta alle istituzioni dal Tribunale. Detto Stato membro conclude che il regolamento viene utilizzato per evitare il voto all’unanimità richiesto dall’articolo 290 CE.

27      La Commissione sostiene che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto. Essa ricorda che la necessità di riconoscere alle istituzioni una certa autonomia funzionale risulta dalla giurisprudenza della Corte. Pertanto, sarebbe corretta la statuizione del Tribunale secondo cui i bandi di concorso sono un’espressione di tale potere di auto‑organizzazione. Il fatto che la Commissione non abbia adottato disposizioni interne ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 1 non sarebbe pertinente, in quanto tale disposizione non sarebbe altro che l’espressione di un potere di auto‑organizzazione più ampio.

 Il secondo motivo

28      Il secondo motivo di impugnazione riguarda la violazione degli articoli 1 e 4‑6 del regolamento n. 1.

29      Esso è diretto contro i punti 52‑57 della sentenza impugnata. Al punto 52 di tale sentenza, il Tribunale, citando in particolare il punto 60 della sentenza del 5 ottobre 2005, Rasmussen/Commissione (T‑203/03, Racc. FP pagg. I‑A‑279 e II‑1287), ha ricordato la costante giurisprudenza secondo cui «il regolamento n. 1 non è applicabile ai rapporti tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni ed uno Stato membro o una persona che ricade nella giurisdizione di uno degli Stati membri». Al punto 53 della sentenza impugnata, facendo riferimento in particolare al punto 13 della sentenza del 7 febbraio 2001, Bonaiti Brighina/Commissione (T‑118/99, Racc. FP pagg. I‑A‑25 e II‑97), il Tribunale ha affermato che «i funzionari e gli altri agenti delle Comunità, nonché i candidati a tali posti, (…) sono soggetti unicamente alla giurisdizione comunitaria» e, inoltre, che «l’art. 6 del regolamento n. 1 consente espressamente alle istituzioni di determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni». Al punto 54 di detta sentenza, il Tribunale ha giustificato l’equiparazione ai funzionari e agli altri agenti delle Comunità dei candidati a tali posti, in materia di regime linguistico applicabile, con la «circostanza che tali candidati entrano in relazione con un’istituzione unicamente al fine di ottenere un posto di funzionario o di agente per il quale talune conoscenze linguistiche sono necessarie e possono essere imposte dalle disposizioni comunitarie applicabili per assegnare il posto di cui è causa». Su tale base, il Tribunale ha concluso, ai punti 55 e 56 della medesima sentenza, che «gli artt. 1, 4 e 5 del regolamento n. 1 non si applicano ai bandi di concorso controversi» e che «[r]ientra (…) nella responsabilità delle istituzioni la scelta della lingua di pubblicazione esterna di un bando».

30      La Repubblica italiana sottolinea nuovamente che nessun regolamento interno è stato adottato dalla Commissione in applicazione dell’articolo 6 del regolamento n. 1. Essa sostiene, inoltre, che un bando di concorso è un testo di portata generale ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1, dal momento che esso può interessare la generalità dei cittadini comunitari e che, comunque, il bando è la legge particolare del concorso. Ciò sarebbe confermato dall’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, il quale impone la pubblicazione dei bandi di concorso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Detto Stato membro contesta infine l’equiparazione dei candidati di un concorso ai funzionari e agli altri agenti, sottolineando che un candidato è un cittadino dell’Unione, il quale è titolare di un diritto pubblico soggettivo fondamentale ad accedere agli impieghi della funzione pubblica dell’Unione e che, quando chiede di partecipare ad un concorso per entrare in un’istituzione, è necessariamente esterno a quest’ultima.

31      La Repubblica ellenica sostiene che esiste una contraddizione tra i punti 41 e 42 della sentenza impugnata – con i quali il Tribunale ha concluso che i bandi di concorso controversi erano stati adottati in virtù della competenza riconosciuta alle istituzioni dall’articolo 6 del regolamento n. 1 – e i punti 52‑58 della medesima sentenza – con i quali detto giudice ha respinto il motivo di ricorso relativo alla violazione degli articoli 1 e 4‑6 del citato regolamento, giudicando che quest’ultimo non fosse applicabile ai rapporti tra le istituzioni dell’Unione e i loro funzionari. Secondo la Repubblica ellenica, o il regolamento n. 1 è applicabile – e allora l’articolo 6 del medesimo è pertinente – o non lo è. Detto Stato membro fa inoltre valere come il punto 60 della citata sentenza Rasmussen sia una semplice affermazione che non è giustificata e che, in via tralatizia, è divenuta giurisprudenza costante.

32      La Commissione sostiene che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, segnatamente per quanto riguarda l’equiparazione dei candidati di un concorso ai funzionari in ruolo. Un principio siffatto figurerebbe anche nella giurisprudenza della Corte per giustificare l’applicazione delle procedure dello Statuto dei funzionari a coloro che rivendicano tale qualità. Inoltre, un bando di concorso definirebbe le regole applicabili alle persone che sottopongono la propria candidatura, regole che esprimerebbero l’esclusivo interesse del servizio e, dunque, i bisogni interni dell’istituzione. Un bando siffatto non potrebbe dunque costituire un testo di portata generale.

33      La Commissione sottolinea che l’allegato III dello Statuto dei funzionari impone degli obblighi al fine di garantire l’uguaglianza nell’accesso alle informazioni, e non esprime esigenze linguistiche di forma che caratterizzano il regime «esterno», vale a dire le relazioni tra le istituzioni e il mondo esterno.

 Il terzo motivo

34      Il terzo motivo di impugnazione riguarda la violazione dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e del multilinguismo, e segnatamente la violazione dell’articolo 12 CE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 6, paragrafo 3, UE, dell’articolo 5 del regolamento n. 1, dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari e, infine, dell’articolo 230 CE.

35      Detto motivo è diretto contro i punti 72‑91 della sentenza impugnata, con i quali il Tribunale ha statuito sulla prima parte di un motivo di ricorso, relativa alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nelle lingue tedesca, inglese e francese dei bandi di concorso controversi, nonché alla pubblicazione nella citata Gazzetta, in tutte le lingue ufficiali, di modifiche ai suddetti bandi di concorso.

36      Al punto 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che «non sussistono disposizioni né principi di diritto comunitario che impongano la pubblicazione sistematica nella Gazzetta ufficiale, in tutte le lingue ufficiali, di bandi di concorso». Esso ha tuttavia ricordato, al successivo punto 74, che, «se è vero che l’amministrazione può legittimamente adottare le misure che le sembrano adeguate al fine di disciplinare alcuni aspetti della procedura di assunzione del personale, tali misure non devono sfociare in una discriminazione fondata sulla lingua tra i candidati a un determinato posto». Al punto 84 della medesima pronuncia, il Tribunale ha constatato che «i bandi di concorso controversi sono stati pubblicati, integralmente, soltanto nelle lingue francese, inglese e tedesca». Esso ha però sottolineato, al punto 85 della sua decisione, che le due modifiche pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in tutte le lingue ufficiali, che informavano succintamente il pubblico dell’esistenza e del contenuto dei bandi di concorso controversi e che rinviavano alle edizioni francese, inglese e tedesca per ottenere il loro testo integrale, «hanno posto rimedio all’omessa pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei bandi di concorso controversi in tutte le lingue ufficiali». Il Tribunale ha così concluso, al punto 90 della sentenza impugnata, che «la pubblicazione integrale nella Gazzetta ufficiale dei bandi di concorso controversi in sole tre lingue, seguita da una pubblicazione succinta nella Gazzetta ufficiale, in tutte le lingue ufficiali, di modifiche di detti bandi, non costituisce una discriminazione [tra candidati] basata sulla lingua contraria all’art. 12 CE[, che essa] non integra neppure una violazione dell’art. 6, n. 3, UE, il quale si limita ad indicare che l’Unione rispetta le identità nazionali[, e che] detta pubblicazione non viola l’art. 22 della Carta, che comunque è priva di forza giuridica vincolante».

37      La Repubblica italiana sostiene che il Tribunale, prendendo in considerazione le modifiche dei bandi di concorso, ha violato l’articolo 230 CE, in quanto la legittimità di un atto deve essere valutata tenendo conto della sua formulazione nel momento in cui viene emanato. Detto Stato membro sostiene inoltre che, comunque, la pubblicazione delle modifiche non ha consentito di porre rimedio alla mancata pubblicazione dei bandi in tutte le lingue ufficiali.

38      Secondo la Repubblica italiana, il ragionamento del Tribunale è viziato da una tautologia, in quanto esso presume la conoscenza delle tre lingue a motivo del fatto che i bandi prevedevano soltanto queste tre lingue. Orbene, era necessario appunto giustificare la limitazione a tre lingue, nonché la discriminazione che ne derivava.

39      Anche la Repubblica ellenica sostiene che i bandi di concorso avrebbero dovuto essere pubblicati in tutte le lingue ufficia

li e nega che la pubblicazione delle modifiche abbia posto rimedio alla violazione iniziale.

40      La Commissione rileva che gli argomenti sviluppati nell’ambito del presente motivo di impugnazione non rimettono in discussione il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti 72, 73‑76, nonché 79‑81 della sentenza impugnata, il quale era a suo avviso sufficiente per fondare il dispositivo di tale sentenza. Ad ogni modo, il bando di concorso doveva indicare i requisiti dettati dall’interesse del servizio, al fine di evitare che persone non qualificate si presentassero inutilmente. Essa sostiene che il Tribunale ha correttamente motivato la conclusione cui è giunto, secondo la quale l’obbligo dell’istituzione non è di pubblicare tutti i bandi di concorso in tutte le lingue ufficiali, ma soltanto di assicurare che il metodo di pubblicazione scelto non sia fonte di discriminazione tra candidati.

 Il quarto motivo

41      Il quarto motivo di impugnazione riguarda la violazione delle norme sulla non discriminazione in base alla lingua, nonché la violazione degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 e degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, 27, secondo comma, e 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari.

42      Detto motivo è diretto contro i punti 93‑105 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale si è pronunciato su una parte di un motivo di ricorso relativa alla scelta della seconda lingua tra tre lingue per la partecipazione ai concorsi in questione, per qualsiasi comunicazione con l’EPSO e per lo svolgimento delle prove, e nei quali esso ha infine concluso, al citato punto 105, che occorreva respingere nella sua interezza il motivo relativo alla violazione dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e di multilinguismo.

43      Fondandosi sulle conclusioni presentate dall’avvocato generale Poiares Maduro nella causa decisa dalla citata sentenza Spagna/Eurojust, il Tribunale ha ricordato, al punto 93 della sentenza impugnata, «che il buon funzionamento delle istituzioni e degli organi comunitari può obiettivamente giustificare una scelta limitata di lingue di comunicazione interna». Al punto 94 di tale sentenza, esso ha altresì ricordato che la scelta di una o di più lingue ufficiali a livello interno non può compromettere la parità di accesso dei cittadini dell’Unione ai posti di lavoro offerti dalle istituzioni e dagli organi comunitari. Tuttavia, al punto 95 della medesima pronuncia, il Tribunale ha constatato «che qualsiasi candidato ai concorsi di cui trattasi in possesso delle competenze linguistiche richieste dai bandi di concorso controversi ha potuto accedere e partecipare, alle stesse condizioni, ai procedimenti di assunzione». Al punto 99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che «la Repubblica italiana non ha fornito alcun elemento concreto atto a contestare la pertinenza delle conoscenze linguistiche richieste nei bandi di concorso controversi[, e che essa] non può pertanto asserire che tale requisito non sia oggettivamente dettato dalle esigenze del servizio». Il Tribunale ha del pari rilevato, nel medesimo punto, che la mancata pubblicazione iniziale di una menzione in tutte le lingue ufficiali non ha penalizzato i candidati la cui lingua principale non era quella tedesca, inglese o francese, in quanto le due modifiche pubblicate successivamente hanno riaperto il termine per la presentazione delle candidature ai concorsi in questione. Infine, al punto 101 della medesima sentenza, il Tribunale ha statuito che, se certo i settori cui fanno riferimento i bandi di concorso controversi richiedono una grande varietà di competenze linguistiche, il fatto che la lingua principale, della quale i bandi di concorso controversi richiedono una conoscenza approfondita, possa essere qualsiasi lingua ufficiale è sufficiente a garantire una grande varietà di competenze linguistiche nell’assunzione dei candidati che rispondono ai suddetti bandi di concorso.

44      Mediante tale motivo di impugnazione, la Repubblica italiana sostiene che il fatto di accettare soltanto tre lingue ufficiali come seconda lingua, ai fini di qualsiasi comunicazione con l’EPSO nonché dello svolgimento delle prove del concorso, costituisce una discriminazione sulla base della lingua, anzitutto rispetto alle altre lingue non ammesse come seconda lingua, ma anche nei confronti dei cittadini degli Stati membri che conoscano una seconda lingua ufficiale diversa dalle tre lingue ammesse. La Repubblica italiana fa valere che la facoltà, per le istituzioni, di determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni riguarda solo il funzionamento interno delle istituzioni, e non lo svolgimento dei concorsi esterni, e che in ogni caso nessuna istituzione ha adottato disposizioni al riguardo.

45      Detto Stato membro sostiene inoltre che, alla luce del principio che vieta di riservare impieghi ai cittadini di un determinato Stato membro, enunciato all’articolo 27, secondo comma, dello Statuto dei funzionari, le limitazioni all’uso delle lingue all’interno delle istituzioni devono essere considerate quali eccezioni necessitanti di congrua giustificazione. Inoltre, l’articolo 28 dello Statuto dei funzionari preciserebbe che la seconda lingua può essere scelta tra una qualsiasi delle lingue dell’Unione e non prevedrebbe una posizione privilegiata di alcuna di esse a tale riguardo. La Repubblica italiana ne deduce che le lingue di selezione devono essere il più possibile neutre rispetto ai titoli richiesti per superare la selezione, ciò che presupporrebbe che tutte le lingue dell’Unione possano essere ammesse. Secondo la Repubblica italiana, una corretta interpretazione dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari deve portare alla conclusione che la valutazione dei titoli professionali necessari per superare la selezione, per essere efficiente e non discriminatoria, non dovrebbe essere influenzata in modo decisivo dalle conoscenze linguistiche del candidato. Questa interpretazione sarebbe confermata dall’articolo l dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, a norma del quale il bando di concorso deve specificare, eventualmente, le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Le limitazioni che tale disposizione prevede sarebbero soltanto semplici eventualità. Esse dovrebbero essere motivate nel bando di concorso e fondarsi su quanto è «necessario alle funzioni» da svolgere e sulla «particolare natura dei posti da coprire». Orbene i bandi di concorso controversi non avrebbero rispettato tali regole.

46      La Repubblica italiana contesta l’affermazione compiuta dal Tribunale, ai punti 98 e 99 della sentenza impugnata, secondo cui essa non avrebbe dimostrato che la scelta delle tre lingue come lingue di svolgimento delle prove fosse incongrua rispetto alle finalità dei concorsi in questione. Detto Stato membro sostiene che l’onere della prova gravava non su di esso, bensì sulla Commissione, dal momento che tale istituzione si avvaleva di un’eccezione alle norme secondo cui tutte le lingue comunitarie sono lingue ufficiali e lingue di lavoro.

47      La Repubblica italiana non nega l’importanza delle esigenze organizzative interne, e perfino delle prassi, delle istituzioni. Essa afferma però che tale importanza, allorché si traduce in limitazioni delle possibilità di espressione linguistica dei cittadini europei, deve essere fatta valere nel contesto di norme trasparenti ed appropriate. Le istituzioni dovrebbero precisare la natura delle esigenze che possono condurre a limitazioni linguistiche non soltanto all’interno delle istituzioni, ma anche e tanto più nei concorsi di accesso – che non sono un mero affare interno a queste –, nonché stabilire le modalità procedurali con cui pervenire a tali limitazioni. Secondo detto Stato membro, non sarebbe accettabile l’esercizio di un potere discrezionale basato unicamente sul rilievo (fatto non si sa in quali sedi e con quali criteri) di presunte pratiche di fatto.

48      La Commissione sottolinea che la Repubblica italiana non contesta l’esistenza di un bisogno oggettivo delle istituzioni giustificante la limitazione della scelta della seconda lingua del concorso a tre lingue ufficiali determinate. Essa ricorda, inoltre, che tali bisogni sono riconosciuti dalla giurisprudenza (sentenza del 5 aprile 2005, Hendrickx/Consiglio, T‑376/03, Racc. FP pagg. I‑A‑83 e II‑379). Essa sostiene, infine, che la constatazione del Tribunale di cui al punto 95 della sentenza impugnata, secondo la quale «qualsiasi candidato ai concorsi di cui trattasi in possesso delle competenze linguistiche richieste dai bandi di concorso controversi ha potuto accedere e partecipare, alle stesse condizioni, ai procedimenti di assunzione», costituisce una constatazione di fatto che non può essere esaminata dalla Corte nell’ambito di un’impugnazione.

 Il quinto motivo

49      Il quinto motivo di impugnazione verte sulla violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, UE, nella parte in cui tale norma afferma il principio della tutela del legittimo affidamento quale diritto fondamentale risultante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.

50      Esso è diretto contro i punti 110‑115 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha respinto il motivo di ricorso riguardante la violazione del suddetto principio. Il Tribunale ha in particolare statuito, al punto 110 di detta sentenza, che «nessuno può affermare la violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione» e, al successivo punto 112, «che una semplice prassi (…) non equivale a informazioni precise, incondizionate e concordanti» ai sensi della giurisprudenza.

51      La Repubblica italiana sostiene che, nel negare l’esistenza di un affidamento perché non erano state fornite assicurazioni, senza considerare la portata della prassi pluridecennale della cui esistenza lo stesso Tribunale aveva dato atto, quest’ultimo ha violato il principio dell’affidamento. Avere da un certo momento, senza alcun preavviso e senza alcuna giustificazione, mutato rotta in senso trilinguistico, può avere discriminato quanti ragionevolmente ipotizzavano di accedere alle carriere europee sulla base di competenze linguistiche diverse, e fino allora perfettamente legittimate.

52      La Commissione sostiene che, sul punto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto.

 Il sesto motivo

53      Il sesto motivo di impugnazione concerne la violazione dell’articolo 253 CE, relativo all’obbligo di motivazione degli atti.

54      Esso è diretto contro i punti 125 e 126 della sentenza impugnata. Al punto 125 di tale sentenza, il Tribunale ha ricordato «che la funzione essenziale del bando di concorso consiste nell’informare gli interessati, con la maggiore precisione possibile, del tipo di condizioni richieste per occupare il posto di cui trattasi, al fine di porli in grado di valutare, da un lato, se sia per essi opportuno presentare la propria candidatura e, dall’altro, quali documenti giustificativi siano rilevanti per i lavori della commissione giudicatrice e debbano, conseguentemente, essere allegati agli atti di candidatura». Al punto 126 della suddetta sentenza, il Tribunale ha giudicato che «l’amministrazione non era tenuta a giustificare, nei bandi di concorso controversi, la scelta delle tre lingue da utilizzare come seconda lingua per partecipare ai concorsi e alle prove, dal momento che è pacifico che tale scelta risponde alle sue esigenze interne».

55      La Repubblica italiana sostiene che il Tribunale ha confuso la funzione dei bandi di concorso e la loro motivazione. I bandi costituivano attuazione delle possibilità di restrizione linguistica concesse dallo Statuto dei funzionari e dovevano dunque indicare la precisa connessione funzionale tra la natura delle mansioni o le esigenze del servizio da svolgere e le restrizioni linguistiche apportate alla procedura di selezione. Il totale silenzio sull’esistenza e sulla natura delle presunte «esigenze interne» rendeva la scelta operata dalla Commissione incontrollabile dal giudice e dai destinatari dell’atto. Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto affermando che la motivazione relativa alle esigenze corrispondenti del servizio poteva essere desunta dalla presenza, nel bando, di disposizioni restrittive.

56      La Commissione ricorda che la necessità di una motivazione è in funzione della natura e della finalità dell’atto in questione. Nel caso di specie, non si trattava di atti vincolanti, bensì di atti informativi, ossia inviti a partecipare a dei concorsi. Essa ritiene che il Tribunale avesse pieno titolo per concludere, al punto 126 della sentenza impugnata, che nessuna motivazione era richiesta quanto alla scelta delle tre lingue da utilizzare.

 Il settimo motivo

57      Il settimo motivo di impugnazione verte sulla violazione delle norme sostanziali inerenti alla natura e alla finalità dei bandi di concorso, e in particolare degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, 28, lettera f), e 27, secondo comma, dello Statuto dei funzionari.

58      Detto motivo è diretto contro i punti 128‑135 della sentenza impugnata, con i quali il Tribunale ha in particolare statuito che l’EPSO non aveva commesso alcuno sviamento di potere dal momento che esso non aveva utilizzato il regime linguistico dei concorsi per fini estranei ai suoi compiti istituzionali. La Repubblica italiana contesta il punto 133 di detta sentenza, in cui il Tribunale ha rilevato che «la commissione giudicatrice è vincolata al bando di concorso e, in particolare, alle condizioni di ammissione stabilite da quest’ultimo», nonché il successivo punto 134, dove il Tribunale ha concluso che «[n]on si può (…) contestare all’EPSO di aver stabilito, nei bandi di concorso controversi, requisiti linguistici che, in quanto condizioni di ammissione, potevano escludere alcuni candidati potenziali e, in particolare, di aver fatto ricorso a modalità di pubblicazione che ostacolavano, in pratica, la partecipazione ai concorsi in parola degli interessati [che] non soddisface[ssero] tali requisiti linguistici».

59      Secondo la Repubblica italiana, il requisito linguistico è distinto da quello professionale. I requisiti linguistici dovrebbero essere accertati dalla commissione giudicatrice nel corso della procedura di selezione, e non prima, ad opera dell’autorità che emana il bando. Le restrizioni linguistiche preliminari, cioè quelle previste nel bando, sarebbero ammissibili solo se collegate a dimostrate esigenze di servizio. Orbene, nella specie, la Commissione non ha precisato nei bandi di concorso controversi alcuna esigenza linguistica giustificante le limitazioni, però nello stesso tempo ha preteso, come risulta dal punto 134 della sentenza impugnata, di «ostacola[re], in pratica, la partecipazione ai concorsi in parola degli interessati» che non fossero in grado di soddisfare al restrittivo requisito linguistico imposto dai bandi. Da ciò il suddetto Stato membro conclude che il Tribunale, ritenendo che non spettasse alla commissione giudicatrice valutare le competenze linguistiche dei candidati, in quanto l’autorità che emana il bando potrebbe in via preventiva operare una selezione preliminare degli interessati su base puramente linguistica, ha violato le norme sopra menzionate, nonché il principio che in queste è insito, secondo cui i bandi di concorso debbono tendere a verificare, con la maggiore ampiezza possibile, l’esistenza delle competenze linguistiche necessarie a ricoprire i posti presso le istituzioni.

60      La Commissione rileva che la Repubblica italiana ripete l’argomentazione già sviluppata negli altri motivi di impugnazione e rinvia a sua volta alle risposte da essa fornite a tali motivi. Essa ricorda nuovamente che la Repubblica italiana non ha messo in dubbio la realtà della situazione fattuale nelle istituzioni, concernente l’impiego di certe lingue per facilitare la comunicazione interna.

 Giudizio della Corte

61      Occorre esaminare congiuntamente, da un lato, i primi tre motivi di impugnazione relativi alla pubblicazione dei bandi di concorso controversi e, dall’altro, gli ultimi quattro motivi, riguardanti la designazione delle lingue tedesca, inglese e francese come seconda lingua, come lingua di comunicazione con l’EPSO e come lingua delle prove del concorso.

 Sui primi tre motivi di impugnazione, relativi alla pubblicazione dei bandi di concorso

62      Ai sensi dell’articolo 1 dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, il bando di concorso viene emanato dall’autorità avente il potere di nomina dell’istituzione che organizza il concorso stesso, previa consultazione della commissione paritetica, e deve specificare un certo numero di informazioni riguardanti la procedura di selezione. A seguito della decisione 2002/620, i poteri di selezione conferiti segnatamente da tale allegato alle autorità che hanno il potere di nomina delle istituzioni firmatarie della decisione stessa sono esercitati dall’EPSO.

63      Nell’ambito della presente impugnazione, due sono le norme fatte valere come fonte di un obbligo di pubblicare i bandi di concorso controversi in tutte le lingue ufficiali, e precisamente l’articolo 4 del regolamento n. 1 e l’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, letto in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1. Occorre dunque esaminare gli obblighi previsti da ciascuna di tali norme.

64      L’articolo 4 del regolamento n. 1 stabilisce che i regolamenti e gli altri testi di portata generale sono redatti nelle lingue ufficiali. A questo proposito la Commissione fa valere: anzitutto, che il regolamento n. 1 non è applicabile ai bandi di concorso, in quanto questi ultimi concernono persone equiparate ai funzionari; poi, e in ogni caso, che l’istituzione ha la facoltà di determinare la lingua di pubblicazione del bando a norma dell’articolo 6 del suddetto regolamento; infine, che i bandi di concorso non sono testi di portata generale.

65      Al punto 52 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che, secondo una sua consolidata giurisprudenza, il regolamento n. 1 non è applicabile ai rapporti tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto esso fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni e uno Stato membro o una persona ricadente nella giurisdizione di uno degli Stati membri.

66      A giudizio del Tribunale, tale inapplicabilità troverebbe giustificazione, da un lato, nel fatto che i funzionari e gli altri agenti, nonché i candidati di un concorso, sono assoggettati, per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni dello Statuto dei funzionari, unicamente alla giurisdizione delle Comunità e, dall’altro lato, nell’articolo 6 del regolamento n. 1.

67      A questo proposito occorre rilevare, anzitutto, che l’articolo 1 del regolamento n. 1 enuncia espressamente quali sono le lingue di lavoro delle istituzioni, mentre l’articolo 6 del medesimo regolamento stabilisce che le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni. Tuttavia, si deve constatare che le istituzioni interessate dai bandi di concorso controversi non hanno stabilito, sulla base dell’articolo 6 del regolamento n. 1, le modalità del regime linguistico nei loro regolamenti interni. In particolare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, i bandi di concorso non possono essere considerati come costituenti dei regolamenti interni in ordine a tale aspetto.

68      In assenza di norme regolamentari speciali applicabili ai funzionari e agli agenti, e in mancanza di norme al riguardo nei regolamenti interni delle istituzioni interessate dai bandi di concorso controversi, nessun testo normativo consente di concludere che i rapporti tra tali istituzioni e i loro funzionari e agenti siano totalmente esclusi dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1.

69      Lo stesso vale, a fortiori, per quanto riguarda i rapporti tra le istituzioni e i candidati a un concorso esterno che non sono, di norma, né funzionari né agenti.

70      Quanto poi alla questione se dei bandi di concorsi generali, quali i bandi di concorso controversi, ricadano sotto l’articolo 4 del regolamento n. 1 o sotto l’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, è sufficiente constatare come quest’ultima disposizione stabilisca specificamente che, per i concorsi generali, deve essere pubblicato un bando di concorso nellaGazzetta ufficiale delle Comunità europee.

71      Pertanto, senza che occorra stabilire se un bando di concorso sia un testo di portata generale ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1, è sufficiente constatare che, a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, letto in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1, il quale dispone che la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è pubblicata in tutte le lingue ufficiali, i bandi di concorso controversi avrebbero dovuto essere pubblicati integralmente in tutte le lingue ufficiali.

72      Poiché tali disposizioni non prevedono alcuna eccezione, il Tribunale ha commesso un errore di diritto statuendo, al punto 85 della sentenza impugnata, che la successiva pubblicazione delle modifiche in data 20 giugno e 13 luglio 2007, le quali contenevano soltanto informazioni succinte, aveva posto rimedio all’omessa pubblicazione integrale nella suddetta Gazzetta dei bandi di concorso in tutte le lingue ufficiali.

73      Ad ogni modo, anche se tali modifiche contenevano un certo numero di informazioni relative al concorso, partendo dal presupposto che i cittadini dell’Unione europea leggano la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nella loro lingua materna e che tale lingua sia una delle lingue ufficiali dell’Unione, un potenziale candidato la cui lingua materna non fosse una delle lingue in cui erano stati pubblicati integralmente i bandi di concorso controversi doveva procurarsi la citata Gazzetta in una di tali lingue e leggere il bando in questa lingua prima di decidere se presentare la propria candidatura a uno dei concorsi.

74      Un candidato siffatto era svantaggiato rispetto ad un candidato la cui lingua materna fosse una delle tre lingue nelle quali i bandi di concorso erano stati pubblicati integralmente, sia sotto il profilo della corretta comprensione di tali bandi sia relativamente al termine per preparare ed inviare una candidatura a tali concorsi.

75      Tale svantaggio è la conseguenza della diversità di trattamento a motivo della lingua, – vietata dall’articolo 21 della Carta e dall’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari, – generata dalle pubblicazioni suddette. Tale articolo 1 quinquies prescrive, al paragrafo 6, che, nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale.

76      All’udienza, la Commissione ha chiarito che la nuova prassi di pubblicazione limitata dei bandi di concorso era stata resa necessaria dal carico di lavoro risultante dalle adesioni dei nuovi Stati all’Unione europea nel corso degli anni 2004 e 2007 e, in particolare, dall’aumento improvviso del numero di lingue ufficiali, mentre l’EPSO non disponeva delle capacità di traduzione sufficienti. Tuttavia, all’udienza è stato sostenuto che tale prassi di pubblicazione non sembrava collegata alle adesioni, perché essa perdurava, perché i testi dei bandi di concorso avevano carattere ripetitivo, ciò che dunque non doveva costituire un carico di lavoro insormontabile, e perché i problemi materiali relativi alle capacità di traduzione dovevano essere messi in bilanciamento con il diritto per tutti i cittadini dell’Unione di prendere conoscenza dei bandi di concorso alle medesime condizioni.

77      Ne consegue che la prassi di pubblicazione limitata non rispetta il principio di proporzionalità e configura pertanto una discriminazione fondata sulla lingua, vietata dall’articolo 1 quinquies dello Statuto dei funzionari.

78      Dal complesso di tali elementi risulta che il Tribunale è incorso in errori di diritto statuendo che né l’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, letto in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1, né l’articolo 1 quinquies del medesimo Statuto erano stati violati nell’ambito della pubblicazione dei bandi di concorso controversi.

 Sugli ultimi quattro motivi di impugnazione, relativi alle lingue imposte come seconda lingua, per le comunicazioni con l’EPSO e per le prove dei concorsi

79      La Repubblica italiana, pur riconoscendo che un multilinguismo integrale potrebbe nuocere all’efficacia del lavoro nelle istituzioni, critica la mancanza di regole chiare, obiettive e prevedibili riguardo alla scelta della seconda lingua dei concorsi, circostanza questa che non consentirebbe a un candidato di prepararsi alle prove. Essa sostiene, inoltre, che l’obbligo di presentare il concorso in una seconda lingua costituisce in realtà una forma inadeguata di preselezione, in quanto, a suo avviso, un candidato dovrebbe essere selezionato sulla base, anzitutto, delle sue competenze professionali e, poi, delle sue conoscenze linguistiche.

80      All’udienza, la Commissione ha chiarito che le tre lingue scelte sono quelle più utilizzate nelle istituzioni – e questo da molto tempo – e che risultava da uno studio dell’EPSO che, tra l’anno 2003 e l’anno 2005 – vale a dire un’epoca in cui i candidati potevano scegliere la loro seconda lingua – più del 90% dei candidati di concorsi avevano scelto le lingue tedesca, inglese o francese come seconda lingua. Inoltre, la Commissione ha fatto valere che l’indicazione delle lingue di concorso nel bando consente ai candidati di prepararsi alle prove.

81      A questo proposito, come si è ricordato al punto 67 della presente sentenza, l’articolo 1 del regolamento n. 1 designa 23 lingue non soltanto come lingue ufficiali, ma anche come lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione.

82      Inoltre, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari stabilisce che, nell’applicazione dello Statuto stesso, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, tra l’altro, sulla lingua. A norma del paragrafo 6, prima frase, del medesimo articolo, qualsiasi limitazione dei principi di non discriminazione e di proporzionalità deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale.

83      Inoltre, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari dispone che, per la nomina a funzionario, è necessario avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Tale disposizione precisa invero che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, ma non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle 23 lingue ufficiali.

84      Vero è che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, il bando di concorso può specificare eventualmente le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a derogare alle prescrizioni dell’articolo 1 del regolamento n. 1.

85      Le disposizioni suddette non prevedono dunque criteri espliciti che consentano di limitare la scelta della seconda lingua, indipendentemente dal fatto che tale restrizione avvenga a favore delle tre lingue imposte dai bandi di concorso controversi oppure a favore di altre lingue ufficiali.

86      Occorre aggiungere che le istituzioni interessate dai bandi di concorso controversi non sono assoggettate ad un regime linguistico specifico (v., riguardo al regime linguistico dell’UAMI, sentenza del 9 settembre 2003, Kik/UAMI, C‑361/01 P, Racc. pag. I‑8283, punti 81‑97).

87      Occorre tuttavia verificare se il requisito della conoscenza di una delle tre lingue in questione possa essere giustificato – così come sostiene la Commissione – dall’interesse del servizio.

88      A questo proposito, dall’insieme delle disposizioni sopra citate risulta che l’interesse del servizio può costituire un obiettivo legittimo idoneo ad essere preso in considerazione. In particolare, come si è indicato al punto 82 della presente sentenza, l’articolo 1 quinquies dello Statuto dei funzionari autorizza limitazioni ai principi di non discriminazione e di proporzionalità. È necessario però che tale interesse del servizio sia oggettivamente giustificato e che il livello di conoscenze linguistiche richiesto risulti proporzionato alle effettive esigenze del servizio (v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 1975, Küster/Parlamento, 79/74, Racc. pag. 725, punti 16 e 20, nonché del 29 ottobre 1975, Küster/Parlamento, 22/75, Racc. pag. 1267, punti 13 e 17).

89      Al punto 126 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che «è pacifico» che la scelta delle tre lingue da utilizzare come seconda lingua per partecipare ai concorsi e alle prove risponde alle esigenze interne dell’amministrazione. Tuttavia, il Tribunale non soltanto non ha motivato la propria affermazione, ma ha per giunta constatato che una motivazione siffatta da parte dell’amministrazione non era richiesta.

90      A questo proposito, occorre sottolineare che eventuali norme che limitino la scelta della seconda lingua devono stabilire criteri chiari, oggettivi e prevedibili affinché i candidati possano sapere, con sufficiente anticipo, quali requisiti linguistici debbono essere soddisfatti, e ciò al fine di potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni.

91      Orbene, come si è ricordato al punto 67 della presente sentenza, le istituzioni interessate dai concorsi non hanno mai adottato norme interne ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 1. Inoltre, la Commissione non ha neppure invocato l’esistenza di altri atti, quali ad esempio comunicazioni enuncianti i criteri per una limitazione della scelta di una lingua come seconda lingua per partecipare ai concorsi. Infine, i bandi di concorso controversi non recano alcuna motivazione che giustifichi la scelta delle tre lingue in questione.

92      Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la citata sentenza Hendrickx/Consiglio non conferma la tesi secondo cui l’interesse del servizio potrebbe giustificare il requisito della conoscenza della lingua tedesca, inglese o francese indicato nei bandi di concorso controversi. Infatti, mentre tali bandi di concorso generali erano rivolti a cittadini dell’Unione che, in grande maggioranza, non erano abitualmente in contatto con le istituzioni, la citata sentenza Hendrickx/Consiglio riguardava un avviso di concorso interno aperto ai funzionari e agli agenti in servizio presso il segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea con almeno cinque anni di anzianità di servizio presso le Comunità. Inoltre, le funzioni da esercitare erano descritte in maniera precisa, ciò che consentiva ai funzionari e agli agenti del segretariato generale di comprendere la giustificazione delle lingue imposte per le prove e al Tribunale di esercitare il suo controllo sulla scelta di tali lingue.

93      Nei limiti in cui sia possibile far valere un obiettivo legittimo di interesse generale e dimostrarne l’effettiva sussistenza, è importante ricordare che una differenza di trattamento a motivo della lingua deve altresì rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire essa deve essere idonea a realizzare l’obiettivo perseguito e non deve andare oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2005, ABNA e a., C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, Racc. pag. I‑10423, punto 68).

94      Conformemente all’articolo 27, primo comma, dello Statuto dei funzionari, le assunzioni devono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità. Poiché tale obiettivo può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti, è onere delle istituzioni sotto questo aspetto effettuare un bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica la limitazione del numero delle lingue dei concorsi e l’obiettivo dell’individuazione dei candidati dotati delle più alte qualità di competenza.

95      All’udienza, la Commissione ha fatto valere che i candidati avevano la possibilità di prepararsi dopo la pubblicazione del bando di concorso. Occorre nondimeno rilevare che il termine tra la pubblicazione di ciascun bando di concorso controverso e la data delle prove scritte non consente necessariamente a un candidato di acquisire le conoscenze linguistiche sufficienti per dimostrare le proprie competenze professionali. Quanto alla possibilità di apprendere una di queste tre lingue nella prospettiva di futuri concorsi, essa presuppone che le lingue imposte dall’EPSO siano determinabili con grande anticipo di tempo. Orbene, la mancanza di norme quali quelle menzionate al punto 91 della presente sentenza non garantisce in alcun modo il perdurare della scelta delle lingue di concorso e non consente alcuna prevedibilità in materia.

96      Inoltre, le conoscenze linguistiche dei funzionari sono un elemento essenziale della loro carriera e le autorità che hanno il potere di nomina dispongono di vari mezzi per controllare tali conoscenze e l’impegno mostrato dai funzionari per metterle in pratica e acquisirne eventualmente di nuove. Ciò risulta in particolare dall’articolo 34, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari, relativo al periodo di prova, e dall’articolo 45, paragrafo 1, del medesimo Statuto, riguardante i criteri di promozione. L’importanza delle conoscenze linguistiche è stata del resto rafforzata dalla riforma del 1º maggio 2004, introdotta dal regolamento n. 723/2004, dal momento che, a norma dell’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto, il funzionario è ormai tenuto a dimostrare, anteriormente alla sua prima promozione dopo l’assunzione, la propria capacità di lavorare in una terza lingua tra quelle menzionate all’articolo 314 CE.

97      Dunque, in proposito, spetta alle istituzioni effettuare un bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica la limitazione del numero di lingue dei concorsi e le possibilità per i funzionari assunti di apprendere, in seno alle istituzioni, le lingue necessarie all’interesse del servizio.

98      Dalle considerazioni svolte ai punti 81‑97 della presente sentenza risulta che gli elementi presentati dalla Commissione al Tribunale non consentivano un controllo giurisdizionale inteso a verificare se l’interesse del servizio costituisse un obiettivo legittimo giustificante una deroga alla regola enunciata all’articolo 1 del regolamento n. 1. Il Tribunale è dunque incorso in un errore di diritto.

99      Non vi è luogo a pronunciarsi sugli altri motivi e addebiti invocati in rapporto con le seconde lingue imposte per i concorsi.

100    Dall’insieme di tali elementi e, più in particolare, dai punti 78 e 98 della presente sentenza risulta che la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sui ricorsi in primo grado

101    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia se lo stato degli atti lo consente.

102    Nella specie, per le motivazioni sopra illustrate, e considerando, più in particolare,

–       la violazione dell’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto dei funzionari, letto in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1, e

–       la violazione del principio di non discriminazione a motivo della lingua, enunciato all’articolo 1 quinquies dello Statuto dei funzionari,

occorre annullare i bandi di concorso controversi.

103    Come proposto dall’avvocato generale ai paragrafi 115 e 116 delle sue conclusioni, e al fine di preservare il legittimo affidamento dei candidati prescelti, non è opportuno rimettere in discussione i risultati dei suddetti concorsi.

 Sulle spese

104    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

105    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

106    La Repubblica italiana ha chiesto la condanna della Commissione al pagamento delle spese relative al procedimento di primo grado e al procedimento di impugnazione. Essendo rimasta soccombente nelle difese proposte, la Commissione deve essere condannata a sopportare le spese sostenute dalla Repubblica italiana nonché quelle da essa stessa sostenute in entrambi i gradi di giudizio.

107    L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. In conformità di tale norma, vi è luogo per decidere che la Repubblica ellenica e la Repubblica di Lituania sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 settembre 2010, Italia/Commissione (T‑166/07 e T‑285/07), è annullata.

2)      I bandi dei concorsi generali EPSO/AD/94/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media, EPSO/AST/37/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di assistenti (AST 3) nel settore della comunicazione e dell’informazione, ed EPSO/AD/95/07, per la costituzione di un elenco di riserva ai fini dell’assunzione di amministratori (AD 5) nel settore dell’informazione (biblioteca/documentazione), sono annullati.

3)      La Commissione europea è condannata a sopportare le spese sostenute dalla Repubblica italiana nonché quelle da essa stessa sostenute in entrambi i gradi di giudizio.

4)      La Repubblica ellenica e la Repubblica di Lituania sopportano ciascuna le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.

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