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Legittima l’esclusione da un concorso pubblico per dirigenti, il cui bando preveda tra i requisiti di ammissione “l’assenza di procedimenti penali in corso”, di un candidato che risulti almeno indagato nell’ambito di un procedimento penale.

Lo ha deciso il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5377 del 12 novembre 2013.

La vicenda riguardava un ingegnere che aveva partecipato ad un concorso pubblico indetto dall’Autorità portuale di Brindisi, nei cui confronti era stata depositata una richiesta di rinvio a giudizio.

Detta “richiesta” è stata valutata sufficiente dalla Commissione esaminatrice ai fini dell’esclusione del candidato.

In primo grado, il T.A.R. della Puglia, adito dal candidato escluso, aveva accolto il ricorso di quest’ultimo avverso il provvedimento di esclusione, osservando che nel caso di specie non fosse intervenuto il vero e proprio decreto di rinvio a giudizio e, di conseguenza, rilevando l’illegittimità dell’esclusione.

Di diverso avviso il Consiglio di Stato che, con la sentenza commentata, ha fornito un’interpretazione diametralmente opposta al T.A.R. della Puglia.

Questi i punti salienti della motivazione:

  • L’espressione “assenza di procedimenti penali in corso” è ben distinta dall’ipotesi del “non aver riportato condanne penali”;
  • Nell’ambito dei procedimenti penali in corso non si distingue tra notitiae criminis fondate o infondate, vagliate o meno dall’autorità giudiziaria, inquirente o giudicante, ma al dato formale che un soggetto risulti nell’attualità almeno indagato nell’ambito di un procedimento penale.
  • L’interesse del candidato a partecipare alla procedura selettiva é del tutto recessivo di fronte all’interesse pubblico ad evitare che vi prendano parte soggetti indagati;
  • Nell’ipotesi in questione, infatti, non vi sarebbe alcuna necessità di tutelare una posizione lavorativa già consolidata.

Siamo certi che l’interpretazione offerta dal Consiglio di Stato, pur adeguatamente argomentata, darà adito a notevoli dibattiti e discussioni.

Alla luce, infatti, delle ben note vicende di cronaca politica, non può che stupire lo zelo mostrato dalla Pubblica Amministrazione nell’escludere da un concorso pubblico un candidato semplicemente  sulla base di una mera notitia criminis.

A voi i commenti!

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3243 del 2009, proposto da:

L’Autorità Portuale di Brindisi, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

D.C., non costituito;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 03353/2008, resa tra le parti, concernente la selezione per l’assunzione di dirigente ingegnere – Autorità Portuale di Brindisi

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e udito per le parti l’Avvocato dello Stato Grumetto;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 19.10.2007 l’Autorità Portuale di Brindisi pubblicava l’avviso relativo alla selezione per l’assunzione di un dirigente, con qualifica di ingegnere, presso la stessa Autorità.

2. L’ing. D.C., con apposita istanza del 16.11.2007, chiedeva di partecipare a tale selezione, dichiarando di non aver riportato alcuna condanna penale e che risultava, a proprio carico, un unico procedimento penale (n. 8448/2005) nonché di essere in possesso di tutti i requisiti specifici predetti.

3. L’Autorità Portuale chiedeva quindi, in relazione alle indicazioni espresse dal candidato, informazioni al G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi.

4. Il G.I.P., con nota del 14.1.2008, comunicava che l’ing. D.C. risultava imputato nel procedimento n. 8448/05 – n. 3137/06 RG GIP – per il quale era stata fissata l’udienza preliminare del 13.3.2007.

5. Con verbale del 5.3.2008 la Commissione di gara dichiarava di non ammettere l’ing. D.C. “poiché dall’accertamento effettuato presso il competente ufficio giudiziario e dalla documentazione agli atti dell’Autorità Portuale è risultato che il candidato è imputato per il reato di cui all’art. 110 e 479 c.p.” e, cioè, di “reato contro la fede pubblica”.

6. In data 1.4.2008, con comunicazione n. 3264, l’ing. C. veniva reso edotto dell’esclusione dalla selezione per i motivi dianzi riportati.

7. Avverso tale esclusione l’interessato ricorreva al T.A.R. Puglia, sezione staccata di Lecce, chiedendo l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di esclusione, deducendo un unico motivo di gravame, relativo alla lamentata violazione dell’art. 27 Cost., dell’art. 8 della L. n. 300 del 1970, dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990 e, più in generale, delle norme previste per la partecipazione al procedimento amministrativo; l’eccesso di potere per il travisamento dei fatti, la mancanza dei presupposti, il difetto, l’insufficienza e la contraddittorietà dell’istruttoria e della motivazione, l’erroneità di applicazione di quanto previsto dall’art. 4, punto 4, dell’avviso pubblico di selezione.

8. Con ordinanza n. 371 del 21.5.2008 il T.A.R. accoglieva la domanda cautelare del ricorrente, ammettendolo con riserva allo svolgimento delle prove concorsuali.

9. Il concorso per l’assunzione del direttore tecnico dell’Autorità Portuale si concludeva il 30.9.2008 e l’interessato, ammesso con riserva, si classificava al terzo posto.

10. L’ing. D.C. proponeva allora un nuovo ricorso anche contro l’esito della selezione, mentre i primi due classificati, l’ing. O.C. e l’ing. D.S., proponeva a loro volta ricorso incidentale, deducendo la mancanza, in capo all’ing. C., dell’attestato di frequenza del Corso di primo soccorso ed antincendio ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, quale requisito per l’ammissione alla selezione ai sensi dell’art. 4 del bando di concorso.

111. Il T.A.R. Puglia, con sentenza n. 3353 del 20.11.2008, ha accolto il ricorso proposto dall’ing. C., annullando gli atti impugnati, ritenendo che “nella fattispecie concreta è del tutto pacifico che al momento dell’emanazione dell’atto impugnato fosse stata depositata solo una richiesta di rinvio a giudizio e quindi non fosse ancora intervenuto il vero e proprio decreto di rinvio a giudizio”, idoneo ad escludere il candidato.

12. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’Autorità Portuale di Brindisi, deducendone l’erroneità per aver essa erroneamente interpretato il bando di gara e per aver omesso, altresì, di verificare il concreto interesse ad agire in capo all’originario ricorrente, e ne ha chiesto pertanto l’annullamento.

13. Non si è costituito nel presente grado di giudizio l’appellato.

14. Nella pubblica udienza del 25.10.2013 il Collegio, udita la difesa erariale, ha trattenuto la causa in decisione.

15. L’appello merita accoglimento.

16. In via preliminare, quanto all’eccezione sollevata dall’Autorità appellante in ordine alla sussistenza di un concreto interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) in capo all’originario ricorrente, rileva il Collegio che l’asserita mancanza di un requisito espressamente richiesto dall’art. 4 del bando di selezione – l’abilitazione al corso di primo soccorso e antincendio – è oggetto di un separato giudizio, con il quale l’ing. C. ha contestato gli esiti della procedura concorsuale e i controinteressati vincitori, a loro volta, hanno dedotto proprio tale profilo con ricorso incidentale, come ha rammentato anche la difesa erariale nel ricorso in appello, e di tale giudizio non è dato al Collegio conoscere le sorti.

16.1. Poiché il thema decidendum, vertente sulla presenza di tale requisito, appare comunque estraneo al presente giudizio, che concerne l’esclusione dell’ing. C. per la sussistenza, a suo carico, di procedimenti penali, ritiene il Collegio di poter prescindere da tale eccezione, che non appare decisiva, senza ravvisare la necessità di dover sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 79 c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., per conoscere o per attendere l’esito di quel distinto giudizio, nel quale viene in rilievo tale distinto profilo di ammissione alla procedura, qui eccepito in limine litis dalla difesa erariale.

17. Nel merito, come premesso, l’appello è fondato.

18. La sentenza impugnata male interpreta l’art. 4, punto 4, del bando nella parte in cui prevede, tra i requisiti di ammissione, “non avere procedimenti penali in corso”.

18.1.18.2. L’adozione del decreto di rinvio a giudizio quale parametro per valutare se un soggetto sia o meno interessato da un procedimento penale, per ammetterlo o non ammetterlo alla procedura di gara, costituirebbe – ad avviso del primo giudice – un punto di equilibrio ragionevole tra le esigenze dell’Amministrazione e l’aspirazione del concorrente a prender parte alla procedura concorsuale.

18.3. Ciò premesso, quindi, il T.A.R. ha rilevato, sul piano fattuale, che, al momento in cui fu emanato l’atto impugnato, fosse stata depositata solo una richiesta di rinvio a giudizio e, quindi, non fosse ancora intervenuto il vero e proprio decreto di rinvio a giudizio, che non è stato nemmeno esibito successivamente, in pendenza del giudizio avanti al T.A.R. stesso.

18.4. La sentenza impugnata ha quindi annullato, sulla scorta di tali considerazioni, l’atto di esclusione dell’ing. C. dalla procedura.

19. Il ragionamento del primo giudice è viziato in radice da error in iudicando, poiché l’espressione “procedimento”, impiegata dal bando, si riferisce a tutte le ipotesi nelle quali un soggetto assuma la qualità di indagato nella fase delle indagini preliminari.

19.1. L’Amministrazione non ha usato questa espressione in senso atecnico, come dimostra il rilievo che essa ha tenuto ben distinta l’ipotesi del “non aver riportato condanne penali”, ma facendo chiaro riferimento al concetto di “procedimento” proprio del diritto processuale penale, al quale anche il giudice di prime cure avrebbe dovuto attingere, senza introdurre impropri criteri discretivi, per valutare il significato di tale espressione.

19.2. Il bando si riferisce a procedimenti penali in corso e non distingue tra notitiae criminis fondate o infondate, vagliate o meno dall’autorità giudiziaria, inquirente o giudicante, ma al dato formale che un soggetto risulti nell’attualità almeno indagato nell’ambito di un procedimento penale.

19.3. Non vi è dubbio che l’interesse del candidato a partecipare alla procedura selettiva sia del tutto recessivo di fronte all’interesse pubblico ad evitare che vi prendano parte soggetti indagati, non essendovi in questa ipotesi alcuna necessità di tutelare una posizione lavorativa già consolidata, come invece accade nella diversa ipotesi, a questa non assimilabile, della sospensione cautelare dal servizio, sulla cui falsariga il giudice ha invece inteso istituire, in modo improprio, il parallelismo a fondamento dell’affermato bilanciamento degli interessi in gioco.

19.4. Tale bilanciamento, peraltro, non compete al giudice amministrazione, ma alla pubblica amministrazione nel ponderato esercizio della sua discrezionalità, di cui è appunto espressione la previsione del bando, peraltro non impugnata dallo stesso ricorrente in prime cure.

19.5. Il criterio discretivo adottato dal primo giudice, oltre che arbitrario, è del resto in sé errato, poiché discende da una piana applicazione delle regole processualpenalistiche che, allorquando il p.m. esercita l’azione penale nelle più diverse forme previste dal codice di rito e, nel caso di specie, con la richiesta di rinvio a giudizio, l’indagato diviene imputato e si passa dalla fase del procedimento penale a quella, ben più pregnante, del processo penale.

19.6. L’ing. C., in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio, non era quindi più solo indagato, ma imputato, sicché avrebbe dovuto, e a maggior ragione, essere escluso dalla procedura, dato che il primo e decisivo ruolo di “filtro”, se si vogliono usare le parole del primo giudice, compete anzitutto al p.m. nel decidere se esercitare o meno l’azione penale, valutando se sussistano di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio (art. 125 disp. att. c.p.p.).

20. Di qui la erroneità della impugnata decisione, che deve essere in toto riformata, in accoglimento del proposto appello, con conseguente rigetto del ricorso in prime cure proposto dall’ing. C., legittimamente escluso dalla procedura in quanto sprovvisto del requisito previsto dall’art. 4, punto 4, del bando.

21. Le spese del doppio grado di giudizio, attesa la peculiarità della questione interpretativa, devono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in prime cure da D.C..

Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

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