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Negli ultimi anni la responsabilità civile ha visto sempre più allargare i propri orizzonti applicativi verso materie che, storicamente, apparivano immuni ai principi di cui all'art. 2043 c.c..

Una di queste è sicuramente il diritto di famiglia, dove, sempre più spesso, la violazione degli obblighi incombenti sui coniugi comporta conseguenze anche dal punto di vista aquiliano.

Il caso. Una donna citava in giudizio il proprio marito, il quale intratteneva una relazione extraconiugale, al fine di richiedere la separazione con addebito e il risarcimento danni per il tradimento consumato.

La Corte d'Appello, tuttavia, dichiarava la separazione con addebito nei confronti del marito, ma non accoglieva le richieste formulate in ordine al risarcimento danni, ritenendo che la condotta dell’uomo non fosse antigiuridica e che la domanda di risarcimento “contrasterebbe con il diritto del coniuge alle proprie scelte personali” e con “il desiderio di libertà e felicità”.

Osservava in particolare la Corte che il comportamento dell'uomo “pur comportando disgregazione della famiglia, sarebbe san

zionato con l’addebito della separazione, ma non potrebbe configurarsi quale fonte di risarcimento del danno”.

La decisione. Di diverso avviso, invece, la Suprema Corte (Cass. n. 8862/12), la quale ha sancito la cumulatività della domanda di separazione con addebito con quella di risarcimento danni.

La giurisprudenza di legittimità, infatti, negli ultimi anni ha avuto modo di precisare come il risarcimento danni non patrimoniali sia dovuto non solo nel caso di fattispecie penalmente rilevanti, bensì anche nel caso in cui vengano lesi diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, quali, ad esempio, la salute, la privacy ecc..

Nel caso in questione, quindi, a parere degli Ermellini, “rileva proprio la qualità di coniuge e la violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, si configura come comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile”.

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