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In questo post, parliamo di operazioni sul capitale, con particolare riferimento all’emissione di obbligazioni convertibili in azioni.

La norma

Le obbligazioni convertibili in azioni sono specificamente disciplinate dall’art. 2420 bis c.c.. Da notare, per inciso, come a seguito di recente riforma, la loro emissione sfugga al limite ex art. 2412 c.c..

La conversione anticipata

Nella pendenza del termine o dei termini fissati per la conversione, ove la società intenda deliberare la riduzione volontaria (i.e.: reale, ex art. 2445 c.c., in base alla ratio, come interpretata dalla dottrina notarile, in specie Comitato notarile del Triveneto) o la modificazione delle disposizioni sulla ripartizione degli utili (nella quale si fa rientrare anche lo scioglimento e messa in liquidazione volontaria), l’art. 2420 bis co. 4 c.c. riconosce agli obbligazionisti convertibili il diritto di conversione anticipata. Questo diritto, nel caso di riduzione reale, si aggiunge a quello di opposizione ex art. 2445 c.c., in quanto i titolari di obbligazioni convertibili sono innanzitutto creditori sociali.

Quanto alle modalità, la società deve depositare apposito avviso presso il competente ufficio del registro delle imprese, almeno novanta giorni prima della convocazione dell’assemblea.

La facoltà di conversione può essere esercitata nei trenta giorni dalla detta pubblicazione.

La ratio è evidente: consentire agli obbligazionisti di diventare soci, potendo così partecipare degli esiti della riduzione reale o delle nuove norme sulla distribuzione degli utili.

Gli “equivalenti diritti”

Si discute se in tali situazioni spettino altresì gli equivalenti diritti, espressamente previsti in caso di fusione, ex art. 2503 bis c.c.. Premesso che gli equivalenti diritti consistono nella conservazione del diritto di conversione, secondo i tempi e modi originariamente previsti, secondo la dottrina prevalente, poiché l’art. 2420 bis non menziona espressamente questa ulteriore tutela, sembra che essa non spetti e che, pertanto, una volta non esercitata la conversione anticipata, non si possa più convertire, sicché le obbligazioni residue diventerebbero semplici. Tuttavia l’opinione non è unanime e si riscontra anche la conclusione opposta.

Le operazioni nominali

Il comma 5 disciplina i casi di aumento gratuito e riduzione per perdite. Si tratta di operazioni speculari, nominali, che comportano nel primo caso lo spostamento di riserve a capitale e nel secondo caso l’allineamento di quest’ultimo al patrimonio, eroso dalle perdite. Peraltro, la dottrina notarile ritiene che la norma disciplini anche la riduzione per perdite non rilevanti ex art. 2446 o 2447 c.c., quindi facoltativa, volontaria, nonostante il tenore letterale del commentato comma 4.

In tali situazioni, il rapporto di cambio (nonché, normalmente, il capitale a servizio, di conseguenza) è modificato in proporzione all’aumento o alla riduzione del capitale. Si ritiene che la modifica sia automatica, ma è prassi che il presidente dell’assemblea dia atto di essa e della sua entità, così da  non ingenerare incertezze.

Il diritto di opzione

Nel caso di riduzione per perdite ex art. 2447 c.c. a zero o sotto lo zero e successivo aumento del capitale, la dottrina notarile (Triveneto) ritiene che venga meno il diritto di conversione, ma che spetti il diritto di opzione sul successivo aumento ex art. 2441 c.c.. Proprio questa norma, infatti, appresta la tutela nel caso di aumento oneroso.

Analogamente avviene nella peculiare situazione ex art. 2437 quater, per il quale, non solo ai soci, ma anche ai titolari di obbligazioni convertibili spetta il diritto di opzione sulla base del rapporto di cambio.

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