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La redazione dei Terms of Use di un sito internet è un’attività che implica la massima attenzione, dal momento che saranno il principale regolamento contrattuale tra il gestore del sito e l’utente.

 Nel diritto italiano, i Terms of Use, anche definiti come condizioni generali di contratto sono regolate dall’art. 1341 c.c.

Che cosa dice la disposizione sopra richiamata?

1) Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza

2) In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

Vi è, quindi, un regime differenziato per le clausole generali di cui al primo comma, potremmo definirle standard(che sono efficaci purché conosciute o conoscibili dal contraente) e le cd. clausole vessatorie o onerose, indicate nel secondo comma, per le quali è richiesta una specifica approvazione per iscritto.

Ma che cosa si intende per clausole vessatorie o onerose?

Tradizionalmente si definiscono clausole vessatorie o onerose quelle clausole che aggravano la posizione dell’aderente rispetto alla disciplina legale del contratto cui ineriscono. Esempi classici sono costituiti dalle clausole con le quali si prevedono limitazioni o esenzioni di responsabilità (ad es. le diffuse clausole di manleva per le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale) oppure le clausole con le quali si prevede in capo al gestore del sito la facoltà di sospendere unilateralmente l’erogazione del servizio.

Nel caso in cui la controparte sia un consumatore, inoltre, troveranno applicazione le disposizioni specifiche di cui al D.lgs 206/2005 (Codice del Consumo).

Come si soddisfa il requisito della specifica approvazione per iscritto?

La risposta non può prescindere dall’analisi dei più recenti orientamenti della giurisprudenza.

In linea di massima, si ritiene che sia sufficiente un richiamo a tutte le clausole onerose, purché accompagnato dalla numerazione e dal relativo oggetto (Cass. 10942/2006), e sempre che la sottoscrizione sia distinta e separata rispetto a quella dell’intero testo contrattuale (Cass. 12455/1997)

Non è ovviamente sufficiente una generica dichiarazione di aver preso conoscenza delle clausole contrattuali e di approvarle tutte (Cass. 2849/1998).

In conclusione, per soddisfare il requisito di cui all’art. 1341 c.c., 2° comma, il gestore dovrà prevedere almeno due approvazioni:

1) la prima, generica per l’intero contratto;

2) la seconda, specifica, per le clausole onerose, indicate per numero e oggetto.

Inoltre, il gestore dovrà prestare estrema attenzione alle clausole per cui si richiederà l’approvazione specifica. Si è ritenuto, infatti che il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata delle stesse, sia pure apposta sotto la loro elencazione secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341, 2° co., di quelle onerose, non potendosi ritenere che in tal caso sia garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra quelle richiamate (C. 9492/2012)

Qual è la sanzione per la mancata approvazione specifica delle clausole vessatorie/onerose?

Sulla base dell’orientamento giurisprudenziale prevalente, la mancanza della specifica approvazione per iscritto determina la nullità assoluta della clausola stessa, che è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass. 16394/2009)

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