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È illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato al lavoratore che abbia rifiutato la trasformazione in tempo parziale del proprio rapporto di lavoro, qualora il datore di lavoro non dimostri la sussistenza di esigenze produttive contrarie alla permanenza a tempo pieno del rapporto”.

Quesito.

Siamo un’azienda che produce calzature da più di 50 anni. Abbiamo necessità di trasformare un contratto di lavoro da full-time a part-time, ma il dipendente si rifiuta.

Cosa possiamo fare? Possiamo licenziare il lavoratore?

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Risposta.

Spett. Società,

la semplice indisponibilità del lavoratore a ridurre il proprio orario non può giustificare un licenziamento.

Infatti, l’art. art. 55, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, sancisce che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in parziale, o viceversa, “non costituisce giustificato motivo di licenziamento”.

Tale normativa nazionale, interpretata alla luce di quella comunitaria, impone di ritenere che il datore di lavoro che licenzi il lavoratore che rifiuta la riduzione di orario ha l’onere di dimostrare che sussistono effettive esigenze economico-organizzative in base alle quali la prestazione non può essere mantenuta a tempo pieno, ma solo con l’orario ridotto, nonchè il nesso causale tra queste e il licenziamento.

Più in particolare, la Direttiva 97/81/CE del 15 dicembre 1997 recepisce l’Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, che alla Clausola 5.2. prevede: “Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento, senza pregiudizio per la possibilità di procedere, conformemente alle leggi, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali, a licenziamenti per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento considerato“.

Ne deriva che in mancanza di tali presupposti, il dipendente può legittimamente rifiutare di passare al tempo pieno e, per ciò solo, non può mai essere licenziato.

Nel V\s caso si deve valutare se la situazione aziendale, valutate le esigenze economico-organizzative, sia  tale da non tollerare il mantenimento della prestazione del dipendente a tempo pieno. (es. peggioramento della situazione finanziaria aziendale).

In caso affermativo potrete irrogare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, insindacabile stante la previsione dell’art. 41 della Costituzione.

In caso negativo il licenziamento sarà nullo perché caratterizzato da motivo illecito con carattere ritorsivo, in quanto conseguente al rifiuto del lavoratore acconsentire alla riduzione dell’orario di lavoro.

Sul punto si precisa che la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lav, in un caso analogo, ha così statuito: “È illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato al lavoratore che abbia rifiutato la trasformazione in tempo parziale del proprio rapporto di lavoro, qualora il datore di lavoro non dimostri la sussistenza di esigenze produttive contrarie alla permanenza a tempo pieno del rapporto”.

In conclusione, occorre che Vi concentriate sulle V\s concrete esigenze aziendali giustificative del licenziamento, piuttosto che sul mero rifiuto del lavoratore a ridursi l’orario di lavoro.

In attesa di ritornare in argomento, Cordiali Saluti.


Avvocato Matteo Moscioni, con studio in Viterbo, si occupa prevalentemente di Diritto del Lavoro, Sindacale e Relazioni Industriali.

www.avvocatomatteomoscioni.com


Immagine CC di Grieslightnin

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