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Con la sentenza n. 4253/12 la Corte di Cassazione torna a occuparsi dei limiti relativi al risarcimento danni non patrimoniali da decesso, derivanti, nel caso di specie, da un sinistro stradale nel quale perdeva la vita un uomo di anni 71.

Sia i figli che i nipoti agivano in giudizio per chiedere il risarcimento del danno da perdita parentale, ma le Corti di merito ritenevano di prendere in considerazione esclusivamente la posizione dei figli, così che era proposto ricorso in Cassazione al fine di veder tutelati altresì gli interessi dei nipoti.

Come noto, il risarcimento di tale voce di danno si basa su una serie di coeficcienti (grado di parentela, età della vittima, età del congiunto, composizione del nucleo familiare) previsti all’interno delle cd. Tabelle.

E’ altrettanto noto come sia pacifico in giuriprudenza il riconoscimento del danno non patrimoniale ai congiunti quando riguardi i componenti stretti del nucleo familiare (genitori-figli), mentre nel caso in cui tra la vittima e il danneggiato vi sia un rapporto di parentela più allargato (zii, cugini, nonni) le opinioni e gli orientamenti divergono.

In particolare vi è un orientamento, facente capo a Cass. n. 6938/93 e Cass. n. 10823/07, secondo cui nel rapporto nonno-nipote non è sufficiente il legame di parentela tra le parti, essendo invece necessaria la convivenza, quale presupposto “che riveli la perdita, di un valido e concreto sostegno morale”.

D’altra parte vi è un diverso orientamento (cfr. Cass. n. 15019/05), secondo cui il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del congiunto spetta a tutti i superstiti, costituendo la perdita dell’unità familiare perdita di affetti e di solidarietà inerenti alla famiglia come società naturale. E’ stato quindi escluso che l’assenza di coabitazione possa essere considerata elemento decisivo ai fini della risarcibilità, essendo tale assenza imputabile a circostanze di vita che non escludono il permanere di vincoli affettivi e la vicinanza psicologica con il congiunto deceduto.

La questione sottoposta all’esame dei Giudici di Piazza Cavour è quindi se, nell’ambito del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale per la morte di un congiunto, il rapporto (reciproco) nonni-nipoti debba essere, o meno, ancorato alla convivenza per essere giuridicamente qualificato e rilevante, dovendosi escludere, nel caso lo si ritenga ancorato alla convivenza e questa non vi sia, la possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti, costanti e caratterizzati da affetto reciproco e solidarietà, con il familiare defunto.

La Suprema Corte ha aderito all’indirizzo più risalente, basato sulla tutela delle sole posizioni “qualificate”, ritenendo che tale soluzione sia giuridicamente corretta sulla base di tre elementi:

  • la configurazione della famiglia, emergente dalla Costituzione come famiglia nucleare;

  • la posizione dei nonni nell’ordinamento giuridico;

  • il bilanciamento, che il dato esterno e oggettivo della convivenza consente, tra l’esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari e la necessità, costituzionalmente imposta dall’art. 2 Cost., di dare rilievo all’esplicarsi dei diritti della personalità nelle formazioni sociali e, quindi, nella famiglia dei conviventi, come proiezione sociale e dinamica della personalità dell’individuo.


    Conclude la Corte “la presenza di un dato esteriore certo, a fondamento costituzionale, che elimina le incertezze in termini di prevedibilità della prova caso per caso – della quale non può escludersi la compiacenza – di un rapporto affettivo intimo intenso, si sostituisce, così, al dato legalmente rilevante della parentela stretta all’interno della famiglia nucleare e, parificato a quest’ultimo, consente di usufruire dello stesso regime probatorio, per presunzione della particolare intensità degli affetti, che la giurisprudenza di legittimità ammette per i parenti stretti (da ultimo, Cass. 13 maggio 2011, n. 10527)”.

    In sostanza, i Giudici di legittimità ritengono che il tessuto normativo del nostro ordinamento (in particolare gli artt. 29, 30 e 31 Cost.) tuteli esclusivamente la famiglia (anche di fatto) nucleare, basata su coniuge, genitori e figli, tra cui vi è una relazione diretta, mentre nel caso del rapporto nonno-nipote vi è solo un legame mediato e di supplenza.

    Ad una prima lettura della sentenza in commento si può osservare come vi siano alcuni possibili punti critici nel ragionamento della Suprema Corte. Se infatti è vero che il legame esistente tra i membri della famiglia nucleare è implicito e merita, salvo casi del tutto eccezionali, di essere tutelato, è altrettanto vero che ridurre la risarcibilità del danno da perdita parentale dei nonni, nipoti, zii al presupposto della convivenza può apparire non sempre congruo.

    Sostenere cioè che un nonno, che magari abita vicino al nipote e che lo va a prendere a scuola, non abbia diritto ad essere risarcito perchè non convive con lo stesso, non sembra soluzione giuridicamente e socialmente sufficiente.

    Ad ogni modo le considerazioni sopra svolte fanno pensare che il dibattito sul punto non sia ancora sopito, nella speranza che le Sezioni Unite vengano, prima o poi, investite della questione al fine di una riflessione complessiva sul tema.


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